È molto interessante il modo i cui è stato lanciato sul mercato l’ultimo film di Pupi Avati: Il nascondiglio. Oltre al lungometraggio, è stato anche distribuito, nel mercato editoriale, un romanzo dal titolo identico, pubblicato da Mondadori. Si tratta di due opere artisticamente compiute, il cui rapporto è di sostanziale derivazione (il film dal romanzo). Questa scelta sta a significare quanto sia importante per un regista come Pupi Avati, la fase dell’ideazione e della scrittura, passaggio che evidentemente l’autore bolognese considera necessaria per poter portare a temine un film che sia narrativamente equilibrato.
Il nascondiglio (film) rappresenta per il cineasta emiliano un ritorno al passato, a quel genere horror-thriller che aveva frequentato con successo soprattutto nella prima parte della carriera (Balsamus, l’uomo di Satana – 1968, La casa dalle finestre che ridono – 1976, Zeder -1983). Tale scelta appare significativa in un periodo, come quello attuale, nel quale il cinema di genere, di medio-alto livello, in Italia sembra non riuscire a farlo (produrlo e girarlo) più nessuno. Avati è un cineasta solido e capace, in grado di esprimersi ottimamente proprio nel territorio del genere, attraverso un cinema fruibile da tutti ma anche per certi versi visivamente e contenutisticamente raffinato.
Come in altre opere di Avati, vero personaggio centrale della storia è una casa misteriosa. Si tratta di un luogo spaventoso ed enigmatico nel quale arriva all’improvviso una persona il cui equilibrio mentale è decisamente precario. Attraverso questo innesto di un “personaggio” nell’altro, Avati riesce a costruire un’atmosfera di tensione, di paura e di angoscia. L’autore gioca sulla fragilità della protagonista (una dignitosa Laura Morante) e sulla sua lotta interiore (ed esteriore) per dimostrare che ciò che le accade nella casa in cui vive non è frutto del ritorno improvviso della sua malattia mentale.
Il nascondiglio è un lungometraggio realizzato con grande professionalità e grazie alla conoscenza perfetta che Pupi Avati ha del genere horror-thriller. Contribuisce ad alimentare la sensazione di straniamento dello spettatore il contesto ambientale in cui è situata la vicenda: una cittadina isolata dell’Iowa, anonima e rarefatta (in verità Davemport), i cui abitanti sembrano tutti nascondere qualcosa.
Come già affermato, Il nascondiglio è un prodotto ben eseguito e confezionato. Questo, però, è probabilmente il suo limite, così come una certa prevedibilità delle svolte del racconto. Sta di fatto che questo film è uno dei pochi lungometraggi italiani realmente piazzabili nel mercato estero (e anche americano). Vedremo.
©CultFrame 11/2007
TRAMA
1957. Durante una paurosa tempesta di neve, viene effettuato un delitto orrendo in una casa isolata dello Stato dell’Iowa. Dopo oltre cinquanta anni, in quella casa chiusa per moltissimo tempo arriva una donna di origine italiana che intende utilizzarla per viverci ma anche per aprire un ristorante. Tutti la sconsigliano, ma lei decide che quella è la sede adatta per la sua attività. Per la fragile donna sarà l’inizio di un terribile incubo.
CREDITI
Film: Il nascondiglio / Titolo inglese: The Hideout / Regia: Pupi Avati / Sceneggiatura: Pupi Avati / Fotografia: Pasquale Rachini / Montaggio: Amedeo Salfa / Scenografia: Giuliano Pannuti / Musiche: Riz Ortolani / Interpreti: Laura Morante, Rita Tushingham, Burt Young / Produttore: Antonio Avati / Distribuzione: 01 Distribution / Paese: Italia, 2007 / Durata: 100 minuti
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Sito ufficiale del film Il nascondiglio