Decine di abiti sono appesi al soffitto, altissimo. Sono come corpi svuotati della loro sostanza, la cui materia è stata sostituita da flussi della mente, ricordi fantasmatici. Frasi che riportano alla luce esistenze passate, sofferenze e gioie, esperienze quotidiane ed abissi psicologici, si ripetono meccanicamente e freddamente in un buio enigmatico. E’ come avvertire il suono della nostra coscienza, percepire la forza evanescente della nostra psiche che si diffonde nell’aria e si mescola con le vite altrui.
Lo spazio percorribile è suddiviso da grandi teli plastificati che producono confini attraversabili e sezionano l’ambiente in aree apparentemente separate che però risultano tutte, magicamente, in comunicazione. Inoltrarsi in questo mondo di impalpabili barriere è straniante e toccante, rappresenta un viaggio dentro la vita e la morte.
La morte, appunto, simboleggiata da alcune teche di vetro all’interno delle quali una luce trasmette un senso di immutabilità e mistero. E infine, quando lo stordimento ha catturato il visitatore, un ultimo tocco geniale. In uno spazio ampio e vuoto, pende dal soffitto un cavo elettrico, e alla sua fine una lampadina si accende e si spegne al ritmo di un battito cardiaco amplificato. E’ il battito cardiaco di Christian Boltanski, e quella che avete letto è la descrizione della sua ultima opera in ordine di tempo, opera allestita presso il padiglione Mattatoio del MACRO di Roma e intitolata Exit.
Si tratta di un’installazione, pensata specificatamente, per il grande ambiente espositivo romano che accoglie in questa occasione uno dei maggiori artisti oggi in attività.
Boltanski rappresenta quella parte dell’arte contemporanea che sa utilizzare linguaggi diversi e soprattutto che sa coniugarli con sublime armonia. E ancor di più, l’artista transalpino è esponente di quel pezzo di arte contemporanea che riesce ancora ad esprimere in un equilibrato sistema di segni e sollecitazioni visive suggestioni formali e contenuti. E’ proprio questa la forza dell’arte di Boltanski: saper comunicare al fruitore anche un senso profondo, scioccante, dell’opera che appare connessa alle questioni fondamentali della nostra esistenza: la vita, la morte, la memoria.
Anche nel caso di Exit questi tre elementi sono chiaramente relazionati da un impianto espositivo che è orchestrato per abolire le barriere tra opera e visitatore e per trasportare chi percorre l’installazione più che nell’universo interiore dell’artista, nel labirinto della propria coscienza, della sensibilità individuale. Tutto senza retorica e strutture ridondanti e banalmente simboliche.
Sugli smisurati teli di plastica che scendono dal soffitto, attraverso quattro proiettori e altrettanti lettori dvd, sono proiettate immagini sfuggenti, quasi sempre incomprensibili. Si tratta di un video intitolato 6 Septembres, costituito da sequenze di repertorio, di eventi significativi e tragici, tutte prese da telegiornali mandati in onda ogni 6 di settembre, dal 1944 (anno di nascita dell’artista francese) al 2004.
Il fattore autobiografico, dunque, anche in questa occasione sembra occupare un livello molto importante nell’opera di Boltanski. E certamente, in parte è così. Ma non bisogna cadere nell’errore di considerare il lavoro di Boltanski esclusivamente autobiografico. La sua poesia si situa, infatti, in un territorio universale in cui le esperienze individuali si trasformano in percezioni collettive, in angosciosi baratri non di un solo soggetto ma dell’intera umanità.
Sostiene Boltanski: “La maggior parte delle opere che faccio oggi sono un po’ come delle partizioni, simile a delle partizioni musicali che possono essere suonate e risuonate modificandole in funzione al luogo e allo spazio”.
Con questa dichiarazione, l’artista conferma la complessità compositiva e concettuale delle sue elaborazioni espressive, e anche la duttilità della sua concezione di installazione che fatalmente si nutre delle caratteristiche dei diversi luoghi in cui sono di volta in volta ospitate.
©CultFrame 07/2006
IMMAGINI
1 Christian Boltanski. Andrea Breth, Jean Kalman. Nächte unter Tage, 2005. Ruhr Triennale Kokerei Zollverein Essen, Germany. Photo Bernd Uhlig
2 Christian Boltanski. Les fantômes d’Odessa, 2005. I Moscow Biennale of Modern Art. Courtesy Marian Goodman Gallery, New York/Paris
3 Christian Boltanski. 6 septembres, 2005. Vue d’installation Musée d’Art moderne de la Ville de Paris. ©Ina. Photo Christophe Fouin. Courtesy Marian Goodman Gallery, New York/Paris
INFORMAZIONI
Dal 22 giugno al 15 settembre 2006
MACRO al Mattatoio / Piazza Orazio Gustiniani 4, Roma / Telefono: 065742284
Orario: martedì – domenica 16.00 – 24.00 / chiuso lunedì
Cura: Danile Eccher
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