L’aggettivo che dà il titolo alla mostra è tratto da uno still del video Filum (2007, b/n) in cui l’artista cileno Felipe Aguila scrive su un foglio effimero – epi + hemera. Derivato dal greco ephemeros, che letteralmente significa di un solo giorno, cioè che dura un solo giorno, nella sfumatura di significato che il titolo sottende, Effimera indica tutte le cose che hanno breve durata, che sono fugaci, caduche. In effetti il discorso intorno al quale ruota il progetto della mostra, comincia con il video Breve catalogo de hojas perdidas (2005, colore) nel quale l’artista gioca con il doppio significato della parola spagnola hojas, che può indicare sia -foglie- che -fogli-. Sulla base di questa ambiguità etimologica il primo piano, spesso sfocato, su una piccola pianta domestica che con il passare del tempo perde via via tutte le sue foglioline, diventa la metafora del rischio, con il trascorrere del tempo, di perdere i fogli del libro della propria memoria. Alle immagini dei dettagli della piccola pianta si sovrappongono frasi fuori campo che, quasi sottovoce, intrecciano e sovrappongono parole e discorsi pronunciati in lingue diverse. L’effetto è quello di una polifonia di voci, calde, calme, eppure cariche di una tensione drammatica, una delle quali pronuncia le parole Ci uccideranno” o “cancelleranno i nostri ricordi”, comunque perderemo la nostra identità. Questa frase emblematica, tratta da una animazione giapponese, enfatizza la percezione dell’artista che l’assenza di ricordi sia equivalente ad una sorta di azzeramento della vita. Il video, in effetti, è caratterizzato da una narrazione fatta di frammenti di discorsi, legati l’uno all’altro dall’immagine della pianta in primo piano e da una sonorizzazione, elaborazione digitale di vecchie registrazioni provenienti dalla memoria passata dell’artista, che fa da contrappunto acustico alle parole pronunciate dalle voci fuori campo.
Filum, proiettato su due monitor posti l’uno di fronte all’altro, costringe chi guarda ad una visione intermittente per seguire appunto il -filo- che lega le immagini. La visione parallela, ma al tempo stesso diacronica dei due video, alla cui forte essenzialità narrativa contribuisce la scelta del bianco e nero, ha qualcosa di molto cinematografico. Questa dimensione, in Filum, è sottolineata da un sonoro tutto in presa diretta.
Il video è un racconto per immagini che scorrono in parallelo. Da una parte un uomo maturo che avanza nonostante il forte vento caldo di un deserto, dall’altra un uomo più giovane che cammina in una situazione metereologicamente opposta, tra i ghiacci di un paesaggio di montagna. Il deserto di Atacama, nel Cile settentrionale, da un lato, il Parco del Gran Paradiso, in Italia, dall’altro. A partire da queste due immagini, il discorso sulle radici e quindi sulla memoria e sull’identità, si sviluppa attraverso un montaggio che in parallelo segue le due figure maschili in diversi momenti della giornata, passando da una dimensione domestica ad una pubblica, da una lavorativa ad una di svago, da una di solitudine ad una di folla.
La chiave di lettura di Filum, video il cui titolo è significativamente in latino, è in effetti, in quei brevi frames in cui, oltre all’aggettivo italiano effimero, che dà il titolo alla mostra, viene scritta in forma di appunti l’etimologia di parole spagnole significative come recordar (recordare), nombre (nomen – nomn) e raiz (radix), su un foglio a righe su cui si legge l’intestazione del Banco del Estado del Chile e, parallelamente, quella delle corrispondenti parole italiane, su un foglio a quadretti. In sottofondo, a basso volume, della musica classica diffusa da una radio.
Nei poco più di sei anni che vivo lontano dal posto dove sono cresciuto – spiega l’artista – mi rendo conto che il mio modo di pensare è cambiato non solo dal punto di vista linguistico, ma che anche il senso di appartenenza verso una certa cultura si indebolisce, come se mi trovassi fuori da qualsiasi contesto. Questo stadio mi permette di guardare le cose con una certa distanza, la distanza di chi si trova fuori e non in mezzo alle cose.
A quel punto le immagini che scorrono in parallelo, di un padre, Marcelo Aguila, e di suo figlio Felipe che compiono sincronicamente gesti quotidiani come farsi la barba davanti allo specchio, camminare per strada in mezzo alla gente, lavorare in ufficio o in studio, o riposarsi, si rivelano un modo per l’artista di ricercare e analizzare lo status della propria identità a partire dalle radici familiari. Un poetico tentativo di conservare un filum, nonostante il contesto sociale, linguistico e culturale in cui l’artista è immerso, sia diverso da quello di appartenenza, e in continuo divenire. Fanno da contrappunto visivo al video Filum, alcuni disegni realizzati dall’artista con un tratto di grafite estremamente sintetico, al tempo stesso incerto e sprezzante, che dà, specie ai ritratti, un effetto quasi caricaturale, di matrice espressionista.
©Francesca Referza, curatrice della mostra
CultFrame 05/2008
IMMAGINI
1 e 2 Felipe Aguila. Breve catalogo de hojas perdidas, 2005, colore. Still dal video
3 Felipe Aguila. Filum, 2007. Still dai video
INFORMAZIONI
Felipe Aguila – Effimera
Dal 5 aprile al 17 maggio 2008
One Piece Art / Via Cappuccio 3, Milano / Telefono: 063244575
Martedì – sabato 15.30 – 19.30 o su appuntamento
Cura: Francesca Referza
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