Immagini, porzioni di realtà, segmenti di eventi, squarci di vita. I giornali e gli organi di informazioni sono tempestati di fotografie che dovrebbero documentare l’esistente ma che in verità rappresentano, quindi riorganizzano, un fatto attraverso i segni della realtà.
In questo contesto, il fruitore finisce per trovarsi impelagato in una sorta di equivoco universalmente accettato, equivoco che finisce per confondere ancora di più una situazione comunicativa già da sola non limpida.
Inoltre, l’uso dell’immagine come documento di studio della storia implica delle conseguenze ancora più insidiose. Molte sono le discipline che hanno meditato sul senso della fotografia, così come numerosi sono i settori del sapere contemporaneo che hanno adottato la fotografia come strumento indispensabile di analisi. Eppure, “la fotografia non è che uno dei segni visivi della storia, ma per alcuni versi il più enigmatico e certamente il più vicino alla cultura razionalista e scientifica moderna”.
Questo è uno dei punti di partenza dell’interessante e articolato saggio di Gabriele D’Autilia riguardante il rapporto tra storia e fotografia, pubblicato recentemente dalla casa editrice Bruno Mondadori.
L’indizio e la prova, questo il titolo del libro, è un lungo percorso suddiviso in dodici interessanti capitoli. Dalle Origini e natura della fotografia alle Icone popolari, da La “verità” nei media a Il ritratto, fino alla conclusione interamente dedicata al tema centrale del volume.
Uno degli elementi fondamentali affrontati in modo molto chiaro dall’autore riguarda il conflitto fortissimo che è insito nel concetto stesso di fotografia, conflitto tra oggettività e soggettività. Gabriele D’Autilia concentrandosi su questo argomento ha colpito nel pieno centro quella che potrebbe essere definita l’enigmaticità di questa forma di espressione. Sostiene lo studioso: “Anche l’immagine fotografica nasce da una scelta soggettiva ma è realizzata attraverso una macchina, e rappresenta solo un frammento di realtà”. Quest’ultima affermazione risulta di grande rilevanza in un discorso teorico sulla fotografia che non sia contraddistinto da luoghi comuni e idee preordinate. I fruitori di immagini, ma anche coloro che praticano l’arte e la professione della fotografia, dovrebbero in sostanza ricollocare nella loro mente questa disciplina in base al concetto sopra espresso, ripensando a questo strumento di rappresentazione del reale come ad un veicolo espressivo caratterizzato da una profonda ambiguità e destinato ad essere decodificato attraverso innumerevoli metodi analitici ed interpretativi.
Non è un caso, a tal proposito, che nel Codice Civile all’art.2712 si legga: “Le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica dei fatti e di altre cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte on ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
©CultFrame 06/2005
CREDITI
Titolo: L’indizio e la prova – La storia nella fotografia / Autore: Gabriele D’Autilia 7 Editore: Bruno Mondadori, 2005 / 211 pagine / 20,00 euro / ISBN: 88-424-9825-4