Teorico delle arti figurative e fotografo, critico e operatore culturale, giornalista e gallerista. Ed ancora: instancabile fruitore di oggetti artistici e creativo raffinato, scopritore di talenti e organizzatore di eventi. Senza dubbio Alfred Stieglitz può essere considerato uno degli artefici della trasformazione della fotografia da semplice dispositivo scientifico a forma d’arte e d’espressione. Le sue intuizioni sono state profondamente moderne, acute e, per certi versi, rivoluzionarie.
La sua rivista Camera Work fu il fulcro di un irrefrenabile fermento concettuale, crocevia di intellettuali che nei primi anni del XX secolo riuscirono a veicolare nuove significative idee.
Per questi motivi, la mostra ospitata presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma risulta di grande importanza. Svelare anche ai più giovani appassionati del settore la storia di Stieglitz, dei suoi amici fotografi e della rivista che diresse può senz’altro servire a stimolare mentalmente e a fornire strumenti di interpretazione della fotografia contemporanea.
L’allestimento, semplice ed accurato, è stato concepito nel tentativo di ricostruire il gusto e il tocco di Stieglitz. Le centoventidue opere originali, custodite dalla Royal Photographic Society, sono state presentate su uno sfondo verde oliva, colore simbolo, insieme a quello più chiaro della canapa naturale, utilizzato dallo stesso fotografo americano nelle mostre da lui organizzate.
Il percorso dell’esposizione accompagna dunque il visitatore lungo un tragitto che rievoca l’attività dei fotografi che ruotavano intorno a Camera Work. Tra immagini di stampo pittorialista, ritratti, fotoincisioni a tiratura limitata si torna a vivere un periodo evolutivo di straordinaria rilevanza.
Edward Steichen, Frank Eugene, Annie W. Brigman, Alvin Langdon Coburn, Paul Strand e lo stesso Stieglitz (solo per fare alcuni nomi) cercavano sentieri inesplorati in grado di dare un’identità autonoma e precisa alla fotografia. E se in lavori come Il piccolo specchio rotondo (1902, Steichen) e Il ruscello (1905, Brigman) si avverte ancora una sorta di dipendenza estetica dalla pittura, in uno scatto che per comodità d’identificazione chiameremo “Blind” (1917, Strand) è possibile riscontrare chiaramente un forte cambio di rotta verso una fotografia diretta, poeticamente realistica ma anche sostanzialmente socio-politica.
Da segnalare infine due opere, rispettivamente di Frank Eugene e Alfred Stieglitz: Minuetto (1910) e Il ponte della terza classe (1911). Nella prima, incentrata su una figura muliebre ripresa di spalle, si nota l’esaltazione del dettaglio e della riproduzione in chiave quasi metafisica dell’essenza della femminilità, mentre nella seconda si percepisce l’intento dell’autore di portare il fruitore a partecipare intensamente alle vicende umane di un gruppo di non borghesi catturati dall’obiettivo. Due modi diversi di fare e intendere la fotografia, questi, due soluzioni espressive sostenute da realtà contenutistiche differenti che hanno trovato ospitalità in quell’importante crogiolo culturale che fu Camera Work.
© CultFrame 02/2002
IMMAGINI
1 Gertrude Käsebier. Il libro illustrato, 1905. Fotoincisione. ©RPS
2 Alfred Stieglitz. Piogge primaverili. New York, 1911. Fotoincisione. ©RPS
INFORMAZIONI
Dal 25 gennaio all’8 aprile 2002
Palazzo delle Esposizioni / Via Nazionale 194, Roma / Telefono: 0648941230
Orario: 10.00 – 21.00 / chiuso martedì
Biglietto: 7,75 euro
Catalogo: PdE Edizioni / 25 Euro
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