La vita e l’arte di Tina Modotti sono state abilmente organizzate in forma saggistica in un libro di Elisa Paltrinieri di cui pubblichiamo un estratto, per gentile concessione di Selene Edizioni.
Dalla fine del 1923, Tina affiancò Edward nell’attività quotidiana di ritrattista commerciale, attività necessaria al loro mantenimento. Ai clienti interessava soltanto l’esaltazione della propria bellezza, quindi prediligevano ritratti a mezzo busto, in pose convenzionali, con il viso leggermente di tre quarti, contro uno sfondo neutro e sotto luci controllate. Si trattava di ritratti tradizionali perciò, da un punto di vista stilistico, poco gratificanti. Tuttavia per Tina rappresentarono i primi esperimenti fotografici, la possibilità di impratichirsi con la tecnica.
Per riprendere i clienti Tina usava le stesse macchine fotografiche del maestro, quindi la Graflex 3¼X4¼ pollici di grande formato, con ottica normale e obiettivo Tessar f/4.5 e la Corona 4X5 pollici con ottica normale, delle quali conobbe i limiti (la necessità di riprendere soggetti fermi) così come le possibilità (come la “previsualizzazione”, vale a dire la possibilità di pianificare in anticipo e con precisione il risultato finale grazie all’utilizzo di un negativo le cui dimensioni sono identiche a quelle della fotografia); usava la stessa carta di stampa, la W. & C., con la quale si possono ottenere un’ampia variazione di effetti chiaroscurali, e lo stesso sistema di fissaggio all’esposizione della luce solare.
Perciò, quando Tina ebbe la possibilità di realizzare ritratti a clienti eccezionali (per lo più esponenti dell’avanguardia messicana) con i quali poteva permettersi una maggiore libertà espressiva, aveva la padronanza tecnica sufficiente per creare gli effetti desiderati.
Uno dei primi ritratti scattati secondo questa logica risale probabilmente alla fine del 1923 e ha per soggetto Ricardo Gomez Robelo, al quale Tina era particolarmente legata, perché quell’archeologo messicano partecipava alle serate organizzate a casa Richey ma, soprattutto, perché aveva invitato Robo in Messico e, quando questi era morto, era stato al fianco di Tina e l’aveva ospitata a casa sua durante e dopo la morte del marito.
Si tratta di un primo piano del volto leggermente di tre quarti e abbassato; risalta la nera parrucca la cui attaccatura crea una “v” che viene ripresa dalla linea delle sopracciglia, e risalta l’espressione del viso: gli occhi guardano talmente in basso da sembrare chiusi e la bocca è atteggiata in una teatrale smorfia imbronciata e altezzosamente sdegnata, così pronunciata da creare delle pieghe sia sulle guance sia sul mento. È un ritratto singolare, lontano dalla ritrattistica fotografica dell’epoca sia per la scelta del soggetto ripreso (un uomo vestito da geisha) sia per lo stile. È vicino, invece, ai “volti eroici”, una serie di ritratti che Edward stava scattando nel 1924 ad amici e ad artisti, caratterizzati da una ripresa che inquadra leggermente dal basso la testa del soggetto, contro il cielo, dandone una concezione monumentale.
La somiglianza con i “volti eroici” appare più evidente nella serie di quattro ritratti che Tina dedicò al suo maestro nel febbraio del 1924. Weston compare a mezzo busto e con una macchina fotografica, sull’obiettivo della quale è possibile distinguere nettamente il paesaggio riflesso. Da un punto di vista espressivo si tratta di ritratti efficaci, poiché tutto contribuisce a presentare Edward non tanto come il compagno della Modotti quanto come un “grande” della fotografia. Lo dimostrano, soprattutto, la posa, il volto girato verso destra e le spalle dall’altra parte; è una posa innaturale, quasi teatrale la cui orchestrazione «[…]suggerisce che c’era una collaborazione fra i due fotografi». L’influenza di Weston sull’allieva si avverte anche nella tecnica di ripresa: l’illuminazione è impeccabile, la composizione chiara, il soggetto definito con linee nette e pulite, tutti i dettagli perfettamente a fuoco.
Gli altri ritratti, anche se per la maggior parte scattati in studio, risultano maggiormente diversificati. Tina, infatti, cercava di adattare posa e stile alla personalità o al ruolo della persona ripresa per meglio esprimerla. Perciò, talvolta, ottenne primi piani che evidenziano la femminilità signorile di una donna attraverso la luminosità dello sguardo, come accade nel caso dell’attrice Dolores Del Rio (che le chiede di realizzare un servizio fotografico per promuovere la sua carriera cinematografica che di lì a poco sarebbe decollata). Altre volte, ritratti “ambientati” che esprimono la vulnerabilità e la sensibilità di uno spirito “poetico” attraverso una posa timida e composta e uno stile pittorialista, come nel caso dell’artista di origine francese Jean Charlot.
©Elisa Paltrinieri / ©Yoni srl
CultFrame 04/2006
CREDITI
Tina Modotti. Fotografa irregolare / Autore: Elisa Paltrinieri / Selene Edizioni, 2004 / Collana: l’Altra Metà dell’Arte / 137 pagine / 13,50 euro / ISBN: 88-86267-82-7
INDICE DEL LIBRO
1. Una formazione irregolare / 2. Il problema dell’arte /3. Il giusto equilibrio / 4. Lo standard della perfezione / 5. L’espressione giusta / 6. Il contributo italiano alla riscoperta e alla fortuna critica di Tina Modotti
Note