Capelli castani morbidi che poggiano sulle spalle, sorriso delicato appena accennato, occhi pieni di luce, volto aperto e sereno. Questo ritratto di giovane donna apre il raro volume The photographs of Margaret Bourke-Whitepubblicato alcune decine di anni fa da Bonanza Books NewYork.
E proprio della grande fotografa americana è il viso che abbiamo appena descritto: una ragazza coraggiosa ed intelligente che in periodo un po’ difficile per il lavoro femminile (anni venti-trenta) intraprese un’attività assolutamente maschile: quella del fotografo.
Margaret Bourke-White rappresenta a nostro avviso un vero e proprio caso nella storia dell’arte dello scatto. Inventò, insieme a un drappello di autori maschi, il fotoreportage di guerra; fece della fotografia un’autentica professione; collaborò a notissime riviste come Fortune e Life (per quest’ultima fece addirittura la prima copertina).
Per tali motivi è più che giustificata l’ampia retrospettiva che gli è stata dedicata ultimamente e che ha trovato ospitalità presso Palazzo Vecchio a Firenze. L’esposizione cerca di ripercorrere l’intera carriera dell’artista statunitense, dagli anni venti ai servizi sulla seconda guerra mondiale, dal tema dell’industria alla produzione ritrattistica, fino all’attualità.
Lo sguardo di Margaret Bourke-White appare concentrato sulla realtà e sul mondo. L’essere umano è il fulcro della sua ricerca visiva. Così, anche quando le sue immagini finiscono per prendere una deriva più estetizzata ci si può accorgere come il soggetto ripreso abbia sempre a che fare con le attività umane. Le fotografie scattate in fabbrica sono in tal senso esemplari. I ritratti ambientati, infatti, trionfano in questa descrizione dell’universo del lavoro, ma un notevole spazio è riservato anche alla raffigurazione grafica e geometrica degli oggetti e degli strumenti della fabbrica stessa. Le lamine per la rifilatura, cavi arrotolati, le cartiere di Oxford, Bourke-White coglie anche in situazioni impensabili la poesia della luce e delle forme, cercando di delineare una struttura compositiva razionale e coinvolgente.
Nelle sue fotografie lo stile è tutto; uno stile però mai monocorde ed uniforme. Se una messa a fuoco precisa e tagliente ed una rappresentazione plastica delle cose emergono come elementi fondamentali di certe sue opere “astratte”, un fortissimo ed emozionante senso di umanità viene fuori da alcune leggere “sfocature” e da un’evidente “anarchia” compositiva, fattori, questi, che caratterizzano invece il reportage sociale. L’immagine dei lavoratori di una piantagione di caffè, quella dei minatori dell’oro e quella, straordinaria, delle mani che cercano, reggendo delle brocche, di approvvigionarsi d’acqua esprimono un mondo di dolore, sofferenza e povertà che apparentemente stride con certi studi più estetizzanti. Ma proprio in questa perfetta ed equilibrata contraddizione è riscontrabile la grandezza di un’artista che ha sempre portato avanti la propria azione all’insegna della libertà creativa.
Certo, le sue testimonianze visive più sconvolgenti sono senza dubbio quelle legate al reportage di guerra: i campi di concentramento, i corpi devastati dei prigionieri, il suicidio agghiacciante di alcuni funzionari nazisti, la tragedia assoluta e indicibile della Shoah.
E ne è venuto fuori un catalogo di icóne della follia umana che ancora oggi ha molto da insegnare a chi, in maniera stolta e tragicamente erronea, cerca semplicisticamente di “storicizzare” simili atrocità.
©CultFrame 12/2001
IMMAGINI
1 Margaret Bourke-White. Arkansas, 1936. TIMEPIX/©Contrasto
2 Margaret Bourke-White sul Chrysler Building. TIMEPIX/©Contrasto
INFORMAZIONI
Dal 7 dicembre 2001 al 17 febbraio 2002
Sala d’Arme / Palazzo Vecchio, Firenze / Telefono: 0552768454
Orario: 10.00 – 20.00 / giovedì 10.00 – 22.00 / chiuso lunedì
Biglietto: intero 12.000 lire (6.20 euro) / ridotto 8.000 lire (4 euro)
Catalogo: Contrasto
LINK
CULTFRAME. Sguardi sul ‘900. Cinquant’anni di fotogiornalismo. Un libro di John G. Morris
Immagini realizzate da Margaret Bourke-White