L’archivio fotografico di Ghirri, ora custodito presso la Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, ed il paziente lavoro di catalogazione dei 144.152 pezzi (fra negativi e diapositive a colori) che lo costituiscono, sono all’origine della mostra Luigi Ghirri, Antologica 1972-1992. Essa si propone, a quasi dieci anni dalla scomparsa dell’autore, di presentare la sua sistematica ricerca artistica sul linguaggio della fotografia, attraverso 600 immagini, di cui molte inedite.
Appassionato di fotografia sin dall’infanzia, nel ’70 Ghirri conosce e frequenta un gruppo di artisti, legati alle istanze dell’Arte Concettuale, che lo incoraggiano e lo stimolano ad intraprendere seriamente il suo discorso fotografico, un discorso nuovo e del tutto originale rispetto alle tendenze “sentimental-sociali” ed estetizzanti della fotografia italiana di quel periodo.
A lui poco importa produrre un doppio inutile della realtà, lo interessa piuttosto la lucida indagine sulla grammatica e sulla sintassi della fotografia, sviluppata in quegli stessi anni dalle “Verifiche” di Ugo Mulas. Tale acuta analisi metteva in luce tutta l’ambiguità del rapporto fra realtà e riproduzione di essa. E Ghirri amava ripetere allora che “il mondo non era più conosciuto attraverso l’esperienza visiva diretta, ma mediante la sua riproduzione fotografica” poiché sulla percezione pesavano troppi stereotipi e luoghi comuni.
Il suo percorso artistico procede negli anni Settanta attraverso una riappropriazione concettuale della realtà, fatta di immagini dalle neutrali geometrie, pensate come mezzo per “celare la personalità del fotografo”, e sfocia dall’Ottanta in poi in un tentativo di recupero della facoltà immaginativa, attuato attraverso una lettura “sentimentale” del paesaggio, inteso come luogo segnato dalle tracce dell’uomo, e una visione spontanea (non mediata), capace di gioire delle piccole cose, che hanno rinnovato tale genere.
Le immagini “sono enigmi che si risolvono col cuore” scrive Luigi Ghirri, riportando una frase di Giordano Bruno, e aggiunge “forse è questo sentimento che mi guida quando guardo un paesaggio…è difficile dire perché…un colore, uno spazio, una casa diventino improvvisamente familiari, nostri… Mettendoli in fila, uno dopo l’altro questi luoghi formano una specie di sequenza strana… formano il nostro paesaggio della mente”.
La mostra cerca appunto di ricostruire, con grande impegno filologico, insieme alle sequenze fotografiche, spesso assemblate e riassemblate da Ghirri come le carte del Castello dei destini incrociati di Calvino in una sorta di continua ricombinazione narrativa, le “mappe” di paesaggi immaginari che egli ci ha mostrato.
© CultFrame 02/2001
INFORMAZIONI
Dal 4 febbraio al 25 marzo 2001
Chiostri San Domenica e Palazzo Magnani / Corso Garibaldi 29, Reggio Emilia
Orario: tutti i giorni 10.00 – 19.00 / chiuso lunedì