Paul Verhoeven è sempre stato un regista che sapeva il fatto suo. Anche quando girava dei blockbusters hollywoodiani, pellicole come il thriller Basic Instinct, i fantascientifici Starship Troopers, Robocop e il dickiano Atto di forza, per citare alcuni dei suoi grandi successi, la sua firma è sempre stata la garanzia di uno spettacolo più intelligente di quelli che ci propongono molti suoi colleghi americani. Con Black Book torna dopo 20 anni a girare in patria, in Olanda, e ancora una volta ci troviamo davanti ad un film che raccoglie tutto il meglio (e il peggio) di questo autore. Perché Paul Verhoeven, nonostante quello che si crede, è un autore completo. L’ambiguità dell’animo umano è uno dei temi preferiti del regista e in questo caso, come nei suoi lavori migliori (ed europei) Spetters e Il quarto uomo, arriva a livelli vertiginosi. Paul Verhoeven ha sempre fatto cinema guardando verso i grandi registi di stampo anglosassone. Alfred Hitchcock, David Lean, il Lang americano, per fare qualche esempio, hanno ispirato i racconti di questo storyteller, che è riuscito poi a mescolare questi riferimenti con la grande tradizione, più prettamente europea, a cominciare da Bergman e Eisenstein, per arrivare fino a Federico Fellini (“i movimenti di macchina in Showgirls sono puro Fellini” ci ha detto lo stesso regista). E ovviamente da questi ha imparato a creare film che si districano a più livelli. E Black Book ne contiene almeno due.
Una prima lettura storica che accetta le regole del “gioco” del cinema e poi l’analisi delle dinamiche che si creano tra i vari personaggi, anche e soprattutto privi di retorica, all’interno di un epico racconto cinematografico. Forse questo è stato il maggior errore di Verhoeven (che perdoniamo), cioè di attribuire ad una delle più grandi tragedie del secolo scorso, quella della Shoah, la “leggendaria” ambiguità dell’essere umano, anche se in una dimensione realistica, che certo, in un momento storico come questo, particolarmente delicato e incline ad un bieco e selvaggio revisionismo, non meritava. Ma non sappiamo come sono andate le cose in Olanda. Perché Verhoeven attraverso una costruzione narrativa di ferro, anche se un po’ rozza (e questo forse il suo maggior difetto), e l’uso sapiente di un gruppo di attori in stato di grazia, vuole parlare soprattutto di sentimenti e principi come il tradimento, l’amore, il dovere, l’avidità, l’incapacità di essere risoluti, la moralità, attraverso personaggi animaleschi e torbidi, come in tutto il suo cinema, che fanno della loro vita un pericoloso girone dantesco.
Black Book è puro racconto morale, cinico e consapevole, in cui non ci sono vittime, con l’esclusione della bellissima protagonista, l’ebrea Rachel, ma solo carnefici. Chi crede che episodi come quello raccontato dal regista olandese, siano dei casi più unici che rari si illude. In paesi come l’Olanda, la Grecia, la Jugoslavia, la Francia il collaborazionismo e l’inginocchiarsi davanti alle truppe occupanti è stato fenomeno purtroppo molto comune, almeno quanto la resistenza. E Paul Verhoeven, provocatore nato, ha voluto sottolinearlo.
Black Book non è un film manicheo e non è un film che vuole revisionare la tragedia della Shoah ma vuole mettere l’Europa davanti alle sue responsabilità. E le ultime immagini di questa pellicola, immagini straordinariamente moderne, in cui il neo formato stato di Israele si deve (ancora, e sempre) difendere sembrano una tragica profezia tardiva e sono l’amara ammissione che l’Europa ha fallito (ancora oggi) nel suo intento di pace.
©CultFrame 02/2007
TRAMA
In Olanda, nell’estate 1944, Rachel, una giovane cantante ebrea, decide di tentare insieme ai suoi familiari e ad altri la fuga via mare per raggiungere i territori già liberati dagli alleati. Il gruppo però viene intercettato dai soldati nazisti e i componenti vengono sterminati uno ad uno. Unica ad essere scampata, Rachel decide di raggiungere i partigiani olandesi e di unirsi a loro. Il suo più grande desiderio è quello di vendicarsi della morte dei suoi familiari e di tornare libera. Rachel riesce ad infiltrarsi tra i tedeschi e a conquistare la fiducia dell’ufficiale nazista Müntze.
CREDITI
Titolo: Black Book / Titolo originale: Zwartboek / Regia: Paul Verhoeven / Sceneggiatura: Gerald Soeteman, Paul Verhoeven / Fotografia: Karl Walter Lindenlaun, Acs, Bvk / Montaggio: Job Ter Burg, James Herbert / Interpreti: Carice Van Houten, Sebastian Koch, Thom Hoffman, Halina Reijn, Derek De Lint, Waltemar Kobus / Produzione: U Works Productions Hector, Motel Films Clockwork Pictures, Egoli Tossell Film / Distribuzione: DNC Entertainment / Paese: Olanda, 2007 / Durata: 139 minuti
LINK
Sito ufficiale del film Black Book di Paul Verhoeven