Formato tessera | Storia, arte e idee in photomatic ⋅ Un libro di Federica Muzzarelli

SCRITTO DA
Orith Youdovich

I ritratti di ragazzi provenienti da tutte le parti del globo, ideati e realizzati da Oliviero Toscani per promuovere i capi firmati Benetton, imperversano nelle città. A volte riprodotti in formato gigante e proposti singolarmente, a volte accostati per formare un mosaico umano, i volti anonimi sono ripresi frontalmente su fondi neutri come fossero identikit segnaletici. Simile è la scelta stilistica effettuata da Helmut Newton per la campagna pubblicitaria Lawrence Steele (1997). Il fotografo americano si è ispirato alla quartina da fototessere e, aggiungendo all’immagine l’impronta tipica delle foto poliziesche, l’ha riprodotta quattro volte. Dello stesso filone fanno parte anche le fotografie pubblicitarie ideate dal tedesco Juergen Teller per lo stilista Helmut Lang (1999) e i ritratti di individui ibridi dello spot Campari Mixx.Sempre con riferimento alla fototessera, ma di diversa tipologia, sono invece le immagini della copertina del catalogo Max Mara. I giovani assumono atteggiamenti scherzosi riportando alla mente gli scatti spensierati e ludici spesso effettuati nelle cabine-fototessera.

Questi sono solo alcuni esempi di come il mondo della moda e della pubblicità faccia riferimento al ritratto fotografico modello fototessera, il cui antenato è la carte-de-visite, brevettata dal parigino Disdéri nel 1854. Nemmeno Nadar rimane insensibile a questa trovata che presto sperimenterà per curiosità personale ma soprattutto per necessità di mercato.

Ad analizzare il fenomeno della fotografia formato tessera dalla sua nascita ai giorni nostri e le sue ripercussioni sul mondo contemporaneo è Federica Muzzarelli nel libro Formato tessera, Storia, arte e idee in photomatic edito da Bruno Mondadori. L’autrice, specializzata in Storia dell’Arte all’Università di Bologna, ripercorre l’evoluzione della fototessera che nell’ottocento cammina su due binari: quello burocratico e scientifico, di cui fanno parte le foto medico-poliziesche, e quelle di pura evasione. Nella cabina photomatic, approdata in Europa (a Parigi) nel 1928, sono accolte queste due modalità che nel novecento ispirano il mondo artistico (Magritte, Francis Bacon, Walker Evans, Christian Boltanski, Araki). Andy Warhol, all’interno della Pop Art, fà continuamente uso del concetto della fototessera fino ad utilizzare direttamente la cabina, come anche Franco Vaccari, che durante la Biennale di Venezia del 1972, la installa, invitando la gente ad entrare in quello spazio per provare il brivido di un’esperienza estetica.

Ma tutto questo, vuole ricordare Muzzarelli, è stato reso possibile dal clima culturale dei primi anni del Novecento che ha dato all’arte una nuova connotazione. Per merito di Duchamps e del suo ready made, l’arte, fino ad allora associata alle pratiche manuali, si spoglia dalle sue rigide definizioni per assumere una connotazione concettuale che ha contribuito alla legittimazione della fotografia come una forma espressiva.

Nel Novecento, l’euforia intorno alle cabine fototessera sembra aver contagiato anche il mondo letterario, cinematografico e dei fumetti. Lo scrittore Queneau si fa immortalare nel 1928 in una serie di vere e proprie performance. In Masculin féminin (1966), Jean-Luc Godard usa la cabina fototessere come spazio per performance sessuali. Wim Wenders, in Alice nella Città fà entrare nella cabina il suo protagonista viaggiatore con una bambina smarrita che riporta a casa. E nel più recente Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet, i due protagonisti hanno una passione comune: quella di collezionare fototessere gettate via da clienti delusi e scontenti che nella cabina erano entrati per motivi svariati: per la foto d’identità, per un’immagine-ricordo o semplicemente per scherzare.

L’analisi effettuata da Muzzarelli si aggiunge agli altri volumi pubblicati da Bruno Mondadori, dedicati all’identità della fotografia e agli scritti da Claudio Marra, il quale, nella premessa al saggio di Muzzarelli, aggiunge una nota personale: “…è la vertigine dell’attesa che ho sempre trovato particolarmente esaltante ogni volta che mi è capitato di utilizzare una cabina per fototessere. La suspence inizia nel momento in cui, dopo aver inserito il denaro richiesto, si schiaccia il bottone e si dà avvio al processo automatico che porterà allo scatto delle fotografie. Ecco, in quei pochi secondi, c’è proprio l’esaltante sensazione di non poter più scegliere, di essere costretti a confrontarsi con il destino che automaticamente sfuggirà al principio del libero arbitrio.”

© CultFrame 09/2003

CREDITI
Titolo: Formato tessera – Storia, arte e idee in photomatic / Autore: Federica Muzzarelli / Premessa: Claudio Marra / Editore: Bruno Mondadori, 2003 / 193 pagine / 24,50 euro

INDICE DEL LIBRO

PREMESSA / La vertigine dell’attesa di Claudio Marra

1. RITRATTI: DALLA TELA ALLA LASTRA / Dalla manualità pittorica alla meccanicità fotografica
2. FOTOGRAFIA E IDENTITA’: UN PROBLEMA SCIENTIFICO / Fisiognomica, psichiatria, polizia scientifica e antropoligia alle prese con la fotografia come traccia del reale
3. L’IMMAGINARIO FOTOGRAFICO / La deviazione evocativa e fantasmatica nella fotografia “meccanica” dell’Ottocento: da Disdéri a Mantegazza
4. L’ARTE E LA PHOTOMATIC / La ricerca estetica incontra la cabina e la modalità fototessera nelle esperienze di alcuni dei più grandi artisti del Novecento (Duchamps, Magritte, Bacon, Warhol, Rainer, Vaccai e Boltanski…)
5. ALTRE CABINE / L’espansione della fototessera nella moda, nella pubblicità, nel cinema, nella letteratura e su Internet
APPENDICE / La photomatic alla Biennale del ’72 / Una lettera di Franco Vaccari e una nota di Renato Barilli

BIBLIOGRAFIA / INDICE DEI NOMI

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Orith Youdovich

Orith Youdovich, fotografa, ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia concettuale e da allora dirige il proprio sguardo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge attività di ricerca artistica sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in mostre personali e collettive e ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. E' co-autrice del volume "Il vento e il melograno - Fotografia Israeliana Contemporanea", del saggio "Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni" (Postcart, 2012). Curatrice e giornalista, ha curato mostre di fotografia e dal 2009 al 2018 è stata Direttore responsabile della testata giornalistica Punto di Svista – Arti Visive in Italia.

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