Un figlio, giovanissimo. Un padre distrutto dalla depressione, ridotto in uno stato catatonico, ormai non più recuperabile. Scene fatte di silenzi, sguardi persi nel vuoto, impossibilità di comunicare. Non sembra esserci via di uscita, non sembra esserci null’altro se non la perdita della coscienza nell’annullamento di un Io, senza più certezze.
In questa situazione drammatica i ruoli si ribaltano, così è il figlio a doversi prendere cura di un genitore totalmente incapace di agire, di muoversi razionalmente nel mondo.
Si tratta di una vicenda penosa e inquietante, forse molto più frequente di quanto possa apparire, molto più diffusa di quanto si possa pensare, in questa società contemporanea in cui l’alienazione e la frustrazione sono fattori che regnano sovrani, incontrastati.
Proprio il racconto di questa piccola storia è al centro del videoclip del brano dei Placebo intitolato Song To Say Goodbye.
E’ un video molto ben organizzato a livello formale e di montaggio. Questo testo audiovisivo ha un respiro cinematografico, soprattutto nella scansione del racconto, tutta incentrata su una suddivisione netta per sequenze, sequenze che risultano tutte perfettamente autonome.
Il rapporto difficilissimo tra un bambino piccolo e il genitore “ammalato” è narrato dal regista Philippe André con un rigore espressivo notevole e un senso della misura raramente riscontrabile nell’ambito dei videoclip contemporanei.
Ogni inquadratura di questo video è pervasa da una sensazione di tristezza profonda che si manifesta nella tragica inespressività del padre e si contrappone all’incredibile comportamento del figlio che si fa carico della condizione dell’amato genitore.
Song To Say Goodbye è un video di grande eleganza registica che però non si limita a colpire superficialmente lo sguardo dello spettatore, andando invece a scavare in profondità, lì dove la coscienza si confronta con la terribile sensazione dell’inutilità di ogni cosa.
©CultFrame 03/2006
CREDITI
Videoclip: Song To Say Goodbye / Interprete: Placebo / Album: Meds / Regia: Philippe André / Etichetta: Virgin, 2006