Fucked Up. Un libro a cura di Gianluigi Ricuperati

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

gianluigi_ricuperati-fucked_upNel capolavoro di Stanley Kubrick Full Metal Jacket, durante una fase della guerra del Vietnam, il protagonista (Jocker) si imbatte in un reparto americano dopo una battaglia. Jocker è un fotografo dell’esercito: documenta con ironia e disperazione repressa l’orrore e l’idiozia della guerra. Ebbene, il giovane fotografo si trova a discutere con alcuni commilitoni che tengono un cadavere di un Vietcong tra di loro, come una specie di giocattolo-trofeo da esibire ogni volta che si vuole ridere e scherzare.
Questo brano dell’opera del maestro americano proietta il nostro pensiero verso un’immagine fotografica nella quale si vedono dei militari statunitensi (probabilmente all’epoca della Prima Guerra del Golfo) che si divertono (e parecchio) accanto a un cadavere carbonizzato di un nemico morto in battaglia. E’ un’immagine sconvolgente che fa emergere la terribile corruzione morale che la guerra porta con sé, e la tragica capacità degli esseri umani di rendere ordinario qualsiasi orrore, anche il più intollerabile.
La fotografia di cui abbiamo appena parlato è inserita nel libro intitolato Fucked Up. Si tratta di un piccolo volume, edito da RCS Libri (Biblioteca Universale Rizzoli – Collana FuturoPassato), e supportato dall’introduzione di Gianluigi Ricuperati e la postfazione di Marco Belpoliti.


In questo libro viene narrata la vicenda singolare del cittadino americano Chris Wilson, il quale nel 2003 creò un sito pornografico con immagini rigorosamente amatoriali inviate spontaneamente da anonimi individui.
All’inizio il sito ebbe la normale vita di uno spazio web dedicato al sesso esplicito, fino a quando, visto che gli USA erano in guerra, Wilson decise di concedere ai soldati impegnati in Afghanistan e in Iraq la possibilità di accedere gratuitamente alle pagine web da lui curate purché inviassero a loro volta delle fotografie scattate in ambito bellico. Così fu. Wilson iniziò a pubblicare decine e decine di fotografie provenienti da Kabul e Baghdad fino a quando iniziò ad essere perseguitato dalle forze dell’ordine, finendo in carcere.

Ebbene, la vicenda giudiziaria di Wilson meriterebbe una riflessione approfondita, nel tentativo di comprendere i meccanismi sociali che governano un paese che si professa da sempre difensore della libertà di espressione e di stampa ma che poi come, ben sappiamo, mette in atto spietate censure e forti pressioni sui mass media.

Ciò che a noi interessa di più in questo caso è comunque il contenuto fotografico del libro.


Il curatore ha pubblicato quattro diverse sequenze. Il meccanismo espositivo (se è possibile definirlo così) ha una sorta di carattere progressivo. Man mano che si va avanti con la visione, l’orrore diventa sempre più grande, fino ad assumere delle proporzioni spaventose.

Lo fotografie sono accompagnate da commenti degli stessi soldati protagonisti. All’inizio del percorso viene presentata la solita chincaglieria bellica: case distrutte, i simboli del potere appena abbattuto, veicoli militari. Poi cambia qualcosa: si vedono militari in divisa che urinano e successivamente fotografie di soldatesse nude che imbracciano mitragliatori alludendo a situazioni di carattere sessuale. L’escalation continua: alcuni marines sparano su una vettura sospetta. Subito dopo la loro azione vanno a verificare le condizioni del conducente, scoprendo che la loro scarica di micidiali proiettili l’ha completamente devastato. Ed ancora: l’immagine di una donna soldato dal seno prosperoso (messo in bella evidenza) che cavalca un missile precede di alcuni fotogrammi lo scatto più impressionante: un kamikaze si è appena fatto saltare in aria. Il corpo di quest’ultimo è smembrato, dilaniato. Un marine si avvicina e prende la testa del kamikaze in una mano. Ecco il commento scritto dal militare che ha inviato la fotografia: “Tutti questi morti, tutto questo sangue, e l’unica cosa di cui avrebbero bisogno sarebbe un po’ di sana passera”.
Le analisi e le riflessioni da fare sarebbero ovviamente molte. Ancora di più le domande a cui vorremo dare una risposta. Perché le istituzioni americane vogliono a tutti i costi nascondere le immagini della guerra alla popolazione? Perché spaventano in particolar modo le fotografie scattate dai militari impegnati in battaglia? All’opposto: ha senso che queste fotografie vengano divulgate? Non si rischia di stimolare la morbosità voyeuristica delle persone facendo vedere corpi orrendamente mutilati?


Non possiamo certo risolvere (teoricamente) tali problemi nello spazio di questo articolo. Ciò che possiamo però affermare è il fatto che tali immagini mettono in apprensione in modo enorme la sfera della politica americana perché sono portatrici di verità indicibili, porzioni di realtà che non sono state manipolate dallo sguardo estetizzante di fotografi professionisti. Le immagini inserite in Fucked Up sono state scattate con macchine digitali commerciali e da soldati che nulla hanno a che fare con la fotografia artistica. Sono sciatte, brutte, approssimative, sfocate, inquadrate male, e proprio per questo profondamente vere. Dunque, si tratta di scatti destabilizzanti che rivelano con estrema precisione cosa sia effettivamente la guerra…quella vera, quella che abbrutisce l’essere umano, sconvolgendo la sua mente, non quella delle favole che ci raccontano i telegiornali e i governanti, quella definita tecnologica e/o “chirurgica”.


©CultFrame 05/2006

 

CREDITI

Fucked Up / Cura: Gianluigi Ricuperati / Postfazione: Marco Belpoliti / Editore: RCS Libri – BUR, 2006 / Collana: FuturoPassato / 148 pagine / 8,60 euro / ISBN: 88-17-00941-5

 

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Casa editrice BUR

 

INDICE DEL LIBRO

Introduzione di Gianluigi Ricuperati
America is advanced citizenship – Che sito è? Cosa serve? Come funziona? – Cosa c’entrano i soldati in Iraq? – Ma cosa è successo realmente? – Perché queste immagini contano? – Che immagini sono? – Possiamo avere un esempio preciso? – E cosa dicono gli altri membri della comunità? – Lo scandalo dov’è? – Come ha reagito il Pentagono? – Cosa dicono queste immagini di tanto importante? – E questo libro come funziona? – Qual è il senso di questo libro tratto dalla rete? – Ma cosa è successo a Christopher Wilson? – Questo sito contribuisce alla libertà d’espressione? – Prima coda – quando le domande finiscono, – Seconda coda – quando le domande ricominciano.
Prinma sequenza – Le persone animate, gli oggetti inanimati. / Quel che resta dell’Iraq e dell’Afghanistan
Seconda sequenza – Essere soldati a Fucked Up Ville. / Un carnevale finto con armi vere.
Terza sequenza – Pulp-non-fiction.
Quarta sequenza – L’oscar del montaggio. Sistemare la guerra alla perfezione
Postfazione di Marco Belpoliti
Genesi – Look! – Trash – Abu Ghraib – Invisibile – Performance – Topolin! – Pudore e banalità

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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