Tony Manero è indubbiamente un gran bel film. E lo è non solo per il fatto che affronta un tema importante come quello della dittatura, in questo caso quella di Pinochet e delle sue nefaste conseguenze sul popolo, e nemmeno perché prende in esame una serie di personaggi talmente sgradevoli da essere più reali di quelli veri ma anche perché girato dal suo autore, Pablo Larrain, con uno stile che ricorda certi piccoli grandi capolavori del cinema americano di quei anni ’70, così corrosivi e pungenti da risultare indispensabili. Esattamente come Tony Manero.
Analfabeta, violento, silenzioso e profondamente amorale, ecco chi è Raul: un uomo alla ricerca di un riscatto impossibile che ottenere attraverso l’incarnazione del mito del Travolta/Manero. Ma la sua ossessione è unicamente tesa a un evento risolutivo: una gara televisiva come sosia appunto del personaggio de La febbre del sabato sera. Il tutto ambientato in una squallida periferia in cui gestisce una discoteca ancora più squallida.
Raul, un po’ come l’Al Pacino di Quel pomeriggio di un giorno da cani, arriverà a compiere una serie di gesti estremi che comprendono anche l’omicidio per soddisfare la sua fame atavica di successo; successo che cerca attraverso un programma televisivo misero, talmente misero da assomigliare a molti altri odierni. Perché in fondo quello che vuole raffigurare Pablo Larrain attraverso questo suo “quasi horror sociale” è da una parte come la dittatura di Pinochet abbia fatto nascere smarrimento, perdita di identità, cinismo e svuotamento del senso morale in questi uomini braccati dalla polizia segreta e costretti a vivere senza leggi o certezze. Dall’altra, l’impossibilità della fuga, forse mai veramente voluta dal suo protagonista. E ciò evidenzia l’ambiguità di una situazione già impossibile.
Larrain intelligentemente trasforma, recuperando anche i colori saturi del film di Badham, tutta quella critica sociale in una riflessione sul condizionamento profondo che subisce l’individuo ad opera del totalitarismo. E l’immagine di questo Tony Manero non più flessuoso e bello ma, come un Dorian Gray, invecchiato e triste, è di quelle che non si dimenticano.
©CultFrame 01/2009
TRAMA
Santiago del Cile, 1978. Raúl Peralta, un uomo non più giovane, è ossessionato dall’idea di impersonare il protagonista di un recente film americano che sta spopolando nelle sale di un paese già da molti anni governato dal generale Augusto Pinochet. Si tratta del Tony Manero di Saturday Night Fever (1977), ovvero La febbre del sabato sera.
Raúl, assieme ad un piccolo gruppo di ballerini sul retro di uno scalcinato bar di periferia, praticamente ogni giorno, si esercita sui passi da disco music del suo idolo. Quando un famoso programma televisivo, trasmesso sul canale nazionale, annuncia un concorso per trovare dei Tony Manero cileni il suo sogno sembra a portata di mano. Il febbrile tentativo di raggiungere la ribalta televisiva non si ferma praticamente davanti a niente.
CREDITI
Film: Tony Manero / Regia: Pablo Larrain / Sceneggiatura: Pablo Larraín, Alfredo Castro, Mateo Iribarren / Fotografia: Sergio Armstrong / Montaggio: Andrea Chignoli / Scenografia: Polin Garbizu / Musica: The Bee Gees, Juan Cristóbal Meza, José Alfredo Fuentes, Frecuencia Mod / Interpreti: Alfredo Castro, Amparo Noguera, Héctor Morales, Paola Lattus, Elsa Poblete / Produzione: Fabula Productions, Prodigital / Distribuzione: Ripley’s film / Paese: Brasile, Cile, 2008 / Durata: 98 minuti
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Sito italiano del film Tony Manero