Il 23 gennaio 2004 moriva, mentre era alla guida di una macchina nuova e fiammante, Helmut Newton. Si trovava a Los Angeles, una delle molte città che nella sua lunga vita aveva attraversato, frequentato e amato, sia per lavoro che per scelte personali. L’ottantaquattrenne fotografo berlinese se ne andava in una giornata qualsiasi, caratterizzata, come sempre, dal suo supremo e gioioso desiderio di vivere e fotografare.
Di questa figura centrale della storia delle arti visive del Novecento è stato detto tutto e il contrario di tutto. Sulle sue opere si sono scontrati critici e femministe, colleghi e galleristi, intellettuali e giornalisti. Tale fermento intorno alla sua sfera creativa era comunque testimonianza della forza espressiva delle sue immagini e del cristallino talento di cui disponeva. Eppure, cosa rimane oggi nell’immaginario collettivo delle sue fotografie? Viene semplicemente ricordato come l’autore di opere a sfondo erotico, come il poeta del feticismo voyeuristico o il cantore della moda glamour.
Ebbene, tutto ciò è senza dubbio vero ma soffermarsi solo su questi argomenti finisce inevitabilmente per restituire una rappresentazione parziale di un artista che nascondeva nel suo inconscio vicende umane di notevole spessore.
In tal senso, il suo libro, intitolato semplicemente Autobiografia e pubblicato in Italia da Contrasto, contribuisce a rivelare la storia di questo fotografo, individuo dalle mille risorse, una scheggia di autentica umanità lanciata a folle velocità nel pianeta.
Cosa emerge dal racconto della sua vita? Senza dubbio viene fuori una figura estremamente intelligente e brillante, in grado di confessarsi senza pudori e timori. L’autocritica sembra essere la colonna vertebrale di questo libro, un’autocritica a tratti feroce e implacabile che rende, se possibile, ancora più simpatico il personaggio. Newton stigmatizza senza mezzi termini il suo carattere, la sua natura capricciosa (soprattutto in gioventù) e addirittura la sua presuntuosità esistenziale che lo portò in un determinato periodo, precedente alla malattia cardiaca che lo colpì, a concentrarsi esclusivamente su se stesso, alla ricerca di soldi, gloria, fama.
Ma per Helmut Newton il successo non arrivò subito. La sua storia fu segnata dall’avvento del nazismo. Era, infatti, nato in una famiglia ebraica tedesca, perfettamente assimilata e laica. Dovette, così, subire tutte le orrende discriminazioni e vessazioni a cui furono sottoposti gli ebrei durante il regime hitleriano. La sua salvezza fu rappresentata da una precipitosa fuga, pianificata dai genitori, che lo portò prima a soggiornare a Singapore e poi a passare un lungo periodo in Australia, paese di cui divenne cittadino.
Alla luce di queste vicende, l’intera opera newtoniana andrebbe riletta e ricodificata per restituire ai suoi lavori quella profondità espressiva e creativa che alcuni, in maniera superficiale, in qualche frangente gli negano. Il suo universo poetico, in verità, era decisamente complesso, frutto di una stratificazione di esperienze e di dati caratteriali che avevano creato nella sua mente un tessuto emotivo molto particolare.
La sua autobiografia, dunque, appare di fondamentale importanza per comprendere a pieno la reale natura di un percorso artistico e umano non convenzionale. Il testo, oltretutto, è stato realizzato (almeno nella versione italiana) con una cura veramente straordinaria. A cominciare dalla carta utilizzata, fino ai caratteri della stampa, si tratta di un libro elegante e raffinato. Ampio e significativo il materiale iconografico pubblicato, materiale che spazia in tutta la sua carriera e propone alcuni degli scatti più famosi ma anche “ritratti” privati e familiari della sua infanzia berlinese.
Lo stile nitido e tagliente, l’eros molto audace ma non volgare, l’amore per l’universo femminile, il bianco e nero netto e luccicante, l’ironia e la vena vagamente surrealistica, la grande abilità compositiva, sono tutti fattori percepibili nelle opere pubblicate nella Autobiografia, fattori che rendono giustizia a un autore che aveva sempre immaginato un mondo filosoficamente bello e parallelo alla realtà guardando dentro il suo obiettivo, strumento tecnologico, quest’ultimo, in grado di svelare attraverso potenti metafore il groviglio di sentimenti contenuto nel suo animo.
©CultFrame 12/2004
CREDITI
Titolo: Autobiografia / Autore: Helmut Newton / Editore: Contrasto, 2004 / 295 pagine / 28,00 euro / ISBN: 88-89032-24-3
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CULTFRAME. L’immagine femminile e la moda dei calendari
INDICE DEL LIBRO
Prologo
PART 1: LA BIOGRAFIA / CAPITOLO UNO: Infanzia / CAPITOLO DUE: L’apprendistato / CAPITOLO TRE: Singapore, 1938-1940 / CAPITOLO QUATTRO: Australia, 1940-1942 / CAPITOLO CINQUE: L’esercito, 1942-1946 / CAPITOLO SEI: Melbourne, 1946-1956 / CAPITOLO SETTE: Vogue a Londra e Jardin des Modes a Parigi, 1957-1959 / CAPITOLO OTTO: Vogue Australia, 1959-1961 / CAPITOLO NOVE: Vogue Francia, 1961-1983 / CAPITOLO DIECI: New York, Mrs. Vreeland e Alex Liberman, 1965-1973 / CAPITOLO UNDICI: Montecarlo, 1981-1982
PARTE II: LE FOTOGRAFIE / Il mio lavoro
Postfazione / Elenco delle illustrazioni / Nota sull’autore / Il carattere tipografico