L’unica definizione possibile per un personaggio come Cecil Beaton è quella di individuo eclettico. La sua vena creativa si è infatti manifestata in diverse discipline. Beaton è stato scrittore diarista, illustratore, caricaturista, scenografo e costumista. Vinse addirittura in due distinte occasioni, nel 1958 per Gigi e nel 1964 per My Fair Lady, il premio Oscar per i migliori costumi.
Ma nonostante la sua evidente versatilità, fu più che altro un fotografo capace di cogliere con intelligenza le tendenze delle avanguardie del novecento coniugandole con un’impostazione stilistica che potremmo definire elitaria.
Cecil Beaton è stato un autore controverso, attratto dagli ambienti alternativi degli artisti europei del primi decenni del XX secolo ma anche ossessionato dallo stucchevole mondo dell’aristocrazia del suo paese, grande talento visivo e uomo di cultura aperto ad ogni forma d’espressione ma anche disegnatore pronto ad inserire simboli antisemitici in una sua opera (e per quest’ultimo episodio ebbe gravi problemi professionali negli USA).
Insomma, quella di Beaton è stata una figura complessa, con qualche zona d’ombra.
Come dimostrano le sue immagini esposte a Roma presso il Museo Andersen, ogni suo lavoro è un sofisticato esercizio di stile. E’ possibile notare, comunque, come in alcune occasioni riesca ad elevare il semplice scatto costruito artificiosamente a rappresentazione di altissimo spessore mentre in altre, invece, rimanga legato ad una sterile componente estetizzante priva di reale creatività.
Nell’ambito dell’esposizione allestita nella capitale sono state presentate numerose opere che riguardano tutti i passaggi della carriera di Beaton, dall’ampio catalogo dei ritratti alla fotografia di guerra, dalla moda ai tabeaux vivants, dagli scatti arcadici, veramente poco significativi, di inizio carriera alle foto, non sempre interessanti, delle grandi star di Hollywood e del rock.
Ciò che emerge da questo percorso è il gusto di un fotografo che ha trovato il terreno più adatto ad esprimere la propria cifra espressiva in una rappresentazione teatralizzata e pittorica dei soggetti umani, ripresi preferibilmente in ambienti interni. La tensione compositiva dell’inquadratura, l’equilibrio delle forme, l’attenzione per le linee e i volumi, il piacere barocco dell’allestimento scenico sono elementi che in alcuni casi raggiungono livelli di perfezione quasi inquietanti.
Nonostante questi fattori, comunque, non appare possibile considerare l’intera produzione di Beaton degna di incondizionato apprezzamento.
©CultFrame 04/2002
IMMAGINI
1 Cecil Beaton. Fashion study, Charles James Evening Dresses for Vogue, 1948
2 Cecil Beaton. Marlene Dietrich, 1935
INFORMAZIONI
Dal 27 marzo al 14 maggio 2002
Museo Hendrik Christian Andersen / Via Pasquale Stanislao Mancini 20, Roma / 06.3219089
Orario: Tutti i giorni 9.00 – 20.00 / chiuso lunedì / Ingresso libero