Control. Un film di Anton Corbijn

SCRITTO DA
Claudia Colia

anton_corbijn-controlGirare un film biografico sull’avventura personale e musicale di un cantante rock divenuto oggetto di culto è sempre un’impresa rischiosa. E’ spesso difficile fornire una descrizione appropriata del personaggio senza cadere in vizi di forma o inesattezze, e la possibilità di contaminazioni dovute al giudizio degli autori, nonché il pericolo di fornire una versione stereotipata di un determinato periodo storico, sono sempre in agguato.

Control, la pellicola sulla vita di Ian Curtis, cantante dei Joy Division morto suicida nel 1980, alla vigilia del tour americano che avrebbe dovuto sancire la celebrità della band new wave, è un esperimento ben riuscito ed onesto.

Il regista del film è Anton Corbijn, già acclamato fotografo, concept designer e regista di videoclip, il quale ha lavorato con moltissimi musicisti della scena britannica, tra cui Depeche Mode, Echo the Bunnymen e U2, debuttando nel 1979 proprio grazie ad un servizio fotografico sui Joy Division, che includeva una delle immagini più significative della band inglese.


Un film onesto quello di Corbijn, basato su testimonianze di prima mano, non solo dei membri del gruppo, divenuti poi New Order, ma anche di amici e familiari, tra cui la vedova di Ian, Deborah Curtis, co-produttrice della pellicola e autrice del libro di memorie (“Touching from a Distance”) dal quale Matt Greenhalgh ha tratto la sceneggiatura.

Corbijn riparte dal suo lontano debutto fotografico, narrando la vita di Ian Curtis in un bianco e nero sgranato, dai contrasti lirici ed evocativi. Una lucida monocromia che non è solo consona allo stile del regista, ma tipica di quell’epoca di sperimentazioni musicali, essendo in bianco e nero praticamente quasi tutte le immagini legate alla band.

Sam Riley interpreta magistralmente l’anima sensibile e goffa di Curtis ed è affiancato dalla bravissima Samantha Morton, nel ruolo altrettanto arduo della moglie Deborah. La musica è ovviamente protagonista, ma la storia si concentra soprattutto sulla breve vita di Ian, sul suo bisogno di controllare le insanabili e drammatiche dicotomie dell’esistenza: l’ambizione contro l’incapacità di reggere al peso della celebrità, il matrimonio in fallimento contro la passione incontrollabile per la giornalista belga Annik Honoré, la fertile creatività ed il talento poetico contro l’epilessia e la depressione, acuitesi l’un l’altra tra alcol e medicinali, senza uno spiraglio di aiuto o di speranza dall’esterno, fino all’atto estremo del suicidio.
In Control, il protagonista non è mai ritratto come l’eroe maledetto, il genio prono all’autodistruzione. Corbijn evita di fantasticare sulla vita di Curtis, ne rievoca invece con rispetto la personalità sensibile ed emotiva, da poeta romantico, fino alla liricità della scena finale. La purezza essenziale e tagliente del bianco e nero regala al provinciale distretto di Macclesfield, al semplice arredamento middle-class, alle fumose e sporche sale da concerto e ai più futili dettagli, un tono intimo e superbo.

 

anton_corbijn-control2Anche la scelta stilistica di non interrompere la narrazione con l’inserimento di brani originali del gruppo, ma di filmare la band virtuale in presa diretta (Riley e compagni hanno imparato a suonare i pezzi inclusi nel copione per le scene sia in studio che dal vivo) si rivela un espediente naturalistico ben riuscito. L’atmosfera di quegli anni è dunque rievocata evitando banali clichés, grazie all’inserimento di brani pertinenti (tra cui Bowie e Sex Pistols) ed l’inimitabile apparizione del poeta punk John Cooper Clarke nel ruolo di se stesso.

Il film, nella perfetta mescolanza di energia e malinconia, non riesce tuttavia ad andare in profondità. Alla fine di quasi due ore di proiezione resta comunque la sensazione di uno strano vuoto, che neanche la musica riesce a colmare. Forse perché, per catturare l’essenza di una vita e il mistero di un suicidio, non basta una magistrale fotografia, bisogna tuffarsi fino in fondo nell’inquietudine di un animo in tumulto, sacrificando la perfezione e l’eloquenza a favore del coinvolgimento emotivo.


©CultFrame 10/2007

 

 

IMMAGINI

1 Sam Riley. Control di Anton Corbijn. ©Weinstein Company
2 Sam Riley &Alexandra Maria Lara. Control di Anton Corbijn. ©Weinstein Company


TRAMA

Nell’Inghilterra degli anni ’70, il giovane Ian Curtis, soffre i limiti di una piccola città di provincia, ma nutre delle aspirazioni. Nel desiderio di emulare eroi come David Bowie e Iggy Pop, si unisce ad una band e intraprende una nuova avventura. Ben presto, però, le emozioni e preoccupazioni di tutti i giorni, quelle che, all’inizio, avevano alimentato la sua creatività, cominciano lentamente a consumarlo. Sposatosi giovanissimo e già padre di una bambina, Ian è distratto da una nuova relazione sentimentale e pressato dalle aspettative del gruppo, mentre l’epilessia, la depressione e i sensi di colpa lasciano sempre più spazio alla disperazione.

CREDITI

Film: Control / Regia: Anton Corbijn / Sceneggiatura: Matt Greenhalgh. Deborah Curtis / Fotografia: Martin Ruhe / Musica: Warsaw, Joy Division, New Order / Scenografia: Philip Elton / Interpreti: Sam Riley, Samantha Morton, Alexandra Maria Lara, Toby Kebbell, Joe Anderson, James Anthony Pearson / Produttore: Anton Corbijn, Orian Williams / Distribuzione: Momentum Pictures / Paese: Gran Bretagna, 2007 / Durata: 122 minuti

 

LINK

Il sito di Anton Corbijn

 

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Claudia Colia

Claudia Colia si è laureata in Storia dell’Arte presso l'Università "La Sapienza" di Roma e nel 2003 si è trasferita a Londra, dove ha conseguito un Master in Contemporary Art Theory presso il dipartimento di culture visive della Goldsmiths University. Si occupa di scrittura, critica e didattica dell’arte e collabora con diverse istituzioni museali londinesi. Ha recensito mostre per testate online e cartacee ed è corrispondente di attualità per la trasmissione di Rai Radio2, Caterpillar. Dal 2006 fa parte della redazione di CultFrame - Arti Visive.

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