Si tratta certamente di un debutto interessante, ma la vittoria del Leone d’oro alla 60esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha dato a Il ritorno un peso cinematografico un po’ eccessivo. Si, perché pur mettendo da parte la querelle sul mancato riconoscimento al film di Marco Bellocchio (Buongiorno, notte), non è possibile accostarsi al lungometraggio di Andrej Zvyagintsev senza dover mettere in luce alcune questioni critiche centrali.
Se un lungometraggio come Il ritorno fosse stato realizzato da un cineasta italiano, quest’ultimo sarebbe stato accusato senza pietà di narcisismo estetizzante e di prevedibile citazionismo autoriale. Invece, dietro la macchina da presa c’era un esordiente russo, a cui tutto poteva essere perdonato.
Andrej Zvyangintsev, s’intende, è un grande talento, gira con maestria, ha un occhio notevole, è capace di dare intensità emotiva alle sequenze, sa toccare le corde giuste per commuovere lo spettatore e poi, diciamolo chiaramente, ha sfornato un tipo di film “cinefilo” che ai festival “tira” moltissimo.
Dunque, niente da dire sulla mano registica, mentre molto da discutere ci sarebbe sulla natura di questa pellicola che, a nostro avviso, si ispira in maniera macroscopica alle forme estetico-stilistiche di grandi autori come, Andrej Tarkovskij, Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman, nonché all’universo visivo-narrativo del cineasta lituano Sharuna Bartas e al primo Roman Polanski de Il Coltello nell’acqua (…e ci fermiamo qui per motivi di spazio).
Movimenti di macchina lenti ed enigmatici, rappresentazione di un ambiente selvaggio e dalle implicazioni simboliche, senso del mistero e ambiguità dei comportamenti umani, poesia delle immagini, l’elemento acqua utilizzato in chiave metaforica, la raggelante impassibilità del creato, la perdita di contatto con la realtà, l’abisso iperscrutabile del rapporto padre-figli, l’atroce solitudine degli esseri umani. Insomma, Il ritorno è un abilissimo e raffinato condensato del cinema dei maestri sopracitati, che certamente nulla aggiunge all’evoluzione dell’arte cinematografica.
Certo, appare doveroso, sottolineare la strepitosa prova dei due giovanissimi protagonisti, ben diretti da Zvyagintsev, i quali con sorprendente profondità hanno saputo sostenere ruoli complessi e decisamente duri. Così come eccellente è la fotografia cupa e fredda magistralmente realizzata da Mikhail Kritchman.
Ma il problema di questo lavoro non è rintracciabile nella sua impostazione formale e stilistica, assolutamente ineccepibile, bensì nelle scelte che hanno portato alla sua realizzazione, scelte legate ad un’idea di cinema eccessivamente debitrice nei confronti di un mondo poetico già ampiamente visto.
Il ritorno, dunque, dovrebbe essere oggettivamente valutato non in base alla vittoria riportata in un importante festival come quello veneziano ma in relazione alla sua reale sostanza: quella di un ottimo esordio filmico che ha evidenziato il talento di un autore, il quale però deve ancora trovare una dimensione espressiva autonoma e personale.
©CultFrame 10/2003
TRAMA
Storia di Andrej e Ivan e del loro viaggio effettuato insieme al padre improvvisamente ricomparso nella loro vita. Lasciata la bella e triste madre nella casa modesta nella quale vivono, i due bambini si trovano a dover ricostruire un rapporto dignitoso con un padre duro e silenzioso. Giunti alla fine del viaggio, i due ragazzi dovranno purtroppo affrontare un evento decisamente drammatico.
CREDITI
Titolo: Il ritorno / Regia: Andrej Zvyagintsev / Sceneggiatura: Vladimir Moiseenko, Alexander Novototsky / Fotografia: MIkhail Kritchman / Montaggio: Vladimir Mogilevsky / Scenografia: Janna Pakhomova / Musiche: Andrej Dergatchev / Interpreti: Vladimir Garin, Ivan Dobronravov, Konstantin Lavronenko / Produzione: Dmitry Levsnevsky – REN Film / Distribuzione: Lucky Red / Paese: Russia, 2003 / Durata: 106 minuti
LINK
Filmografia di Andrej Avyagintsev