Cameron ⋅ Maestri della fotografia

SCRITTO DA
Rosa Maria Puglisi
Margaret in Maestri della fotografia con Kiss of Peace
Julia Margaret Cameron. The Kiss of Peace, 1869

Julia Margaret Cameron. 1815 (Garden Reach, Calcutta, India) – 1870 (Glencairn, Ceylon – Sri Lanka)

Donna insolita, al limite della stravaganza per l’età vittoriana in cui vive, Julia Margaret Cameron, è una figura di grande carisma, molto stimata per cultura e sensibilità dagli amici artisti, letterati e scienziati, di cui ama circondarsi. Fra di loro si possono annoverare Thomas Carlyle, Robert Browning, Alfred Tennyson, George Frederick Watts, John Herschel e Charles Darwin, dei quali ci ha lasciato interessanti ritratti fotografici.

I suoi modi imperiosi e insieme amabili, nonché la sua dedizione totale alla fotografia, piena di travolgente entusiasmo, sono abbondantemente testimoniati da molti di questi amici, che si troveranno da lei coinvolti in sessioni fotografiche sfiancanti all’interno della scomoda e caotica Glass House (un locale a vetri, fornito di tendaggi per filtrare opportunamente la luce, ricavato da un pollaio di casa). Gli stessi non mancheranno di celebrarne l’innato talento, più che la scarsa avvenenza. Il suo lavoro, così osannato, non trova però unanime consenso, ed è anzi talora stroncato, dai colleghi, che vedono nella sua tecnica imperdonabili lacune.

Cameron non volge tutti gli sforzi verso la perfezione tecnica: ciò è attestato dal fatto che spesso lo strato d’emulsione al collodio sulle lastre originali non è uniforme ed è segnato da polvere e graffi, come pure le sue stampe all’albumina sono ricoperte da macchie, o sbiadite, per un cattivo fissaggio. Tuttavia le accuse d’imperizia a lei rivolte riguardano, più che altro, una focheggiatura ritenuta imperfetta: un uso del fuoco (spinto a volte addirittura “fuori fuoco”) incurante della nitidezza e volto invece alla ricerca d’effetti plastici memori forse dello sfumato leonardesco. Una prassi, questa, che farà in seguito apprezzare particolarmente le sue immagini.

In un periodo in cui l’unico valore riconosciuto alla fotografia è quello d’essere specchio fedele della realtà, e in cui i fotografi si sforzano di raggiungere una verosimiglianza assoluta attraverso i successivi perfezionamenti della tecnica, Cameron si muove controcorrente, e non stupisce che sia invisa per il suo sprezzo verso le convenzioni del mestiere. I mezzi tecnici, che ella usa, sono d’altronde limitati, ma usati, più o meno consapevolmente, in modo da trar spesso profitto estetico dalle loro manchevolezze.

Il suo primo apparecchio fotografico, ricevuto in dono dalla figlia, é tutt’altro che perfetto: fatto di due scatole di legno, che scorrono l’una nell’altra grazie ad un ingranaggio, le permette di scattare su lastre di un formato di 9×11 pollici, ma il suo obiettivo Jamin, oltre ad essere poco luminoso e soggetto ad aberrazione cromatica, non è adatto a quel formato e da ciò dipendono senza dubbio le deformazioni nelle zone esterne di alcune immagini, come il celebre ritratto a Tennyson, noto come “The dirty monk”.

Nel 1886 però, forse per ovviare a tali inconvenienti, Cameron acquista un secondo apparecchio di formato più grande, la focale del quale stavolta è adatta a coprire un formato maggiore di quello effettivo. Vantaggio di quest’accoppiata imperfetta fra obiettivo e grandezza della lastra, sarà la particolare impressione di rilievo conferita alle immagini dalla ridottissima profondità di campo. L’uso del fuoco selettivo, collegato al tipo d’attrezzatura, insieme ad una gestione della luce non standardizzata, ma studiata ad hoc su ogni soggetto per farne risaltare le caratteristiche personali, darà alle sue fotografie una potenza espressiva fino ad allora sconosciuta.

Julia Margaret Cameron in Maestri della Fotografia con Pre-Raphaelite Study, 1870

Julia Margaret Cameron. Pre-Raphaelite Study, 1870

Una prima rivalutazione dell’opera di Julia Margaret Cameron avverrà nel tardo Ottocento con l’avvento del Pittorialismo; più tardi, anche in Alfred Stieglitz e nei fotografi della Photo Secession, troverà ammiratori entusiasti della sua Fotografia. Gli elementi che ne caratterizzano le immagini – la soppressione di dettagli superflui, l’estrema cura formale della composizione, ma soprattutto quella morbidezza di toni e sfumature, tanto criticata a suo tempo – ne fanno un modello ideale agli occhi dei Pittorialisti, che reclamano, come già Cameron, piena dignità d’arte per questo nuovo mezzo espressivo, in gara con la pittura nella rappresentazione di realtà concrete o spirituali.

I Photosecessionist, invece, preferiranno ravvisare inediti spunti di un coraggioso realismo, nell’accentuazione psicologica dei suoi ritratti, fatti di primi piani spinti, resi intensi da un uso sapiente della luce oltre che dalla concentrazione di lunghe attese in posa. In effetti, la produzione di Julia Margaret Cameron può a grandi linee essere suddivisa in due filoni: quello relativamente realistico dei ritratti, emananti ancora una benjaminiana “aura”, e quello allegorico-simbolico delle mise en scène. E se il primo ha conservato intatto il proprio fascino, e anzi ne ha acquistato nel tempo, il secondo appare oggi talora datato, tal altra quasi inesplicabile. Per capire pienamente opere, come “Pace, Amore e Fede” del 1868, oppure “Il bacio della Pace” del 1869, per non parlare della serie prodotta per illustrare “Idylls of the King” di Tennyson, bisogna far riferimento non solo al clima letterario in cui Cameron è immersa, ma spesso anche a precise iconografie mutuate tanto dall’idolatrato amico Watts, quanto da Dante Gabriele Rossetti. Anche quella che oggi a volte può apparire come un’eccessiva rigidità formale, fa in realtà parte di un preciso codice formale, allora inteso a dare uno spessore intellettuale e persino religioso all’arte.

Dopo il 1875, anno del suo ultimo trasferimento a Ceylon, la stampa delle sue fotografie non potrà più essere curata da lei; i suoi negativi vengono così depositati presso la Autotype Company, perché ne realizzi copie da immettere sul mercato. La compagnia riprodurrà, in base ad un accordo con l’autrice, persino nuovi negativi al carbone, copie più stabili di quelli all’argento, ma non sempre uguali nel formato.
A differenza delle precedenti stampe – non tutte fatte personalmente da Cameron, ma sottoposte sempre al suo rigoroso controllo – nessuna di queste copie autorizzate sarà firmata. Proprio queste però, ormai più fedeli dell’originale autografo sbiadito nel tempo, hanno avuto il merito di trasmetterci l’opera di quest’artista della fotografia.

BIOGRAFIA

Julia Margaret Cameron. My Favorite Picture of All My Words. My Niece Julia, 1867

Julia Margaret Pattle, quartogenita di una numerosa famiglia, composta da nove figlie femmine (due delle quali morte ancora bambine) ed un unico maschio, nasce a Garden Reach presso Calcutta l’undici giugno del 1815. Suo padre James è un alto funzionario scozzese della pubblica amministrazione coloniale del Bengala; sua madre, Adeline de l’Etang, un’aristocratica francese. Insieme alle sorelle, è mandata in tenera età prima presso la nonna in Francia, successivamente in Inghilterra, allo scopo di ricevere un’educazione adeguata al proprio rango.

Un’erudizione spigliata, basata soprattutto sulla Poesia e sulla Letteratura, farà di lei il “dinamico” personaggio – in attesa di un mezzo, la fotografia, attraverso il quale far scorrere e disciplinare grandi energie – descritto dalla pronipote Virginia Woolf nella prefazione a “Victorian Photographs of Famous Men and Fair Women”, selezione dei ritratti di Cameron, pubblicata dalla Hogarth Press.

Ventunenne, trovandosi in convalescenza presso il Capo di Buona Speranza, incontra Charles Hay Cameron, giurista ed uomo di lettere (scrive un trattato sul sublime e il bello), già vedovo e molto più anziano di lei, che sposerà due anni più tardi a Calcutta. In questa città gli sposi si stabiliscono per curare gli interessi economici, legati alle loro piantagioni di caffè nella valle di Dimbula, a Ceylon. Hanno sei figli.

All’interno dell’alta società anglo-indiana, Julia Margaret si distingue per la propria personalità forte ed originale, maltollerante le eccessive restrizioni dell’etichetta, mentre lo stimato consorte ricopre un importante incarico come legislatore nel Consiglio dell’India, al termine del quale, nel 1848, i Cameron torneranno alla madrepatria. La famiglia si trasferirà dal Kent al Surrey, prima di approdare a Londra. Là, frequentando Little Holland House, dimora di sua sorella Sarah (sposata Prinsep), Julia Margaret Cameron è introdotta ad una vasta cerchia d’illustri artisti e letterati, molti dei quali diverranno in seguito suoi amici e consiglieri, oltre che pazienti modelli. Un ulteriore trasferimento nel 1860, a Freshwater Bay sull’isola di Wight, sarà decisivo per la futura carriera artistica di Cameron.

Il primo periodo presso la nuova casa – chiamata Dimbola Lodge, dal nome della località ove si trovano i possedimenti di famiglia in India – è segnato da una profonda crisi personale della donna. Piena di vitalità ed energie, Julia Margaret negli anni ha voluto adottare sei figli, ma tanto questi che i propri sono ormai adulti. Ormai priva dei consueti impegni di madre, si sente senza obiettivi. Una situazione che si aggrava nel 1863, allorché il marito è temporaneamente richiamato dagli affari a Ceylon; è allora che la figlia Julia ed il genero pensano di fornirle una distrazione regalandole apparecchio fotografico.
All’età di 48 anni, letteralmente “presa dal sacro fuoco dell’arte fotografica”, Cameron intraprende un’appassionata ricerca personale, rivendicando con i propri lavori una libertà dalla tecnica, a favore del risultato estetico, che la renderà presto celebre e stimata.

Sarà la prima donna ammessa alla Royal Photografic Society.

Julia Margaret Cameron. Paul and Virginia, 1865

Apprende i rudimenti del mestiere probabilmente da Oscar Gustave Rejlander, che nel ’63 si trovava appunto sull’isola di Wight per fotografare Alfred Tennyson e la sua consorte. Suo consigliere tecnico è John Herschel, astronomo reale e studioso di processi chimici, messi in opera da Henry Fox Talbot, con la scissione di negativo e positivo fotografico, e con l’uso del tiosolfato di sodio quale fissatore. Il suo “primo successo”, il ritratto di una bambina, Annie, arriva nel gennaio del 1864, dopo una serie di tentativi falliti a causa delle prolungate pose richieste ai modelli, e della sua scarsa padronanza tecnica.

L’intensa soddisfazione che ne ricava la induce a dedicarsi con tutta se stessa alla fotografia. “Annals of My Glass House”, diario incompiuto della sua attività pubblicato nel 1889, riferirà qualche anno dopo con piglio entusiastico, talora persino autoironico, le avventure di questa zelante fotografa, che sottopone amici, ospiti di passaggio, principalmente bambini corrotti dalla promessa di leccornie, alla tortura di pose e “mascheramenti”.

Attraverso quelle pagine, però, non giungono soltanto dettagliati racconti dei progressi attraverso le difficoltà tecniche, cui Cameron fa fronte insieme alle sue tre cameriere-assistenti; ma anche considerazioni su un modo d’intendere la Fotografia del tutto nuovo per l’epoca, che in adesione alle istanze culturali del momento pretende, coi ritratti, di “registrare fedelmente la grandezza interiore oltre che le fattezze esteriori di un uomo”, con allegoriche mise en scène, di svelare i principi universali della spiritualità. In diretto contatto col fior fiore dell’intellighenzia britannica, che sfilò davanti al suo obiettivo, ebbe i suoi principali ispiratori in Tennyson, il poeta laureato, del quale nel ’74 illustrerà con fotografie gli “Idylls of the King”; nell’intimo amico George Frederick Watts, e nella sua pittura didascalica e edificante; infine nei Preraffaelliti (conobbe personalmente Holman Hunt e John Millais), i cui quadri le suggerirono i temi in costume e perfino le composizioni di alcune immagini.

Già nel 1865 Julia Margaret ha la soddisfazione di vedere esposte le proprie opere in una personale, presso lo Studio Colnaghi di Londra. Ne segue un’altra l’anno dopo alla French Gallery. Le critiche che le giungono in quelle ed altre occasioni a proposito d’imperizie tecniche reali o presunte sono spesso aspre: le sue fotografie sono superficialmente criticate (un troppo franco Lewis Carroll ne definisce certe addirittura orrende) per gli effetti di fuori-fuoco, che la fotografa invece predilige, perché alla ricerca d’effetti estetici, piuttosto che realistici. I suoi estimatori sono comunque molti, fra i quali Victor Hugo, che scrive parole di grande apprezzamento.

Nell’ottobre del ’75, i coniugi Cameron, economicamente in rovina, si ritirano in una proprietà sull’isola di Ceylon. Torneranno brevemente in Inghilterra solo tre anni più tardi. Alle dure condizioni ambientali, alla difficoltà nel reperire i materiali, forse anche alla scarsa propensione verso i soggetti locali, è probabilmente da attribuire il fatto che le immagini scattate lì sono pochissime.

Julia Margaret Cameron muore a causa di un’influenza a Glencairn, presso la casa del figlio Henry, il 26 gennaio del 1879.

© CultFrame 04/2003

BIBLIOGRAFIA
– Cox, J., Ford, C., Wright, Ph., Lukitsh, J., Julia Margaret Cameron: The Collected Photographs, Getty Publications, 2002
– Lukitsh, J. et al., Cameron, Julia Margaret, Phaidon Press, 2001
– Wolf, S. et al., Julia Margaret Cameron’s Women, The Art Institute of Chiacago and Yale University Press, New Haven and London, 1998
– Hamilton, V., Cameron, J. M., Annals of My Glass House: Photographs by Julia Margaret Cameron, University of Washington Press , 1997
– Cox, J., Julia Margaret Cameron: Photographs from the J. Paul Getty Museum, J Paul Getty Museum Publications (In Focus), 1996
– Oliphant, D., Gendered Territory: Photographs of Women by Julia Margaret Cameron, University of Texas, 1996
– Mulligan, T. et al., For My Best Beloved Sister Mia: An Album of Photographs, University of New Mexico Press, 1995
– Wolf, S., Levine, A., Focus: Five Women Photographers: Julia Margaret Cameron/Margaret Bourke-White/Flor Garduno/Sandy Skoglund/Lorna Simpson, Albert Whitman & Co, 1994
– Weaver, M., Julia Margaret Cameron 1815-1879, A & C Black Publishers, 1991
– AA.VV., Julia Margaret Cameron, Fabbri Editori, I Grandi fotografi, 1987
– Cameron, J.M., The Cameron Collection: An Album of Photographs Presented to Sir John Herschel, Bookthrift Co, 1975

SUL WEB
Ritratti realizzati da Julia Margaret Cameron
Fotografie realizzate da Julia Margaret Cameron
Articolo scritto da Jody Zellen e incentrato sull’album di fotografie realizzato da Cameron insieme alla sorella Mia

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