La rivista tedesca Stern dedica il suo abituale portfolio di fotografia Spezial no.28 alla bella connazionale Ellen von Unwerth. Nell’interessante introduzione a cura di Jochen Siemens si legge come Ellen negli anni ’80, nel corso della sua carriera di modella, abbia scoperto per caso il mondo della fotografia: durante la pausa di un servizio di moda, prese in prestito una delle fotocamere, se ne fece spiegare velocemente il funzionamento e raccontò istintivamente per immagini il curioso e frenetico backstage di quella giornata di lavoro. Quelle foto vennero successivamente pubblicate sulla rivista di moda francese Jill e decretarono l’inizio della sua folgorante carriera dal lato opposto dell’obiettivo, che oggi si perpetua sulle pagine delle maggiori riviste di moda e costume come Vogue Italia o Interview.
Il suo caleidoscopio fotografico è assolutamente coinvolgente: i colori vividi ed accesi hanno toni psichedelici, di impatto piatto e violento, come i dipinti del Bronzino o del Ghirlandaio, e infatti allo stesso tempo hanno un che di volutamente amatoriale e referenziale che la avvicina più all’istantanea-verità di Nan Goldin o di Martin Parr che alla finzione laccata di LaChapelle o all’imperturbabilità di Steven Meisel. Ha saputo però trasportare nel contesto internazionale della fotografia di moda un sapore di innocenza perduta e gioiosa decadenza, riuscendo ad elevarsi sopra la mera e sciatta istantanea, cara alla moderna scuola tedesca dei Tillmans e dei Teller, per ricreare con perizia e cura un “fashion-look” di elegante gusto e seduzione retrò. Il suo bianconero è infatti violento anch’esso, forte, notturno, di grande impatto visivo, dai contrasti marcati, denso di rimandi estetici newtoniani, pieno di sfumature di quella lieve trasgressione parigina di inizio secolo così bene immortalata da Brassai nelle sue immagini.
Ma le ragazze di Ellen ostentano una severità solamente formale, dettata dal loro sapore decò, perchè alla fine tutto si risolve in una pantomima: manca nelle foto della von Unwerth la severità, la serietà di giudizio e l’implacabilità di Newton, per il quale la donna ha ancora quel fascino fatale e quella innata lussuria biblica tale non solo da mettere a repentaglio la stabilità della classe alto-borghese ed aristocratica, ma addirittura tale da fondare su di esse tutto il suo patrimonio di voluttà e sfarzo. Se le donne di Newton sono aristocratiche prostitute dedite al banchetto delle mele, torbide Eve tentatrici consapevoli del loro potere sull’uomo, le ragazze di Ellen von Unwerth sono viziate, fiorenti lolite inconsapevoli di sedurre col loro fascino bambino e il loro erotismo spontaneo e giocoso; sembrano voler copiare le movenze delle seriose “femmes fatales”, ma alla fine non riescono a nascondere la loro infantilità, che è poi ciò che le rende così vive e seducenti. Siamo al cospetto di donne consapevoli di non essere ancora mature per esprimere un erotismo cerebrale, donne che quindi ironizzano sulla loro carica erotica, che si esprime attraverso la dinamicità dei corpi, attraverso i make-up ostentatamente decò, attraverso il gioco.
Ed è il gioco la chiave di volta dell’intera concezione fotografica della von Unwerth. Il gioco inteso come espressione della pulsione alla vita, come motore dell’istintività umana che conduce attraverso le emozioni, dalla felicità alla seduzione, dall’intimità alla tristezza. Ragazze vestite di colori sgargianti che si accapigliano coperte di schiuma su un prato o che si mordono e strattonano su un letto in seducente lingerie di seta e voluttuosi gioielli o che zampillano acqua dalla bocca come fossero bambine alla scuola di nuoto, una gommosa Estella Warren che diventa carminia citazione vivente della Marilyn Monroe di Andy Warhol, Naomi Campbell che si depila incurante un’ascella seduta su di un gabinetto con indosso solo un trasparente baby-doll, una felina Liz Hurley che si arrampica sul tavolo verde di una roulette per puntare le sue fiches e sedurre con spacchi vertiginosi un nervoso ed eccitato astante.
In ogni immagine di Ellen von Unwerth traspare l’indole ludica delle sue modelle. I loro occhi catturano senza scampo l’attenzione, emanando un fascino misterioso ed elegante, fatto di languidezza e sensualità, caratteristiche del suo make-up e della sua luce. Ma è possibile percepire l’acuta risata divertita che segue ogni seriosa messinscena di glamour ed erotismo, perché le ragazze di Ellen non prendono nulla sul serio, si divertono a giocare con il fascino che emana dalla loro sfrontatezza, quasi inconsapevoli di quanto possa essere erotica la loro innocenza.
©CultFrame 02/2003
CREDITI
Titolo: Ellen’s Girls / Fotografie: Ellen von Unwerth / Edizione: Spezial Fotografie Portfolio no. 28 / Editore: Stern Portfolio, 2002 / 96 pagine / 20,00 Euro / ISBN: 3570193462
LINK
CULTFRAME. Revenge. Un libro di Ellen von Unwerth
Immagini realizzate da Ellen von Unwerth
Videografia di Ellen von Unwerth