Il corpo come linguaggio ⋅ Incontro con Orlan ⋅ FotoGrafia – Festival internazionale di Roma ⋅ I Edizione

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis
Orlan - Refiguration. Incontro con l'artista francese
Orlan. Refiguration-Self-Ibridation n. 15, 1998

Trasgressiva, rivoluzionaria, anticipatrice, fuori dagli schemi, coraggiosa. Orlan, grande artista francese al centro di “scandali” pubblici e di accesi dibattiti culturali, può essere definita in molti modi. Certamente, il suo lavoro deve essere considerato un esempio di rigore e coerenza, e soprattutto di capacità di adattamento critico-analitico all’evoluzione dei tempi e della tecnologia.

La sua è sempre stata una strada lastricata di problemi (perse anche il posto di insegnante a causa di una performance) e di critiche da parte dei benpensanti borghesi. Ma la sua personalità ha sempre resistito agli attacchi e la profonda ed acuta “autenticità” del suo pensiero filosofico ha finito per prevalere sui pregiudizi e per farla oggettivamente diventare una delle maggiori “menti creative” degli ultimi quaranta anni.

Nella grande aula della Facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre, presso l’ex Mattatoio, Orlan si palesa come un’icona vivente: capelli metà biondi, metà neri, occhiali con grandi stanghette gialle, visibili protesi in silicone innestate ai lati della testa, abito scuro, elegantissimo, atteggiamento forse un po’ snob ma amabilmente disponibile e tranquillo.

Dopo l’introduzione di Viviana Gravano, l’autrice di Refiguration Self-hybridation si è lanciata in un lungo intervento, basato sulla presentazione della sua nuova biografia multimediale. Su un grande schermo abbiamo visto scorrere un’intera carriera: dalle prime geniali perfomances degli anni sessanta fino alle recenti manipolazioni digitali del suo volto, passando per le ormai storiche riprese degli interventi chirurgici.

Orlan. Refiguration - incontro con l'artista francese

Orlan. Refiguration-Self-Ibridation n. 15, 1998

Libertà assoluta nella gestione del proprio corpo, negazione del dolore come forma di redenzione, ricerca antropologica sul concetto di bellezza, elaborazione barocca dell’immagine, Orlan ha attraversato quasi quattro decenni trasformando la sua “carne” in uno strumento di comunicazione in grado di ricreare un linguaggio.

Il suo mondo violentemente iconoclasta e anarchico si è scontrato più volte con la morale della civiltà cristiana, fondata sul concetto di dolore e di separazione tra bene e male. “Io lavoro sulla e congiunzione e non sulla o, cioè sulla divisione”, ha detto Orlan, facendo emergere uno dei punti focali della sua poetica: la commistione dei linguaggi e la contrapposizione frontale alla deriva reazionaria, cioè al ritorno alla tradizione pittorico-figurativa, che sta inquinando l’arte contemporanea in questi ultimi tempi.

La fotografia in questo complesso contesto creativo ha sempre avuto un ruolo fondamentale sia come mezzo per la documentazione delle sue produzioni sia come supporto specifico per la concretizzazione di idee e concetti.

Una parte della sua recente attività è stata dedicata proprio alla sperimentazione digitale. “Ho preso alcuni miei primi piani e usando photoshop vi ho sovrapposto maschere incaiche precolombiane e africane determinando una mutazione della mia immagine”. Questo esperimento rientra nell’ambito di una ricerca relativa al concetto di bellezza femminile su cui sta lavorando da diverso tempo. Deformazioni del cranio e del volto, strabismo, allungamento del collo, sono operazioni che venivano messe in atto da popoli antichissimi (e non solo), i quali possedevano un’idea di perfezione estetica molto diversa da quella che oggi risulta vincente. Orlan intende recuperarla e riutilizzarla restituendole la dignità perduta.

Tra le opere fotografiche che più ci hanno colpito vogliamo segnalarvi una serie di nudi giovanili in bianco e nero, in cui il corpo è sistemato all’interno dell’inquadratura in pose non tradizionali, e l’insieme delle opere relative alla figura della Madonna, nelle quali, attraverso l’uso di drappeggi e tessuti inamidati, riusciva a ricostruire la convulsa ossessività compositiva del barocco.

Orlan ha salutato il pubblico presente comunicando che probabilmente la vedremo protagonista del prossimo lungometraggio di David Cronenberg, una storia “fantascientifica” che racconta un periodo futuro in cui la società ha definitivamente sconfitto il dolore.

Chi, meglio di lei, avrebbe potuto interpretare un film del genere?

© CultFrame 05/2002

INFORMAZIONI
Incontro: Orlan – Conferenza
24 maggio 2002 / Università Roma Tre (Facoltà di Architettura) / Introduzione: Viviana Gravano
Manifestazione: Primo Festival Internazionale di Fotografia

SUL WEB
Il sito di Orlan 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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