Che l’immagine fotografica si presti facilmente a divenire uno strumento formidabile di propaganda politica – sia per la sua natura polisemica sia per l’irrazionale e radicata fiducia, che l’essere umano continua istintivamente a riporre in ciò che vede – è cosa risaputa.
La stessa sua natura di “frammento”, estratto da una realtà più vasta e composita, rende la fotografia soggetta a un’apertura semantica, che lascia ampio spazio di manovra a chi intenda approfittarne; ed è prassi antica, quella che quotidianamente vediamo in opera – attraverso i vari media – di costruire un diffuso consenso politico, ora per gli uni ora per gli altri, coi mezzi della comunicazione visiva.
Non è nemmeno strano che il linguaggio delle immagini non avesse segreti già prima della diffusione degli studi massmediologici, cui oggi siamo soliti far riferimento. In fondo, la fotografia si è trovata a rilevare una funzione propagandistica appartenuta alle arti sin dai tempi più antichi, approfittando del presunto status di fedele specchio della realtà, che i suoi mezzi di produzione in apparenza avvalorano.
Di scritti che analizzano accuratamente tale questione alla luce dei visual studies, soffermandosi anche in analisi puntuali e “letture” di immagini-campione, ce ne sono molti; ma spesso finiscono per rivolgersi ad un pubblico di specializzati.
Ad un lettore medio sarà, invece, sicuramente più proficua e gradita la lettura di Luce sulla guerra, un libro di recente uscita, pubblicato dalla Nuova Arnica Editrice.
Questo saggio di Stefano Mannucci sulla “rappresentazione ufficiale” della realtà in età fascista tramite la fotografia, senza le pesantezze di eccessi analitici, offre – infatti – una buona visione paradigmatica del potere strumentale, che può acquistare l’immagine fotografica nelle mani di esperti “comunicatori” allo scopo di indirizzare e gestire i sentimenti, come le opinioni, di un popolo, assoggettandolo senza che nemmeno se ne avveda ai poteri forti.
E‘ di fatto una piccola storia dell’Istituto Luce, organo fotografico di Stato per Decreto Regio del 1929, il quale fino al termine della Seconda Guerra Mondiale deterrà il monopolio assoluto sulla produzione e distribuzione delle immagini fotografiche (e cinematografiche) in Italia.
In effetti, si rivela essere la storia dei suoi serrati rapporti (di dipendenza assoluta) con il Minculpop, il Ministero della Cultura Popolare (già ufficio stampa del Duce).
Con una narrazione snella e godibile – storiograficamente supportata da un’ampia documentazione e da un ottimo apparato bibliografico, cui fanno riferimento frequenti note a piè di pagina – Mannucci accompagna i suoi lettori passo passo attraverso i retroscena della propaganda di regime, avendo cura di concentrarsi in particolare sugli anni di guerra.
Mostrando con grande evidenza, quello che – allora come ora – può essere l’effetto persuasivo di una “semplice” foto, e come un’avveduta gestione propagandistica possa trasformarla da realtà parziale (in tutti i sensi) nell’unica e sola verità, soprattutto grazie a una censura attenta a spazzar via ogni immagine ritenuta portatrice di significati eterodossi.
© CultFrame 02/2008
CREDITI
Luce sulla guerra / Autore: Stefano Mannucci / Editore: Nuova Arnica Editrice, 2007 / 152 pagine / 15,00 euro / ISBN: 9788877726285
SUL WEB
INDICE DEL LIBRO
Cap. 1 Breve storia dell’Istituto Luce
Nascita e ruolo dell’Istituto Luce / I rapporti con il Minculpop / La fotografia tra documento e propaganda
Cap. 2 La rappresentazione del conflitto
L’organizzazione del Reparto Guerra / L’Italia entra in guerra / La campagna in Russia e la rappresentazione della sconfitta
Cap. 3 La costruzione del fronte interno
La dichiarazione di guerra / La rappresentazione del fronte interno / Dal marzo del 1943 ai «quarantacinque giorni» di Badoglio
Cap. 4 Immagini di Salò e della Resistenza
Il trasferimento a Venezia / Le principali tematiche della rappresentazione / La politicizzazione della morte