Edward Burtynsky ci accattiva. Con le sue fotografie scattate al banco ottico dalla composizione e dall’equilibrio cromatico perfetto, ci attira nel suo universo e ci trattiene ad osservare. Finché non ci rendiamo conto che ciò che vediamo è – sì – esteticamente molto forte, ma soprattutto ricco di significati, quesiti e riflessioni.
Manufactured Landscapes – in mostra al Centre Centre Culturel Canadien di Parigi – ha valso all’artista nel 2004 il TED Prize (California), il Premio Outreach dei Rencontres internationales de la photographie di Arles ed il Roloff Beny Book Prize (Ontario). Diversi premi sono stati assegnati anche a Jennifer Baichwal, regista del documentario Manufactured Landscapes, consacrato al lavoro del fotografo canadese.
Le Manufactured Landscapes sono parti di territorio trasformate dall’uomo. Si tratta di cave, pozzi di petrolio, zone industriali, dighe.
La serie sul Three Gorges Dam Project ci rende partecipi di uno dei grandi cambiamenti in atto in Cina: la costruzione della più grande centrale idroelettrica al mondo, la Three Gorges Dam, che implicherà, entro il 2009, lo spostamento forzato di più di un milione di persone dalle sponde del fiume. Per un attimo ci si chiede se le stampe non siano in bianco e nero. E il grigio infatti, un grigio intenso, a dominare alcune delle fotografie di questa serie. Il dubbio è fugato nel momento in cui scorgiamo una piccola auto rossa e dei bipedi vestiti di vari colori nell’immensità del paesaggio. E difficile capire se gli uomini – spesso accovacciati sulla struttura o intenti a picconare – non stiano tentando di salvare qualcuno dopo un terremoto o un bombardamento. Piccole strutture di fortuna, tende e parti di costruzioni in muratura emergono da questo mare di terra e detriti. L’impressione che se ne trae è di uno stato di emergenza. Il punto di vista ricorda quello adottato da Roger Fenton nelle fotografie degli accampamenti durante la Guerra di Crimea : l’occhio del fotografo leggermente sopraelevato permette un’identificazione sommaria degli elementi che compongono l’ambiente descritto ed invita l’occhio a spaziare, ad immaginare simili immense distese oltre l’orizzonte indefinito.
Gli scatti effettuati sulle cave di marmo di Carrara dipingono un paesaggio predominato da linee nette disegnate dai tagli nella roccia, da cavi tesi da una parte all’altra della superficie. Le vedute sono quasi aree, i colori naturali del marmo contrastano fortemente con quelli forti delle vetture, dei containers e dei macchinari costruiti dall’uomo che sono per lo più monocolori, tanto da assomigliare a dei modellini in scala. La natura è molto più disordinata, ricca di sfumature.
In queste vedute l’essere umano è lontano, appena percettibile, così come gli attrezzi, agli utensili che gli sono propri. Ma il paesaggio « fabbricato » (traduzione di « manufactured ») appare come vasto, immenso, incommensurabile.
©CultFrame 07/2007
IMMAGINI
1 ©Edward Burtynsky. Rock of Ages n. 15. Active Section, E.L. Smith Quarry, Barre, Vermont, 1992. Courtesy Flowers East Gallery (London), Galerie Stefan Röpke (Köln), Galeria Toni Tàpies (Barcelona)
2 ©Edward Burtynsky. Carrara Marble Quarries n. 24, Carrara, Italy, 1993. Courtesy Flowers East Gallery (London), Galerie Stefan Röpke (Köln), Galeria Toni Tàpies (Barcelona)
INFORMAZIONI
Dal 31 maggio al 25 agosto 2007
Centre culturel canadien / 5, rue de Constantine, Parigi / Telefono: +144432190
Orario: martedì – venerdì 10.00 – 18.00 / giovedì 10.00 – 21.00 / sabato 14.00 – 18.00 / Ingresso libero
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