Oggi è difficile trovare dei capolavori al cinema. I capolavori ormai appartengono o all’area classica oppure a quella sperimentale. Dato che ormai al cinema non si fa ne l’uno ne l’altro…. Comunque sia, il delizioso Once dell’irlandese John Carney è un gran bel film e questo non è cosa da poco. Fare oggi un’opera su una storia d’amore ordinaria e vestirla con la musica evitando elementi pacchiani alla Moulin Rouge, tanto per capirci, significa amare il cinema con tutto il cuore. E John Carney è uno dei quei tipi lì. Di quelli che amano un lungometraggio come The Clock di Vincente Minnelli, che adorano Lola di Jacques Demy, che non possono fare a meno di pellicole come Ladri di Biciclette di Vittorio De Sica, che trovano indispensabili i film di uno come François Truffaut e venerano Robert Altman. Insomma, se nel 2008 ti metti a rispolverare la vecchia ricetta di boy meets girl senza nessun happy end forzato e fai cantare ai tuoi interpreti una serie di balads eleganti e toccanti, o sei matto o sei un genio. John Carney appartiene piuttosto alla seconda categoria. Ma Carney è anche un regista coraggioso, così schizza appena i suoi personaggi, in maniera semplice e lineare. Non passa mai, come è successo in una miriade di altre pellicole, allo zucchero e alla melassa. Evitando le scene madri da tragedia incombente, fa entrare la disillusione e tutto ciò che la ragione comporta. Sarà solo la consapevolezza che porterà allo spezzamento del sogno e a costringere i personaggi ad una scelta, dolorosa, difficile, complessa, che è direttamente legata al proprio futuro, al bisogno di realizzazione e alle regole che la società impone.
La vita, che fino a quel momento sembrava essere generata dalla musica, diventa assoggettata alla quotidianità attestandosi su un dolce equilibrio che, seppure sottovoce, non smette mai di consumare il proprio messaggio di speranza e di amore. E visto che aveva sotto mano un musicista coi fiocchi come Glen Hansard, dei Frames (noto gruppo della scena dublinese) arriva, con la canzone Falling Slowly, l’Oscar 2008 per la miglior canzone originale. Il resto dei premi, tra cui quello del pubblico alla Sundance 2007, è dovuto alla regia ariosa, essenziale e mai banale di John Carney che evita alla sua pellicola le trappole del sentimentalismo e, dato il budget limitato, anche quelle della messa in scena povera e paratelevisiva, come accade in molte pellicole italiane che seguono le stesse tracce di Once.
© CultFrame 06/2008
TRAMA
Dublino, giorni nostri. Lei è un’immigrata dell’est, un’eccellente pianista costretta a fare la colf per mantenere la figlioletta e che ha scelto Dublino per cominciare una nuova vita; lui uno straordinario cantante di strada che per sfamarsi ripara aspirapolveri nel negozio di suo padre. Entrambi hanno un sogno nel cassetto, lei di avere un pianoforte tutto suo, lui quello di incidere un disco con le sue canzoni; canzoni che ha scritto per una donna speciale che l’ha appena lasciato per trasferirsi a Londra, facendolo piombare nella disperazione.
CREDITI
Film: Once / Regia: John Carney / Sceneggiatura: John Carney / Fotografia: Tim Fleming / Scenografia: Tamara Conboy / Musica: Glen Hansard, Markéta Irglovà / Montaggio: Paul Mullen / Interpreti: Glen Hansard, Markéta Irglovà, Hugh Walsh, Gerard Hendrick / Produzuzione: Martina Niland, Summit Entertainment, Samson Films / Distribuzione: Sacher / Paese: Irlanda, 2007 / Durata: 91 minuti
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