Le immagini di Andreas Gursky in mostra a New York

SCRITTO DA
Orith Youdovich

andreas_gursky-times_squareDimensioni gigantesche, ricchezza di dettagli, colori saturi, piani schiacciati, luce diffusa ed elaborazione digitale sono alcuni degli elementi che compongono i lavori di Andreas Gursky, considerati tra i più originali degli ultimi decenni.

Un intero universo è racchiuso in una sua inquadratura. Il fotografo tedesco dal 1990 ha focalizzato la sua attenzione sul mondo contemporaneo, consumistico e tecnologico, costituito da enormi edifici industriali, aeroporti, banche, alberghi, magazzini, serate rave ed eventi sportivi. La presenza dell’individuo all’interno di tali strutture è silenziosa e il suo anonimato è ulteriormente accentuato dal contesto impersonale che lo circonda. L’essere umano, dai contorni precisi, è perfettamente leggibile ma non identificabile. Così, finisce per perdere la sua forza nell’immensa macchina commerciale, industriale e tecnologica, mentre la sua esistenza, inserita in una nuova gerarchia ambientale, appare fortemente banalizzata.

Nato a Lipsia nel 1955 e cresciuto a Düsseldorf, Gursky è stato introdotto alla fotografia dai genitori, proprietari di uno studio. Allievo all’Accademia d’arte di Essen, successivamente si iscrive alla scuola d’arte di Bernd e Hilla Becher a Düsseldorf.

Questi due fotografi, da quasi 40 anni, si concentrano sull’architettura industriale in Europa occidentale e Nord America e il loro lavoro è un vero e proprio inventario di edifici industriali di varia natura: abitazioni, serbatoi di acqua, raffinerie, gasometri, cisterne, silos e fornaci. Artisti come Thomas Ruff e Thomas Struth si sono formati nella scuola dei Becher, i cui insegnamenti sono stati accolti dai movimenti dell’arte concettuale e minimalista.

Andreas Gursky, pur assimilando le visioni dei suoi maestri, acquista però una sua autonomia interpretativa, utilizzata per analizzare le strutture che più condizionano l’esistenza quotidiana dell’uomo. In seguito lascia Düsseldorf per cogliere gli spazi infiniti delle metropoli tra cui il Grand Hyatt Park di Hong Kong, la galleria Matthew Marks di New York, la Borsa di Tokyo, la vetrina di Prada a Parigi, e il Bundestag a Bonn, ricorrendo, senza intaccare le caratteristiche della stampa fotografica, alle manipolazioni digitali.

 

Al Museum of Modern Art di New York è allestita la mostra più ampia mai organizzata negli Stati Uniti sulla sua opera. Curata da Peter Galassi, l’esposizione presenta quarantacinque immagini realizzate dal 1984, le cui enormi superfici (5m x 2m) restituiscono allo spettatore la dimensione degli spazi e lo costringono ad una partecipazione attiva nella percezione della realtà.

©CultFrame 04/2001

 

 

IMMAGINE

Times Square, 1997 (1.85 x 2.50m). The Museum of Modern Art/The Family of Man Fund. ©Andreas Gursky/ARS/N.Y.

INFORMAZIONI

Andreas Gursky

Dal 4 marzo al 15 maggio 2001

The Museum of Modern Art

11 West 53 Street, New York

Orario tutti I giorni 10.30-17.45 / venerdì 10.30-20.15 (chiuso mercoledì)

 

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Orith Youdovich

Orith Youdovich, fotografa, ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia concettuale e da allora dirige il proprio sguardo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge attività di ricerca artistica sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in mostre personali e collettive e ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. E' co-autrice del volume "Il vento e il melograno - Fotografia Israeliana Contemporanea", del saggio "Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni" (Postcart, 2012). Curatrice e giornalista, ha curato mostre di fotografia e dal 2009 al 2018 è stata Direttore responsabile della testata giornalistica Punto di Svista – Arti Visive in Italia.

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