Il cinema è stato per molto tempo, e continua ad essere tuttora, al centro di un equivoco provocato anche, in parte, da certa critica accademica che non ha mai evidenziato fino in fondo le reali caratteristiche di questo linguaggio espressivo. Molti si sono sempre rapportati a questa forma d’arte come se si trattasse di un’inevitabile derivazione tecnologia della narrazione letteraria. Certo, il neorealismo e la nouvelle vague hanno contribuito a distruggere quest’idea riduttiva ma ancora oggi, studiando testi critici e recensioni, ci si può accorgere di come ciò che riguarda lo specifico cinematografico abbia difficoltà ad emergere.
Il cinema è invece un’arte visuale a tutti gli effetti, i cui punti di contatto con la pittura, l’arte contemporanea e la fotografia sono decisamente evidenti.
In tal senso, il libro di Flavio De Bernardinis intitolato L’immagine secondo Kubrick chiarisce definitivamente quale siano la natura e la struttura dell’universo creativo dell’autore di Lolita e Orizzonti di gloria.
Stanley Kubrick è un cineasta visionario. Ha sempre basato, infatti, la sua prospettiva filmica su una concatenazione di immagini perfettamente concepite, costruite ed elaborate. Dunque, la colonna vertebrale delle sue opere non è costituita dall’architettura narrativa ma da quella prettamente visiva.
In apertura del suo significativo saggio, De Bernardinis ricorda al lettore come l’elemento centrale del lavoro di Stanley Kubrick sia la fotografia, intesa “non nel senso delle specializzazioni cinematografiche, ovvero l’area di competenze del direttore della fotografia, ma proprio la fotografia”. D’altronde, il regista americano aveva iniziato la sua carriera come fotoreporter per la rivista Look, fattore che lo costrinse fin dalla giovinezza a narrare per immagini, a costruire storie che fossero l’organizzazione logica di inquadrature, ovvero la conseguenza poetico-espressiva del suo sguardo sul mondo e sull’esistenza.
Flavio De Bernardinis, sempre nei primi passi del suo libro, a questo proposito cita una frase illuminante di Jack Nicholson, il quale ebbe modo di dire: “Ai tempi di Shining, Stanley mi fece questa confessione: …caro Jack, fare un film non è fotografare la realtà, ma fotografare la fotografia della realtà”.
Il cinema di Kubrick deve essere letto in sostanza come un’evoluzione del procedimento espressivo fotografico, in quanto ciò che conta non è tanto il carattere dei personaggi, la recitazione o lo spessore dei contenuti ma la collocazione di questi elementi all’interno di quella che può, e deve, essere definita “la dignità dell’immagine”.
L’autore del volume, partendo da questi presupposti, effettua un’analisi iconografica di alcuni dei lungometraggi più importanti del maestro statunitense: da 2001 Odissea nello spazio a Barry Lindon, da Arancia meccanica a Shining, fino a Full Metal Jackett e a Eyes Wide Shut.
Da sottolineare anche l’acuto passaggio critico-analitico in cui De Bernardinis compara l’elaborazione teorica di Stranley Kubrick con quelle di due giganti del pensiero come Walter Benjamin e Franz Kafka.
©CultFrame 03/2004
CREDITI
L’immagine secondo Kubrick / Autore: Flavio De Bernardinis / Editore: Lindau, 2003 / 135 pagine / 16,00 euro / ISBN: 88-7180-491-0
LINK
Filmografia di Stanley Kubrick
The Authorized Stanley Kubrick Website
INDICE DEL LIBRO
La “fotografia della fotografia della realtà” / 2001: Odissea nello spazio / Arancia meccanica /
Barry Lindon / Shining / Full Metal Jacket / Eyes Wide Shut / Bibliografia