La produzione saggistica relativa alla disciplina fotografica è certamente in crescita in Italia. La questione centrale, però, riguarda la qualità e la profondità di tali studi, spesso non in grado di proporre idee innovative e neanche di sviluppare un discorso storico-sociologico capace di fornire al lettore un quadro complessivo sugli influssi che questa forma di comunicazione visuale ha avuto, e ha ancora, sulla società.
Tra i maggiori, e più preparati, studiosi di questo argomento vi è senza alcun dubbio Giovanni Fiorentino. Docente di Sociologia della Comunicazione presso l’Università della Tuscia, Fiorentino si occupa da diversi anni delle influenze dei mass media sulla società contemporanea e passata. Ricordiamo ad esempio il suo bel libro L’occhio che uccide. La fotografia e la guerra (Meltemi, 2004), ampia e puntuale riflessione sul rapporto spesso controverso tra espressione fotografica e conflitti bellici moderni.
Ebbene, il percorso analitico e di studio di Fiorentino è approdato questa volta a un tema di grande interesse. L’autore ha, infatti, scelto di andare al cuore di quell’apparato di connessioni che nel XIX secolo legò la fotografia e lo sviluppo sociale. Stiamo parlando del libro intitolato L’Ottocento fatto immagine, saggio edito da Sellerio, composto da undici diversi capitoli e una corposa bibliografia.
Scorrendo le pagine di questo volume si può cogliere con molta precisione la prosa elegante, articolata e curata che Fiorentino utilizza anche durante i suoi interventi pubblici. Per gli studiosi di fotografia questo testo appare come una sorta di piattaforma storico-teorica che permette di proseguire il percorso nell’evoluzione della storia della fotografia attraverso il Novecento. L’autore elabora il suo “viaggio fotografico ottocentesco” fornendo al lettore molti e precisi dati storici, ma la sua analisi non si limita a ciò. L’aspetto significativo del testo è la contestualizzazione sociologica degli eventi. Proprio tale scelta consente al lettore di farsi un’idea circostanziata sulle origini della comunicazione di massa e sui meccanismi che nell’Ottocento hanno portato alla diffusione della fotografia. Fiorentino evidenzia come la fotografia riesca a incunearsi nella società ottocentesca occupando spazi comunicativi concreti ma anche stimolando i movimenti artistici alla produzione di nuove forme espressive.
Tra i molti passaggi fondamentali del libro, uno ci ha colpito in particolar modo: “Tra le scienze e le belle arti, la fotografia nasce storicamente con la borghesia e per la borghesia, risponde all’esigenza di dare corpo a un fantasma di classe divenuto fantasma culturale. E’ l’immagine che riveste di dignità visiva e riconoscibile l’esigenza di affermazione della classe borghese”. La borghesia dunque, secondo Fiorentino, “scelse” la fotografia come strumento della sua stessa auto-rappresentazione, nella consapevolezza che “vedere acquista il significato di sapere” e che “l’immagine diventa strumento di seduzione e conoscenza”.
Fermo restando che questo “incontro” tra fotografia e borghesia sembra essere il nucleo tematico dello studio di Giovanni Fiorentino, appare altresì necessario affermare come L’Ottocento fatto immagine sia un libro che evidenzia anche le motivazioni per cui la fotografia, come mass medium del XIX secolo, portò un cambiamento nell’immaginario sociale e addirittura nella percezione dell’identità.
Nonostante possa sembrare un libro solo per specialisti, quest’ultimo titolo firmato da Giovanni Fiorentino è assolutamente gradevole e leggibile anche da un semplice appassionato. E questo è un pregio che pochi saggi contemporanei sulla fotografia, e sui mass media, possiedono.
©CultFrame 04/2008
CREDITI
L’Ottocento fatto immagine / Autore: Giovanni Fiorentino / Editore: Sellerio, 2007 / Collana: Le parole e le cose / 184 pagine / 15,00 euro / ISBN: 88-389-2241-1
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