All’interno della 13ma edizione del MedFilm Festival, che si tiene a Roma fino al 18 di Novembre, abbiamo avuto l’occasione di incontrare un vero maestro del cinema. Visto che la Grecia è uno dei due ospiti d’onore della nuova edizione del festival, la presenza di Theo Angelopoulos è obbligatoria. Il maestro greco ha ricevuto il premio alla carriera, che ha dedicato alla memoria di Marcello Mastroianni. Noi lo abbiamo incontrato.
Maestro, all’interno della vetrina greca ci sono ben tre suoi film: La recita, Il volo e L’eternità e un giorno. Sono dei film che la rappresentano?
Il regista forse è la persona meno indicata per dire quali sono i film che preferisce oppure che, come dice lei, lo rappresentano. Amo tutti i miei film ma sono particolarmente contento che si vedrà La recita, che per tutti è il mio capolavoro, visto che in Italia non viene proiettato dagli anni ’70.
Crede che i paesi del Mediterraneo abbiano una anima comune?
Ti racconto una cosa: Avevo appena finito di girare O Megalexandros (ndr nel 1980) e un prete piuttosto colto, era infatti professore universitario, mi ha invitato a Cagliari per accompagnare l’uscita del mio film. Ci sono andato molto volentieri e parlando con questo prete è uscito il tema del Mediterraneo. E lui mi ha detto che non credeva all’esistenza dei singoli paesi ma soprattutto all’idea di un unico paese formato da tutti gli stati che si affacciavano sul mediterraneo. E’ una idea poetica ma molto efficace.
Continua a girare allo stesso modo fin dal suo primo film Ricostruzione di un delitto. Oggi sembra che lei voglia contrastare un certo stile piatto e perché no, televisivo.
Non giro in piani sequenza per contrastare la televisione. Questo tipo di conflitto tra cinema e televisione non esisteva all’epoca in cui ho introdotto questo mio stile di ripresa, quaranta anni fa. Ho semplicemente sperimentato questo stile nel mio primo film, l’ho trovato congeniale al mio modo di fare cinema, e da allora, non l’ho più abbandonato. So che il cinema di oggi si basa su un ritmo più veloce, so che gli spettatori possono non seguirmi. Ma ormai sono troppo vecchio per cambiare.
Riconosce periodi più o meno felici in questi quaranta anni di cinema?
Dal punto di vista stilistico, no. Ma dal punto di vista contenutistico divido la mia opera in due periodi ben distinti. Un primo che arriva fino agli anni ’80 in cui la storia con la S maiuscola è il protagonista e un secondo che arriva fino ad oggi e che lascia la Storia in sottofondo per concentrarsi sul individuo e i suoi interrogativi esistenziali.
Ha già cominciato a girare la seconda parte della sua trilogia?
Comincio fra qualche giorno. Sono in partenza per il Kazakistan.
E’ li che sarà ambientato il film?
Non solo. Iniziamo col Kazakistan perché è la location più difficile. Ma poi andremo in Russia, Germania, e ovviamente a Roma dove creeremo in studio il confine tra gli Stati Uniti e il Canada. La Polvere del tempo sarà un film su gli ultimi 50 anni della storia dell’Europa.
E gli interpreti?
Ormai il cast è stato scelto. Irene Jacob, Willem Dafoe, Bruno Ganz e uno straordinario Michel Piccoli.
©CultFrame 11/2007
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