Architectures de l’image. Mostra di Lucien Hervé

SCRITTO DA
Orith Youdovich

lucien_herve-marseilleIl cantiere dell’Unité d’habitation a Marsiglia è raggiunto dai raggi del sole mediterraneo. Lucien Hervé, con la sua Rolleiflex 6×6, affascinato dalle strutture di cemento di Le Corbusier e preso dalla foga, produce, in un solo giorno, 650 memorabili clichés. Muri e tetti stagliati contro luce, colonne, scale, ringhiere, angoli acuti, curvature, linee scoscese, ombre che si posano sulla materia. La superficie che si rivela con la sua trama.

“Lei ha l’anima di un architetto” gli scriverà Le Corbusier non appena in possesso di quegli scatti effettuati per suggerimento del Reverendo Padre Couturier, un uomo sensibile alle forme artistiche. Inizierà così un sodalizio destinato a durare quindici anni, fino alla morte dell’architetto, avvenuta nel 1965.
Al Patrimoine photographique di Parigi, 180 stampe compongono la più ampia retrospettiva mai presentata al pubblico. La mostra permette di immergersi nell’universo formale e modernista di Hervé, il quale ha fatto della fotografia d’architettura un’espressione artistica.


“L’architettura è il gioco dei volumi assemblati sotto la luce” e “Il dettaglio e l’insieme sono una cosa sola”. Queste sono dichiarazioni di Le Corbusier, affini alla poetica di Hervé. Attraverso inquadrature strette e linee oblique (tipiche della fotografia di Rodchenko e di Moholy Nagy), angoli di ripresa inusuali e la deformazione dei piani (Le Corbusier lo chiamerà Dottor Caligari, alludendo al capolavoro espressionistico del regista tedesco Wiene), l’artista ungherese esalta la bellezza delle strutture.
L’immagine, sezionata da linee incrociate e da ombre, ospita delle figure umane, “macchie” all’interno di un gioco di spazi costruito dall’uomo per l’uomo. Amante del nero, Hervé non fotografa di notte come il suo connazionale Brassai, ma è capace di evocare le atmosfere notturne, studiando gli effetti della luce e creando una tensione tra forme geometriche, volume e sfumature tonali.


lucien_herve-delhi

Ma “il fotografo di Le Corbusier” ha svelato anche lo spirito celato nelle opere di altri architetti come Marcel Breuer, Pier Luigi Nervi, Kenzo Tange e Oscar Niemeyer ed ha immortalato strutture classiche come l’Abbazia di Thoronet in Francia, capolavoro cistercense del dodicesimo secolo, e l’Escurial, il monastero spagnolo del sedicesimo secolo. Così come è riuscito ad esprimersi in maniera eccellente nell’arte del ritratto (Fernand Léger e Henri Matisse) e nelle forme astratte.


lucien_herve-parigiLászló Elkán, questo il suo vero nome, nato in Ungheria in una famiglia borghese ebraica, passa la sua infanzia tra il pianoforte, il disegno e le pratiche sportive. Dopo un breve soggiorno a Vienna, dove frequenta la facoltà di economia e la scuola delle belle arti, raggiunge il fratello a Parigi. Impiegato di banca, e successivamente designer presso le case di moda Patou, Chanel e Rochas, Elkàn è costretto a lasciare il lavoro a causa degli scioperi che lo vedono protagonista. Così, nel 1934 aderisce al partito comunista. Durante la guerra, ormai naturalizzato francese, viene reclutato e, fatto prigioniero. Quindi dopo essere stato inviato nella Prussia orientale, evade raggiungendo Parigi e riprendendo le attività nella resistenza con il nome di Lucien Hervé.

Dopo il conflitto bellico, diventa responsabile della sezione artistica in France Illustration e si lancia nuovamente nel mondo dell’arte.

Nel 1965, dopo i primi segni di sclerosi, Hervé cercherà “rifugio” nel suo immenso archivio, mettendo in pratica la sua passione fin dagli anni ‘30: il taglio delle fotografie. Negli anni ‘70 realizzerà dei fotomontaggi con le proprie immagini. Parallelamente, con la Leica, rimanendo sempre fedele al suo stile, si dedicherà all’uso del colore. Ultima evoluzione del suo universo poetico.


©CultFrame 03/2002

 

 

IMMAGINI

1 ©Lucien Hervé.  Chantier de l’Unité d’habitation Le Corbusier. Marseille, 1949. FLC. Collection particulière, Zurich

2 ©Lucien Hervé. L’accusateur. Delhi, 1955. Collection particulière, Paris

3 ©Lucien Hervé. Palais Royal. Paris, 1955. Collection Musée Carnavalet, Histoire de Paris


INFORMAZIONI

Dal 18 gennaio al 17 marzo 2002

Patrimoine photographique / 62, rue Saint-Antoine, Parigi / Telefono: +33.1.42743060

Orario: 10.00 – 18.30 / chiuso lunedì

Biglietto: 4 euro

 

LINK

CULTFRAME. Fotografia e Architettura. Un libro a cura di Carlo Cresti

CULTFRAME. Architecture without shadow. Un libro di Balthasar Burkhard, Günther Förg, Andreas Gursky, Thomas Ruff, Candida Höfer, Hiroshi Sugimoto e Jeff Wall

Patrimoine photographique, Parigi

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Orith Youdovich

Orith Youdovich, fotografa, ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia concettuale e da allora dirige il proprio sguardo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge attività di ricerca artistica sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in mostre personali e collettive e ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. E' co-autrice del volume "Il vento e il melograno - Fotografia Israeliana Contemporanea", del saggio "Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni" (Postcart, 2012). Curatrice e giornalista, ha curato mostre di fotografia e dal 2009 al 2018 è stata Direttore responsabile della testata giornalistica Punto di Svista – Arti Visive in Italia.

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