La sposa siriana. Un film di Eran Riklis

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

eran_riklis-sposa_siriana1Confini, barriere, reticolati, cancelli, passaggi obbligati, punti di non ritorno. La sposa siriana, film del regista israeliano Eran Riklis, è una vicenda che affronta il percorso doloroso e intenso della separazione e delle scelte individuali; tutto ciò collocato in un contesto umano e ambientale nel quale le tradizioni contano moltissimo e indirizzano le esistenze in maniera rigida.
Le prime inquadrature della pellicola riassumono con un raccordo di montaggio decisamente significativo il senso dell’intera opera: le alture del Golan, in tutta la loro dura bellezza, e il volto pensieroso della protagonista sono elementi connessi e indissolubili, nonostante lo spettro del definitivo distacco sia sempre più vicino e reale.
Dopo questa apertura, già fortemente simbolica, il racconto si evolve su diversi piani narrativi: quello di Mona, la futura sposa che dovrà lasciare la sua terra (forse per sempre), quello della sua sorella maggiore, divisa tra il senso di appartenenza alla comunità drusa e il suo desiderio di essere libera e studiare, e quello del fratello delle due donne, che invece ha già preso la sua strada, trasferendosi a Mosca e sposando una ragazza russa.

Riklis descrive con estrema leggerezza, non senza una punta di ironia, tensioni, litigi, angosce e discussioni, puntando più che sulla psicologia dei personaggi sull’espressività dei loro volti, sempre in grado di comunicare stati d’animo, sofferenze e delusioni.
Seppur caratterizzato da alcune evidenti ingenuità (la figura del fotografo delle nozze, ad esempio), La sposa siriana è un lungometraggio impostato su una dimensione espressiva contraddistinta da due fattori: delicatezza ed equilibrio. Riklis non cade nella trappola di costruire una storia dai connotati politici e si concentra invece sui sentimenti e la rappresentazione delle sfere interiori dei suoi protagonisti, tutti in modo diverso molto avviliti e desiderosi di un futuro migliore.
Questa situazione di afflizione è determinata proprio dalla condizione di sospensione che sono costretti a vivere. La loro terra è contesa e sul loro passaporto c’è scritto: “apolide”. Mona e i componenti della sua famiglia cercano di dare forma alla loro identità, di capire chi sono e cosa vogliono. Così, se la sposa proietta la propria vita al di là del confine, in Siria, la sua amata sorella, trasgredendo ogni regola imposta dalla società drusa del Golan, andrà a studiare finalmente all’Università di Haifa, in Israele. Sembrano decisioni diverse e contrastanti ma in verità così non è, poiché Riklis più che parlarci della separazione politica e familiare, ci racconta la disgiunzione che ogni essere vivente è costretto a sostenere quando decide di vivere fino in fondo il proprio destino, senza timori.

eran_riklis-sposa_siriana2Non mancano in questo film gli affondi nei riguardi della burocrazia. La lunga scena che precede la fine e che ridicolizza le ossessioni “amministrative” di siriani e israeliani è in tal senso esemplare e, oltretutto, permette all’autore di ricomporre il mosaico dei suoi personaggi trovando per tutti un ruolo definitivo.
La sposa siriana alterna situazioni da commedia a passaggi più drammatici, e riserva anche qualche interessante sorpresa sotto il profilo visuale e registico. Riklis sa girare e inquadrare molto bene, tanto che in alcuni frangenti la potenza metaforica delle sue immagini spinge, per fortuna, lo sguardo dello spettatore oltre la patina superficiale della vicenda.
Toccante la sequenza finale, caratterizzata da un movimento di macchina estremamente fluido e da una conclusione onirica e indefinibile, più vicina all’immaginazione della speranza che alla concretizzazione di un destino, forse impossibile.
Se solo gli autori avessero lavorato con un po’ più di attenzione sulla sceneggiatura, probabilmente La sposa siriana sarebbe stato un piccolo capolavoro.

©CultFrame 07/2005


TRAMA

Mona è una ragazza drusa che vive sulle alture del Golan, prese da Israele alla Siria dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967 e successivamente annesse nel 1981. La sua cittadina si chiama Majdal Shams e ospita una cittadinanza molto legata alle tradizioni. Il giorno del suo matrimonio con un attore di soap-opera di Damasco la ragazza si reca insieme ai fratelli e ai genitori al punto di passaggio tra Israele e Siria. Mona dovrà passare dall’altra parte scegliendo, probabilmente, di non rivedere più per molti anni la sua famiglia. Alla fine degli intoppi burocratici rischieranno di far saltare il matrimonio, ma qualcosa accadrà…

CREDITI
Titolo: La sposa siriana / Regia: Eran Riklis / Sceneggiatura: Suha Arraf, Eran Riklis / Montaggio: Tova Ascher / Fotografia: Michael Wiesweg / Musiche: Cyril Morin / Interpreti: Hiam Abbass, Makram Khoury, Clara Khoury, Ashraf Barhom, Eyad Sheety, Evelyn Kaplun / Produzione: Bettina Brokemper, Antoine de Clermont-Tonnerre, Michael Eckelt, Eran Riklis / Distribution: Mikado / Paese: Francia, Germania, Israele, 2004 / Durata: 97 minuti

LINK
CULTFRAME. Il cinema israeliano contemporaneo. Un libro a cura di Maurizio G. De Bonis, Ariel Schweitzer, Giovanni Spagnoletti
Sito ufficiale del film La sposa siriana di Eran Riklis

Filmografia di Eran Riklis
Mikado

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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