Painting of Modern Life. Mostra a Londra

SCRITTO DA
Claudia Colia

andy_warhol-electric_chairL’esordio della fotografia sembrò minare alle basi la pittura come atto di interpretazione del reale. Quello che invece accadde fu l’instaurarsi di una fertile e vivace dicotomia tra i due mezzi espressivi, i cui confini si sono fatti via via sempre più labili e indistinti. Così, se da un lato la pittura, indirizzandosi prima verso l’astrattismo, come reazione al realismo fotografico, si è volta poi alla reinterpretazione realistica o iperrealistica della società moderna, d’altro canto la fotografia ha seguito un percorso inverso, fino ad assumere qualità grafiche e pittoriche.

Molto spesso i rapporti tra fotografia e pittura presentano caratteri comuni, in una sorta di osmosi, per cui se la rappresentazione che abbiamo del mondo è ormai mediata da foto, film e video, la pittura ora si serve di quelle immagini per reinterpretare il nostro modo di relazionarci ad esso.


The Painting of Modern Life, mostra in programma alla Hayward Gallery, si pone in maniera ambiziosa come la prima indagine approfondita sull’uso e traslazione dell’immaginario fotografico in pittura negli ultimi cinquant’anni.

Il punto di partenza è fissato negli anni Sessanta, con i lavori di artisti che reagirono all’ortodossia dell’espressionismo astratto, primo fra tutti un iconico Andy Warhol, con la sua ripetizione drammatica dell’incidente stradale fotografato nella Contea di Orange e quella degli scontri razziali di Los Angeles. Sono anni in cui gli artisti fanno ricorso alle foto di giornali, riviste, film e pubblicità, in una crescita esponenziale di soggetti e possibilità espressive. In Gerhard Richter il processo di revisione della realtà è assolutamente non referenziale, la foto è un punto di partenza per una narrazione altra, che nel tessuto pittorico caratterizzato da molteplici linee orizzontali, sembra svanire in un atto di cancellazione parziale, che spinge lo spettatore a voler vedere di più. Richter afferma di praticare la fotografia attraverso mezzi alternativi, annullando le differenze e invertendo le relazioni. Simile approccio sembra essere alla base dei lavori di Richard Hamilton, che, tra il 1968 e il 1969, basandosi su una foto sfocata di un evento accaduto poco tempo prima, l’arresto del mercante d’arte Robert Fraser e del cantante Mick Jagger, per possesso di stupefacenti, ritrae i personaggi mentre vengono portati via nell’auto della polizia. In Hamilton la luce del flash dei paparazzi si materializza nel metallo delle manette, la visione sintomatica della Londra di quell’epoca si basa sul gioco di parole del titolo, che richiama la rivoluzione culturale Britannica, ma anche il peso della sentenza.

Si prosegue poi con i lavori di Luc Tuymans, generati da molteplici fotocopie o Polaroid di bassa qualità, in cui la sfiducia nel valore delle immagini come dato reale è storia contemporanea, che siano le immagini documentarie di prigionieri durante la prima Guerra del Golfo o la passeggiata di Hitler nel suo rifugio bavarese, esaltata da toni di luce romantica.


robert_bechtle-pontiacVija Celmins reinventa le foto per ottenere una qualità diversa, servendosi di spunti e soggetti particolari, come un’automobile a Pearl Harbor, un aeroplano in Vietnam o l’autostrada fotografata dal volante. Immagini dinamiche, che conservano una qualità intrinseca di immutabile staticità, accentuata dalla resa materica del mezzo pittorico. Controllo e distacco, l’atto di guardare come registrazione degli stati psicologici nello spazio. Il nuovo ruolo del pittore è quello di spettatore fuori dalla situazione che viene ritratta, osservatore privilegiato e, al contempo, outsider.

Judith Eisler si serve del fermo immagine come momento per investigare un evento altrimenti non discernibile, mentre Elisabeth Peyton reinterpreta, idealizzandole, le celebrità dell’attualità e dello spettacolo, da John Lennon alla Regina Madre, unendo ai toni vibranti dei colori ad olio pose e atteggiamenti tipici della fotografia di moda.

La mostra si chiude sulla reinvenzione della foto familiare, un qualcosa di convenzionale e ripetitivo, ma intensamente personale, che nei lavori di artisti come Hamilton o la già citata Peyton assume valore di archetipo, rappresentando lo spazio occupato nel mondo da amici e familiari come composizione iconica, dagli effetti variamente intimi o formali.


©CultFrame 12/2007

 

 

IMMAGINI

1 Andy Warhol. Big Electric Chair, 1967. Silkscreen and acrylic on primed canvas. (c) Licensed by the Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc/ARS, New York and DACS London 2007. Courtesy Froehlich Collection, Stuttgart
2 Robert Bechtle. ’61 Pontiac, 1968-69. Oil on canvas. (c) Robert Bechtle. Courtesy Whitney Museum of American Art, New York

 

INFORMAZIONI

Painting of Modern Life

Dal 4 ottobre al 30 dicembre 2007

Hayward Gallery / Southbank Centre, Londra /  Telefono: 8703800400

Tutti i giorni 10.00 – 18.00 / Venerdì e sabato 10.00 – 22.00 / chiuso 24-26 dicembre / Biglietto: £ 8.00

Cura: Ralph Rugoff

 

LINK

Hayward Gallery, Londra

 

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Claudia Colia

Claudia Colia si è laureata in Storia dell’Arte presso l'Università "La Sapienza" di Roma e nel 2003 si è trasferita a Londra, dove ha conseguito un Master in Contemporary Art Theory presso il dipartimento di culture visive della Goldsmiths University. Si occupa di scrittura, critica e didattica dell’arte e collabora con diverse istituzioni museali londinesi. Ha recensito mostre per testate online e cartacee ed è corrispondente di attualità per la trasmissione di Rai Radio2, Caterpillar. Dal 2006 fa parte della redazione di CultFrame - Arti Visive.

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