Femme-Terre. Mostra di Ousmane Ndiaye Dago

SCRITTO DA
Orith Youdovich

ousmane_ndiaye_dago-femme_terre1Dopo aver apprezzato le fotografie dei Maliani Malick Sidibé e Seydou Keita, del Sudafricano Zwelethu Mthethwa o del Mozambicano Ricardo Rangel, si rimane spiazzati davanti alle immagini di Ousmane Ndiaye Dago, artista senegalese autore di sorprendenti elaborazioni fotografiche.

Sidibé e Keita colpiscono per aver messo in luce, in modo schietto e spontaneao, i lati più sconosciuti, quelli gioiosi e vitali dell’Africa occidentale. Mthethwa ha voluto aprire le abitazioni dei contadini neri, immigrati in città in cerca di lavoro per svelare la loro vita quotidiana fatta di credenze e di piccoli riti, mentre Ricardo Rangel ha dato un tocco personale al reportage sociale tradizionale. Esperienze certamente non prive di spessore, che tuttavia sono molto distanti da “Femme-Terre”, una serie di lavori di grandi dimensioni realizzate da Dago nel suo paese natale.


Si tratta di figure femminili, fanciulle nude dalla pelle nera, camuffata grazie al “trucco” sapiente ideato dallo stesso artista, che attraverso “pennellate” di tinture naturali ha reso concreto il legame interiore con la propria cultura, con la propria terra. Gesso, carbone, fango e argilla sono i materiali utilizzati da Dago, i quali, seccati sulla pelle, formano una pattina marmorea dando al corpo la parvenza di una scultura. Pelle come superficie, dunque, come materia malleabile nelle mani dell’artista-artigiano, che scolpisce e decora, per poi fermare il tutto in una fotografia. Sono immagini dal forte impatto estetico, in cui l’erotismo prorompente delle donne africane esplode in maniera potente.

 

ousmane_ndiaye_dago-femme_terre2Le ragazze, senza volto, sono nascoste dietro la propria capigliatura, coperte di tessuti o riprese di spalle, in modo da escludere lo sguardo dalla comunicazione visiva. La carica seduttiva si riversa tutta nel loro corpo, dalle linee sinuose e dalle forme abbondanti, ornato di veli trasparenti, collane di conchiglie e pietre colorate, posate con un’apparente noncuranza sui fianchi e sul collo. E sono le movenze accattivanti delle performer di Dago a dare maggior volume al quadro-fotografia, con i loro gesti intimi tra braccia alzate e abbracci soavi. Danzano, le donne-argilla, con fierezza ed armonia, la stessa che avviluppa i templi, anch’essi d’argilla, di Timbouctou e Djenné. Danzano bagnate da un’intensa luce e immerse nelle sfumature delle sabbie d’Africa. Ocra, nero, giallo, marrone e rosso evocano il legame viscerale e sensuale dell’uomo con quella terra, dalla quale, come le modelle di Dago, non si stacca mai veramente.


I cinque cibachrome della serie “Femme Terre” presentati a Roma presso la galleria De Crescenzo & Viesti sono pochi ma sufficienti per poter assorbire le atmosfere vibranti dell’Africa, cariche di tensione e di energia.
Ousmane Ndiaye Dago è originario di Ndiobène nella zona di Tivaouane nel Senegal. Ha studiato all’Istituto Nazionale delle Belle Arti di Dakar e alla Academy of Fine Arts di Anversa in Belgio. Designer, grafico, illustratore di libri e copertine di album come quello di Youssou N’dour, insegna alla scuola nazionale di arti di Dakar. In Italia è approdato nel 2001, nell’ambito della Biennale di Venezia.


©CultFrame 03/2003

 

IMMAGINI

Fotografie di Ousmane Ndiaye Dago

 

INFORMAZIONI

Ousmane Ndiaye Dago Femme-Terre

Dal 15 gennaio all’11 marzo 2003

De Crescenzo & Viesti, Galleria d’Arte Contemporanea / Via del Corso 42, Roma / Telefono: 0636002414

Lunedì 16.00 – 19.30 / martedì – venerdì 11.00 – 13.00 e 16.00 – 19.30 / sabato 11.00 – 13.00 / Ingresso libero


LINK
 

Galleria De Crescenzo & Viesti, Roma

 

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Orith Youdovich

Orith Youdovich, fotografa, ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia concettuale e da allora dirige il proprio sguardo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge attività di ricerca artistica sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in mostre personali e collettive e ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. E' co-autrice del volume "Il vento e il melograno - Fotografia Israeliana Contemporanea", del saggio "Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni" (Postcart, 2012). Curatrice e giornalista, ha curato mostre di fotografia e dal 2009 al 2018 è stata Direttore responsabile della testata giornalistica Punto di Svista – Arti Visive in Italia.

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