Sono due le immagini emblematiche del libro di Pietro D’Agostino intitolato Una qualità ritrovata (Mercanti Editori).
La prima. Si tratta di un’inquadratura realizzata alle Cascate di Monte Gelato a Mazzano, in provincia di Roma. Il centro dell’immagine è occupato da una sorta di abisso nerissimo e inquietante, contornato da rami e foglie illuminate da una luce decisamente forte. La seconda. In questo caso, lo sguardo del fotografo si è spostato alle Selve di Guadagnalo a Capranica Prenestina (sempre nei dintorni della capitale). Questa volta il fulcro dello scatto è un cerchio imperfetto, probabilmente ricavato da un tronco vuoto, al cui interno la natura si palesa ma non si svela, poiché una potente sfocatura cancella ogni nitidezza visuale.
Due prove visive emblematiche spingono questo lavoro di Pietro D’Agostino ben oltre la pur plausibile e oggettivamente valida interpretazione che emerge con chiarezza dal saggio introduttivo di Chiara Proietti, la quale sostiene: “In questi scatti, Pietro D’Agostino, ha indagato la sua realtà, nel tentativo di restituircene un’immagine serena, lontana, dai frenetici ritmi giornalieri”.
Ebbene, proprio lavorando sulle possibili interpretazioni del lavoro di D’Agostino, si evince una doppia dimensione di senso. Da una parte il rapporto paritario e rasserenante con la natura, nell’ambito del quale lo sguardo del fotografo è parte integrante del sistema naturale che si mostra senza sovrastrutture ai suoi occhi. Dall’altra la questione ben più oscura dell’inconscio e del mistero dell’esistente, questione che a nostro avviso rappresenta il fattore più significativo di questo ampio lavoro.
La nostra sensazione è che Pietro D’Agostino più che ritrovare se stesso nella natura, più che inseguire una sensazione di serenità ritrovata, si sia abbandonato a un cammino interiore nel quale gli elementi visibili sono altrettanti simboli di una (sub)coscienza stratificata e molto articolata. D’Agostino si perde (fortunatamente) invece di ritrovarsi, si inoltra in una dimensione psichica nella quale lo sguardo è strumento di indagine che poco ha a che fare con il concetto di realtà. In tal senso, sono esemplari le fotografie nelle quali l’autore si sofferma sul sublime caos che esprime il bosco. Rovi, alberi, massi, foglie, tutti elementi attraversati dalla luce ma che a ben guardare risultano totalmente incomprensibili.
Il parallelo tra il mistero espresso da un bosco selvaggio e il subconscio è evidente e colloca D’Agostino in linea anche con una certa tendenza del cinema thriller psicologico degli ultimi anni. Ricordate il magnifico The Village di N. Night Shyamalan? Anche in quel caso la natura rappresentava allo stesso tempo un rifugio e un luogo di desideri e paure. La bramosia della conoscenza e l’angoscia del nulla, la struttura concreta dell’esistente e l’impossibilità di decifrare tale struttura se non cedendo al desiderio (erotico) di lasciarsi avvolgere dal tutto. Lo sguardo in queste immagini di Pietro D’Agostino si fa corpo, materia inspiegabile tra altra materia inspiegabile.
Pietro D’Agostino nelle sue peregrinazioni laziali ha dunque compiuto una specie di percorso psicoanalitico, di dialogo con se stesso e con il (non) senso dell’esistenza, abbandonandosi alla paura dell’abisso, del buio, del caos, e alla bellezza insensata e ferocemente soave della natura. Il fatto che sia la luce, con tutta la sua tagliente violenza, a scolpire questa condizione di indeterminatezza non fa che aumentare, anche da parte del fruitore, la volontà di inoltrarsi senza remore in questi luoghi inestricabili, nascosti e solo apparentemente sereni.
©CultFrame 07/2008
IMMAGINI
Fotografie di Pietro D’Agostino
CREDITI
Titolo: Una qualità ritrovata / Autore: Pietro D’Agostino / Testo critico: Chiara Proietti / Mercanti Editore, 2007 / Collana: Segni / Cura edizione: Studio Abbadessa Mercanti / 115 pagine / 50 immagini / ISBN: 9788895079059
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