Esistono delle storie emblematiche in grado di analizzare il senso profondo dell’esistenza, della sofferenza umana, della solitudine, della morte? La risposta è sì. La prova è il film di Sean Penn, presentato nella sezione “Première” nell’ambito della seconda edizione della Festa del Cinema di Roma.
L’attore-regista americano è arrivato nella capitale con il suo quarto lungometraggio in una Festa che non ha riservato grandi sussulti emotivi. Il suo film è una sorta di manifesto della ribellione ma è anche una parabola pessimistica sull’illusione della libertà e della felicità. La vicenda illustra una scelta estrema e assoluta. Rinnegare totalmente il consumismo, il capitalismo, ma anche il concetto stesso di comunità, finanche quello di società. Il tutto per calarsi in una dimensione primordiale che faccia avvicinare l’animo umano all’essenza della vita. Visto così, il racconto al centro di Into the Wild potrebbe assumere delle connotazioni quasi reazionarie, poiché nella costante negazione del valore di ogni cosa sembra perdere di significato anche il concetto di solidarietà. Ma così non è. Sean Penn, infatti, non dà una veste ideologica alla storia di Christopher. Evita accuratamente qualsiasi aggancio con le sovrastrutture culturali che hanno dominato il genere umano da almeno duecento anni a questa parte. La ricerca del protagonista è incondizionata, definitiva, e dunque per questo tragica; poiché nella compiutezza parossistica della sua scelta di isolamento è contenuta anche una condanna, non tanto alla morte, comunque inevitabile, quanto piuttosto all’impossibilità di condivisione dei sentimenti. Poco prima di morire, Christopher scrive con fatica su un foglio: “la felicità non è reale se non si condivide”. È questo il fulcro contenutistico del film, il centro di una riflessione che, oltretutto, prende spunto da una vicenda realmente accaduta.
Christopher è alla ricerca della libertà vera. Nessun obbligo verso la società, nessuna attenzione verso i genitori e la famiglia. È un fuga all’inizio entusiasmante, poi sempre più cupa, fino a una conclusione inevitabilmente drammatica. Nel suo vagabondaggio in giro per gli USA, il ragazzo incontra più volte personaggi che tentano di aprirgli gli occhi, di guidarlo verso una maturazione che per forza di cose deve avvenire in fretta, prima che accada l’irreparabile. Il nocciolo contenutistico riguarda il concetto stesso di libertà, che cessa di esser tale quando per ottenerla a tutti i costi si finisce per distruggere le vite degli altri. La libertà, così, da sogno quasi metafisico si può trasformare in un’orrenda prigione, una prigione arida che respinge ogni sentimento, ogni emozione, anche quella che può regalare la violenta concretizzazione davanti ai propri occhi dell’anarchia del mondo naturale. Christopher (nel suo viaggio si cambia il nome in Alex) si immola per tutti noi, cerca l’assoluto ma finisce in un vicolo cieco; pensa di aver capito tutto ma invece continua ad essere “miope”, come qualsiasi essere umano. La natura non è bella né buona, è semplicemente come deve essere, in tutta la sua folle insensatezza e fantasmagoria di forme di vita.
Sean Penn caratterizza Into the Wild grazie a uno stile potente e coinvolgente. Raffigura la natura come se a ogni inquadratura volesse comunicarci il suo stupore, la sua attrazione ma anche la sua feroce paura. Ogni immagine veicola una forza espressiva travolgente, forza che è messa abilmente in contrapposizione alla reale e disperata fragilità del protagonista.
Into the Wild dura la bellezza di 148 minuti, ma il fruitore rimane attaccato a ogni sequenza in maniera totale, poiché il regista riesce a spingere lo spettatore a immedesimarsi incredibilmente con il personaggio centrale. Penn racconta la scelta di Christopher/Alex, ma in verità descrive i desideri di tutti noi, quei desideri che ci piacciono e ci spaventano. Se proprio dovessimo trovare il pelo nell’uovo, potremmo indicare la presenza di alcune inquadrature ridondanti nell’economia della progressione del racconto, ma l’eccesso di immagini appare, ad un’attenta lettura, in sintonia con lo “straboccante” senso della vicenda.
Sean Penn ha dimostrato con questa ultima opera di essere un autore più che maturo, uno dei più acuti e coraggiosi cineasti in attività.
© CultFrame 10/2007 – 01/2008
TRAMA
Christopher è un giovane di buona famiglia che si laurea a pieni voti. Il ragazzo è però un ribelle: detesta i genitori, gli schemi della società, il consumismo becero. Il suo sogno è quello di lasciare tutto e andare a vivere nelle foreste dell’Alaska in totale solitudine e in perfetta armonia con la natura. Un giorno abbandonerà la sua casa e inizierà a vagabondare per gli USA (senza dare alcuna notizia ai genitori), fino a quando si sentirà pronto per affrontare l’Alaska. La sua avventura finale inizia mentre si inoltra in una natura incontaminata e selvaggia. Arriverà fino a una radura dove incredibilmente troverà un vecchio bus abbandonato. Questo rottame nella foresta diverrà la sua casa.
CREDITI
Film: Into the Wild / Regia: Sean Penn / Sceneggiatura: Sean Penn / Fotografia: Eric Gautier / Montaggio: Jay Cassidy / Scenografia: Derek R. Hill / Musiche: Mickael Brook, Kaki King, Eddie Wedder / Interpreti: Emile Hirsch, William Hurt, Marcia Gay Harden, Jera Malone, Vince Vaughn / Produttore: Sean Penn, Art Linson, William Pohland / Paese: USA, 2007 / Durata: 148 minuti
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Filmografia di Sean Penn