In un periodo in cui non si fa altro che parlare di esperienze creative multimediali, non può che venire in mente il nome dell’israeliano Ran Slavin.
Musicista e videoartista, Slavin percorre una strada espressiva di grande modernità e di profonda complessità. Consapevole del valore del linguaggio musicale e perfettamente a suo agio nel mondo dell’immagine, Slavin ha creato un proprio stile espressivo perfettamente in linea con le tendenze del cinema sperimentale e artistico di questo primo decennio di secolo.
Nato nel 1967 a Gerusalemme e diplomato all’Accademia Bezalel, Ran Slavin vive e lavora attualmente a Tel Aviv. Il suo percorso umano l’ha portato ad attraversare tre continenti e a fare esperienze in città luoghi come Singapore, San Francisco e Londra.
L’autore israeliano ha esposto a Tel Aviv, Haifa, Milano, Parigi, Kassel, Berlino, Linz, Madrid, Cracovia, Amsterdam, New York e molte altre città, in giro per il mondo.
La sua ultima opera è un film sperimentale in continua evoluzione e costante trasformazione. Sto parlando di Insomniac City, opera visuale di raffinata elaborazione nell’ambito della quale Slavin realizza un proprio percorso onirico all’interno di una paesaggio urbano modernissimo, straniante, quasi astratto.
Il film è contraddistinto da inquietanti atmosfere noir, il cui fattore contenutistico è però indecifrabile, senza apparente direzione. Il grottesco, l’assurdo e l’eros sono dietro l’angolo.
Sulle orme di David Lynch, Slavin edifica una struttura narrativa enigmatica che lascia spazio a una raffigurazione della città come luogo meticcio e tecnologico, dove l’impossibile diviene possibile.
Insomniac City è una sorta di incubo, un sogno meticcio nel quale si sommano immagini a immagini. Tel Aviv, i suoi grattacieli, le sue “autostrade metropolitane”, divengono spazi di una realtà tutta mentale che produce scie di verità ed echi di follia. I personaggi sono legati da elementi per lo più incomprensibili, mentre il racconto non precede in modo regolare. Sussulti, flash psicologici, visioni, dialoghi deliranti, luoghi senza tempo, ambienti sospesi e silenzi, città che si sovrappongono in un gioco in cui il mondo perde le sue coordinate spazio-temporali.
Una sensazione di angoscia raggelante viene percepita dal fruitore, che rimane ipnotizzato dagli sguardi stranianti su una Tel Aviv notturna, i cui palazzi ultratecnologici sembrano avere una loro misteriosa dimensione esistenziale. Le forme architettoniche apparentemente immobili, nascondono al loro interno dei semi di dinamismo e si intrecciano a improvvise apparizioni di Shanghai.
Insomniac City è un’opera senza fine, per fortuna, uno spazio aperto che accoglie lo spettatore e lo lascia libero di volare tra inquadrature, effetti visivi e suoni per costruire il proprio viaggio onirico.
©CultFrame 03/2009
IMMAGINE
1 Ran Slavin. Insomniac City. Dvd loop, 27′
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