Fatti della Banda della Magliana. Un film di Daniele Costantini

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

daniele_costantini-fatti_banda_magliana1In questa prima fase dell’estate le distribuzioni incominciano a inondare gli schermi di casa nostra di film che, evidentemente, non vengono considerati di punta per ciò che concerne il mercato. Così, oltre a un pezzo da novanta come Gabriele Salvatores (Quo vadis baby), ecco diverse pellicole italiane fare capolino nel sistema (bloccato) delle sale cinematografiche. Tra i titoli, secondo noi interessanti, oltre al sogno naïf di Sergio Citti (Fratella e sorello), è spuntato un lavoro decisamente singolare: Fatti della Banda della Magliana.
E’ un’opera, diciamolo subito, con pregi e difetti, elementi stimolanti ed eccessi un po’ ingenui. Ma ciò che dobbiamo sottolineare è la diversità di questo lungometraggio rispetto alla media del cinema nostrano. Tale positiva dissonanza è determinata sostanzialmente dall’architettura linguistica e formale che l’autore, Daniele Costantini, ha edificato.
Si tratta di un film girato in alta definizione (Hd Panasonic, con inserti in Dv-cam) e costruito su un impianto teatrale molto rigido, dialoghi precisi e una recitazione sopra le righe scientificamente studiata. Dunque, è un prodotto non realistico che non intende porsi in una dimensione oggettiva ma che vuole invece rievocare una storia atroce (che ha insanguinato Roma fino al 1991) in modo anticonvenzionale.
Secondo le intenzioni del regista, Fatti della Banda della Magliana è un lungometraggio nel quale tre diversi linguaggi (cinema, teatro e video) vengono fusi nell’ambito di un territorio espressivo innovativo. Attenzione, non siamo dalle parti dell’ultimo , infinitamente più pomposo e pretenzioso. Costantini ha compiuto, in ogni caso, un’operazione personale, poco frequente in Italia e inserita in un discorso di tipo sperimentale di respiro internazionale.

daniele_costantini-fatti_banda_magliana2La scelte scenografiche e narrative sono suggestive. Tutto è rivissuto attraverso le “confessioni” degli otto capi della feroce banda che comandava a Roma tra la metà degli settanta e i primi anni novanta. La scena si svolge in una stanza, con brevi spostamenti all’esterno o in altro locali chiusi. Gli attori si rivolgono direttamente alla macchina a presa, mettendo in pratica una tecnica di straniamento molto evidente. Il regista, che aveva già portato in teatro la medesima storia, ha scelto di far recitare i suoi attori in un romanesco puro e aggressivo, in un dialetto “borgataro” senza concessioni. Idea quasi scontata, vista l’estrazione dei personaggi principali, idea che però in alcuni passaggi straripa purtroppo nella macchietta comica.
I protagonisti interagiscono tra loro in modo violento e folle: urlano, si spingono, vengono alle mani, si insultano in continuazione. D’altra parte nella realtà, i capi della Banda della Magliana sono morti ammazzati, uccidendosi tra loro, nonostante il rivoluzionario e “democratico” patto di solidarietà che avevano solennemente stabilito all’inizio della loro carriera criminale.
Il tono del racconto è dunque sempre esagerato e parossistico. Questa veemenza è contrastata però da un escamotage stilistico: la macchina da presa è spesso statica. Così, sono i protagonisti a compiere spostamenti sulla scena che forniscono ritmo e dinamismo alle inquadrature.
Non emerge con la giusta chiarezza dal film la complessa rete di connessioni della banda con le trame oscure del Paese (terrorismo neofascista, servizi segreti, massoneria deviata, mafia e camorra, criminalità finanziaria). Costantini, infatti, cerca solo di mettere a fuoco la tragica natura psicologica di alcuni individui che, abbandonata la purezza del sottoproletariato romano (tanto caro a Pasolini), cercarono di effettuare una scalata sociale rifiutando inconsapevolmente il concetto borghese di lavoro sotto padrone e dedicandosi, solo ed esclusivamente, all’arricchimento personale con metodi delittuosi.

Fatti della Banda della Magliana è, come già detto, un film stravagante, estraneo alle forme espressive predilette dal mercato. E’ stato girato interamente nel carcere di Rebibbia, a Roma. Quattro sono gli attori professionisti, mentre tutti gli altri sono detenuti dello stesso Istituto Penitenziario. Il lavoro di preparazione è durato molti anni ed è stato possibile grazie allo studio di quintali e quintali di verbali di processi.
Era necessario che il cinema si interessasse a questo drammatico fenomeno delinquenziale della capitale. Ora aspettiamo il film di Michele Placido basato sulla trasposizione del libro di Giancarlo De Cataldo: Romanzo Criminale.
Sarà interessante notare le differenze tra le due opere e verificare l’eventuale difforme impatto che avranno su pubblico e critica.

©CultFrame 06/2005


TRAMA

Le vicende criminali della Banda della Magliana sono raccontate con precisione grazie allo studio di verbali e alla lettura degli atti istruttori della Procura di Roma. Quindici anni di tragiche attività delittuose nel contesto di una Roma nella quale agivano, in un territorio ambiguo e sommerso, anche terroristi neofascisti, mafiosi, camorristi e grandi spacciatori di droga. Motore della storia è la confessione fiume e agghiacciante di un pentito, uno dei capi della banda arrestato dopo una latitanza dorata in Venezuela.

CREDITI
Titolo: Fatti della Banda della Magliana / Regia: Daniele Costantini / Sceneggiatura: Daniele Costantini / Montaggio: Roberto Martucci / Fotografia: Paolo Ferrari / Scenografia: Luca Servino / Musica: Cristiano Gallo / Interpreti: Francesco Pannofino, Roberto Brunetti, Fabio Grossi, Francesco Dominedò, Leo Gullotta / Produzione: Massimo Martino, Gabriella Buontempo, Silvana Spina per Istituto Luce / Distribuzione: Istituto Luce / Paese: Italia, 2004 / Durata: 95 minuti

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Istituto Luce

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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