Cofanetto Carmelo Bene

SCRITTO DA
David Arciere

carmelo_bene-cofanetto“Il cinema è morto. Filmato per sempre. Non è filmante”. Questa frase, pronunciata da Carmelo Bene, sintetizza in maniera perfetta il controverso “non rapporto” tra il genio del teatro italiano e l’arte del film.
Bene frequentò macchine da presa e set in un ristretto periodo di tempo cha va dal 1968 al 1973.

Un’epoca caratterizzata da un attivismo eccezionale che esaurì la sua caustica cifra iconoclasta in tre cortometraggi e cinque lungometraggi, tutti capolavori.

Il ’68 fu l’anno della sua assoluta affermazione come artista cinematografico (anche a livello critico) con la realizzazione di Hermitage e del suo lavoro più famoso Nostra Signora dei Turchi, opera che alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ottenne il Premio Speciale della Giuria.

Proprio le due opere appena citate sono al centro di un’interessante operazione divulgativa su supporto digitale. Si tratta del cofanetto prodotto da Rarovideo che, oltre alle due opere, contiene un prezioso libretto curato da Enrico Ghezzi che presenta contributi firmati da Adriano Aprà, Jean-Paul Manganaro, Marco Bellocchio e Maurizio Grande, quest’ultimo senza dubbio il più importante studioso italiano dell’opera di Carmelo Bene.


I film in questione sono presentati su due dvd separati, mentre i contenuti extra comprendono brani di notevole importanza. Tra questi il più significativo ci sembra senza dubbio quello relativo alla lunga intervista concessa da Bene a Sandro Veronesi (registrata per la defunta emittente Tele Più 3), nella quale il grande attore/regista parla a ruota libera del suo conflitto con il sistema cinema.

Il tono delle dichiarazioni è come sempre provocatorio e disturbante ma è proprio attraverso questo meccanismo intellettualmente raffinato, questo attrito filosofico, che Bene riesce a comunicare al fruitore la sua destabilizzante, quanto positiva, carica eversiva che si è manifestata in modo palese anche nell’ambito del linguaggio cinematografico.

Le sue opere sono caratterizzate da un uso parossistico, quasi subliminale, del montaggio. Ogni sequenza, in special modo in opere come Salomè e Un Amleto di meno, è costruita su una concatenazione “furibonda” (incontrollata e incontrollabile) di inquadrature che evidenzia la cifra musicale e ritmica dell’espressione beniana.

Nell’esaltazione barocca e delirante del montaggio l’autore nega i codici del linguaggio filmico, li distrugge per ricreare un flusso di significanti che evoca immagini, disperdendole in una convulsa eruzione di non senso.


Cosa è rimasto oggi del cinema di Carmelo Bene? Probabilmente nulla da un punto di vista concreto. Bene, esattamente come aveva sempre detto di volere, non ha lasciato niente, non ha trasmesso niente. D’altronde l’artista salentino non intendeva essere maestro, caposcuola, punto di riferimento per nessuno.

La sua era una ricerca fuori dagli schemi e dalle regole, anarchica, una ricerca in cui la creazione artistica si vaporizzava in una sorta di angosciosa impossibilità della rappresentazione.


La sua scomparsa, verificatasi nel 2002, bloccò per sempre la sua geniale e personale “allucinazione creativa”, consacrandolo nel novero dei maggiori artisti italiani del Novecento.


©CultFrame 03/2006

 

CREDITI

Cofanetto: Carmelo Bene / Film: Nostra signora dei Turchi, Hermitage / Regia: Carmelo Bene / Etichetta: RaroVideo / Collana: Eccentriche visioni / Dvd: 2 / Extra: Intervista di Sandro Veronesi, Una videocosa di Enrico Grezzi, Ai rotoli di Ciprì e Maresco / Libro: A cura di Enrico Ghezzi (bilingue)

 

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RaroVideo

 

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