L’immagine e il desiderio. A Snake of June. L’ultimo lungometraggio di Shinya Tsukamoto

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Ossessioni mutanti, mostruosità genetiche, incubi ad occhi aperti, tensione fortissima, ritmo sfrenato, sessualità estrema e paradossale. Il cinema di Shinya Tsukamoto indaga la sfera intima della mente umana, dilata le sensazioni dell’animo in modo espressionistico, le accelera e le deforma operando una costruzione visivo-narrativa labirintica e nevrotica.

Il suo stile, eccessivo e modernissimo, in realtà deriva da una visione tutta giapponese del sesso e della vita, mentre il suo mondo poetico affonda le radici nella cinematografia nipponica soft-porno, genere decisamente variegato e complesso e, per certi versi, sorprendente.

All’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stato presentato, nella sezione Controcorrente, il suo settimo lungometraggio: A Snake of June. Dopo le esperienze deliranti di un cultmovie come Tetsuo, The Iron Man (1986), Tsukamoto si è misurato in questo caso con un cinema più narrativo, anche se contraddistinto da visioni e derive creative degne della sua fama di artista innovativo e trasgressivo.


Rinko (Asuka Kurosawa) è una giovane e bella donna che vive una dimensione umana ed erotica insoddisfacente. Il marito, un dirigente d’azienda ossessionato dal lavoro e della pulizia, non la sfiora neanche con un dito. Così, le pulsioni della ragazza finiscono per sfogarsi in un’attività onanistica, dimensione solitaria del piacere non priva di un profondo senso di solitudine.

Un maniaco inizierà improvvisamente a perseguitare la giovane mandandole delle immagini che la riprendono mentre si masturba e la costringerà a compiere delle azioni assurde. Questa situazione ricattatoria, dopo un iniziale periodo di paura e angoscia, porterà Rinko ad una sorta di liberazione della propria sensualità, fattore che farà tornare il rapporto con il marito assolutamente vivo.

 

shinya_tsukamoto-snake_of_june1In questo caso, Shinya Tsukamoto ha utilizzato la fotografia come elemento rivelatore di un modo di vibrazioni tutte interiori. La protagonista costretta a leggersi dentro grazie alle immagini che la ritraggono riesce a trasformare le persecuzioni di un folle in uno strumento di autocoscienza che la porterà lontano da oppressioni ormai pesantissime. L’immagine fotografica, dunque, come specchio dell’io profondo, come veicolo utilizzato per sganciare i desideri dalla sfera delle fantasie individuali, come chiave di un’evoluzione psicologica assolutamente salutare.

Il regista giapponese, dunque, ha usato la fotografia non come mezzo di indagine del reale, del sociale e del mondo esterno ma come “meccanismo” adatto per l’elaborazione di una possibile analisi della psiche umana, quest’ultima in genere caratterizzata dalle frustrazioni e dai condizionamenti delle sovrastrutture sociali e borghesi.

Così, i suoi personaggi riusciranno ad emergere dal buio nel quale annaspano proprio grazie al “consumo terapeutico” delle immagini e al loro sconvolgente e positivo potere catartico.


©CultFrame 11/2002

 

 

CREDITI

A Snake of June (Rokugatsu No Hebi) / Regia: Shinya Tsukamoto / Sceneggiatura: Shinya Tsukamoto / Fotografia: Shinya Tsukamoto / Montaggio: Shinya Tsukamoto / Scenografia: Shinya Tsukamoto / Interpreti: Asuka Kurosawa, Yurji Koutari, Shinya Tsukamoto / Produzione: Kaijyu Theather co. / Formato:35 mm., b/n / Paese: Giappone, 2002 / Durata: 77 minuti

 

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Filmografia di Shinya Tsukamoto

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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