La maggior parte erano neri. Corpi nudi, castrati, legati mani e piedi, impiccati sugli alberi, sui pali della luce del centro cittadino, all’interno delle stazioni ferroviarie, sotto i ponti. Si presentano così, davanti ai nostri occhi, in novantotto fotografie, alcuni linciaggi portati a termine negli Stati Uniti.
Sono immagini raccolte in un libro coraggioso e scomodo da James Allen, il quale, dopo una lunga e meticolosa ricerca, ha recuperato negli album di famiglia e nelle case dei membri del Ku Kux Klan queste agghiaccianti testimonianze.
Fra il 1880 e il 1960 furono uccise più di 4.500 persone. Tra queste il numero dei neri raggiungeva il 90%. Individui martoriati e bruciati, vittime massacrate per aver violato il codice sociale: quello dei bianchi al potere, i quali erano decisi, in “nome” della giustizia e della cristianità, a mantenere la purezza della razza anglo-sassone. Gli assassini non avevano nessuna prova contro quelli che venivano definiti criminali. Il motivo di tanto odio era solo l’assurdo terrore collettivo provocato dall’immagine del nero, considerato buono e docile quando accettava la propria schiavitù e selvaggio, depravato e con istinti omicidi, quando rivendicava la propria libertà. In realtà si temeva che gli afroamericani raggiungessero l’indipendenza e si emancipassero attraverso l’educazione e la cultura. Molti dei linciati erano proprietari terrieri con un guadagno decoroso, leader nell’ambito delle proprie comunità. Le loro ambizioni, simili a quelli dei bianchi, davano fastidio e il loro piccolo successo incuteva paura.
Migliaia di uomini, donne e bambini, ben vestiti, sereni e sorridenti, si radunavano per seguire il rituale del linciaggio. Molti arrivavano da lontano, addirittura con treni speciali. A volte, questo abominevole martirio poteva durare anche sette ore. Tutto questo per aumentare la spettacolarità dell’evento ed aumentare il piacere voyeuristico.
I fotografi dell’epoca, fiutando il possibile business, piantavano la loro tenda nel luogo dell’esecuzione, con annessa camera oscura. Così, un numero interminabile di scatti effettuati da professionisti hanno immortalato non solo la barbarie ma anche l’inquietante atmosfera gioiosa degli spettatori, i quali si facevano fotografare per portare a casa un macabro souvenir che comprendeva, oltre la foto, anche dita, orecchie, ossa, lembi di pelle e pezzi di cuore strappati a poveri corpi senza vita. Fioriva così il commercio delle cartoline (si creò una specie di mailing list) spedite in genere ad amici e familiari con saluti dal “barbecue”, dove “un uomo nero è stato arrostito vivo”.
La stampa di allora si limitava a definire i linciaggi come “giusti” e “ingiusti”, secondo la gravità del reato, oppure “buoni” e “cattivi” secondo la loro durata. Occasionalmente, appariva qualche articolo di dissenso che finiva nel nulla. Oggi, a sentire James Allen, più volte minacciato per il suo meritorio lavoro di divulgazione dell’orrore dei linciaggi, molti cittadini ritengono ancora necessaria questa prassi. Alcuni musei americani, temendo reazioni negative, hanno rifiutato di ospitare nei loro locali la mostra organizzata da Allen, che è stata comunque accolta per la prima volta nella Galleria Roth Horowitz a New York. Durante questa esposizione sono state vendute tutte le 4000 copie del libro, ora alla sua seconda edizione.
©CultFrame 08/2000
CREDITI
Without Sanctuary – Lynching Photography in America / Autore: James Allen, H. Als, J. Lewis, L.F. Litwack / Editore: Twin Palms Publishers, 2000 / 209 pagine
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INDICE DEL LIBRO
Forword by Congressman John Lewis
Hellhounds by Leon F. Litwak
GWTW by Hilton Als
Notes on the Plates by James Allen
Afterword by James Allen