Tra i molti film che riguardavano l’Estremo Oriente presenti nel cartellone ufficiale della 63a Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, senza dubbio il titolo che più ci ha interessato è stato La stella che non c’è di Gianni Amelio.
Senza voler togliere nulla al lungometraggio vincitore a sorpresa del Leone d’oro, Still Life di Jia Zhangke (vecchia conoscenza del Lido), ci è sembrato Amelio l’autore che ha saputo elaborare il ritratto più profondo sulla Cina contemporanea. Stranamente la giuria presieduta da Catherine Deneuve (che ha partorito alcuni verdetti poco comprensibili, vedi la Coppa Volpi a Ben Affleck), ha totalmente ignorato questa ennesima ottima prova del regista calabrese nonché la straordinaria interpretazione di Sergio Castellitto, attore che sta maturando sempre più.
Probabilmente i “difetti” de La stella che non c’è sono essenzialmente due: quello di non essere un film stilisticamente forte, impressionante, ed anche quello di far procedere il racconto senza sostanziali colpi di scena, se non uno conclusivo forse prevedibile. È in sostanza una vicenda che si evolve attraverso una riflessione visuale che si distende grazie ad una sorta di doppia contemplazione, ad opera del suo protagonista.
Il personaggio di Vincenzo Buonavolontà vive una duplice esperienza: la prima esteriore, relativa alla scoperta di un mondo sconosciuto e fortemente diverso rispetto a quello a cui lui è abituato, la seconda interiore, concentrata su una sorta di perdita di sé generatrice però di una catarsi sconvolgente e positiva.
Il lungo e paradossale viaggio di Vincenzo in una Cina profonda, e quasi spaventosa, è sostenuto dalla presenza della delicata Liu Hua (ruolo ricoperto da Tai Ling), una giovane interprete che con la sua dolcezza finisce per coinvolgere Vincenzo in un rapporto affettivo, fatto di silenzi, sguardi, e sensazioni spesso introiettate. E’ proprio grazie a Liu Hua che il protagonista riesce a conoscere se stesso e a esplorare con altro sguardo un universo umano che inizialmente lo respinge. Lo spirito che guida Vincenzo in Cina è determinato da un misto di coscienza professionale e di supponenza. Quando finalmente riesce a trovare la grande azienda cinese a cui vuole far avere il pezzo miracoloso da lui concepito per il macchinario comprato in Italia (pezzo difettoso alla fabbricazione) scopre che il suo tentativo è totalmente inutile, presuntuoso (i cinesi hanno già risolto tranquillamente il problema da soli).
Con questo escamotage, Amelio e lo sceneggiatore Umberto Contarello, hanno messo in evidenza una delle caratteristiche peggiori degli italiani, cioè la convinzione di essere i migliori, in certi campi, e che l’Italia sia il centro del mondo. Vincenzo, nel suo peregrinare pratico e simbolico, scopre con stupore che alcuni cinesi non sanno neanche cosa sia e dove stia l’Italia e che la nostra lingua viene considerata “minore”.
Una presa di coscienza, quella della marginalità dell’Italia, che incredibilmente finisce per rafforzare la personalità di Vincenzo, proprio perché lo mette di fronte al sua estrema debolezza. In questo, il film di Amelio è fortemente orientale, più di quanto si possa immaginare.
© CultFrame 09/2006
TRAMA
Vincenzo Buonavolontà è un tecnico di un’acciaieria italiana che sta per essere dimessa. Gli impianti sono stati acquistati dai cinesi, i quali trasferiranno tutto nel loro paese. Vincenzo conosce però un difetto di una macchina importantissima, e solo lui ha il rimedio. Decide così di partire per la Cina, dove spera di entrare in contatto con i vertici dell’azienda cinese per dare loro l’ingranaggio che potrebbe salvare l’impianto. E’ accompagnato nel suo percorso dalla giovane Liu Hua, una ragazza che conosce l’italiana e che gli fa da interprete. Alla fine dopo mille peripezie, Vincenzo scoprirà che forse il suo tentativo è stato inutile professionalmente anche se incredibile dal punto di vista umano.
CREDITI
Titolo: La stella che non c’è / Regia: Gianni Amelio / Sceneggiatura: Gianni Amelio, Umberto Contarello / Fotografia: Luca Bigazzi / Montaggio: Simona Paggi / Scenografia: Attilio Viti / Musiche: Franco Piersanti / Interpreti: Sergio Castellitto, Liu Hua / Produzione: Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz / Distribuzione:01 Distribution / Paese: Italia, 2006 / Durata: 104 minuti