Cold Morning. Mostra di Mark Lewis. Padiglione Canada. 53a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

mark_lewis-the_fightEsiste un territorio di confine tra cinema, fotografia e arte contemporanea? L’evento proposto nel Padiglione Canadese allestito in occasione della 53a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, sembra dare una risposta inequivocabile: sì.

È l’artista canadese Mark Lewis a fornire la sua risposta con il lavoro predisposto per la Biennale, una videoinstallazione che rispecchia pienamente l’esito pratico-teorico del percorso creativo di un autore che fin dagli anni novanta ha fornito a critici e studiosi degli indizi molto precisi che avvalorano la tesi secondo cui determinati linguaggi visuali (pittura compresa) possono essere ricollocati all’interno di una struttura espressiva meticcia, dunque costantemente e geneticamente innovativa.

Mark Lewis, artista di formazione fotografica, realizza film che contengono al loro interno dei forti nessi pittorici (in particolar modo ci riferiamo alla pittura rinascimentale). Tali film vengono presentati all’interno di un’architettura espositiva complessa, frutto non solo di una concezione legata allo “spazio dell’arte” ma anche di un processo di decostruzione del linguaggio filmico che, lungi dall’essere solo una banale trovata tecnicistica, intende invece costringere il fruitore a riavvicinarsi alla realtà attraverso un’impostazione straniante.

 

Lewis sperimenta da anni la tecnica (consolidata a Hollywood) della retroproiezione, basata sulla sovrapposizione di un’azione filmata a uno sfondo che niente altro è se non uno spazio reale già (e separatamente) ripreso. In tal senso, Lewis fa riferimento alla tradizione del cinema di Hitchcock (ma non solo) ed effettua un discorso sulla realtà, nonché sullo sguardo dell’artista, che impone una riflessione ampia e problematica.

L’artista canadese opera una sorta di separazione tra i piani spaziali e le azioni ricostruendo eventi non verificatosi nella realtà, e soprattutto mai verificatisi negli spazi visualizzati posti sullo sfondo. C’è straniamento in questa tecnica, ma anche una ricerca poetica basata sulla destrutturazione del linguaggio cinematografico che ha dei risvolti di carattere umano, psicologico e sociale. Quello di Lewis è uno sguardo a più livelli sul reale che permette di ricreare delle storie che hanno a che fare sia con la vita individuale che con l’esperienza collettiva.

 

mark_lewis-untitledTale sistema espressivo è perfettamente delineato dall’allestimento del Padiglione Canadese, nel quale il visitatore ritrova quattro diversi film proiettati in contemporanea che raccontano altrettanti “avvenimenti” di una realtà scomposta ma verosimile. La vista a piombo vertiginosa del traffico della città di Toronto (TD Centre), le azioni metodiche e razionali di un barbone che durante una giornata gelida sistema/riscalda i propri indumenti (Cold Morning), i movimenti onirici di due amanti in una pista di pattinaggio su ghiaccio (A Winter’s Night, Skating), una rissa tra immigrati, ricostruita in maniera verosimile, che non sfocia mai in un contatto fisico realmente violento (The Fight).

Si tratta di quattro opere, realizzate tra il 2008 e il 2009, che vanno a comporre un’unica complessa architettura espositiva concepita come una grande multiforme opera filmica, i cui risvolti contenutistici tendono a evidenziare le sfumature della vita sociale in una grande e ricca metropoli occidentale.

Allo spettatore è solo richiesto di abbandonarsi alla verosimiglianza dei fatti e dei punti di vista e di riposizionare il proprio sguardo, facendo riferimento all’abitudine della visione nell’ambito della narrazione hollywoodiana ma anche divenendo soggetti consapevoli della forte azione manipolatrice (in senso creativo) dell’artista, il quale usa il linguaggio non per scimmiottare la realtà ma per far emergere i meccanismi assurdi e stranianti della realtà stessa nonché la naturale stratificazione dello sguardo umano, fattore quest’ultimo legato maggiormente all’elaborazione evocativa del ricordo piuttosto che alla percezione lucida e fenomenica degli accadimenti.

 

©CultFrame 06/2009

 

 

IMMAGINI

1 Mark Lewis. The Fight, 2008. Single screen projection. 5’27’’, high definition

2 Mark Lewis. Untitled, 2009. Location photograph, TD Centre, 54th Floor. Courtesy the artist

 

INFORMAZIONI

Dal 7 giugno al 22 novembre 2009

Giardini, Venezia

Orario: Tutti i giorni 10.00 – 18.00 / chiuso lunedì

Biglietto: Intero € 18 / Ridotto € 15 / Permanent pass € 60

Commissario: Barbara Fischer / Commissario aggiunto: Natalie de Vito

 

LINK

CULTFRAME. La mostra dell’Arsenale. 53a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia

Il sito del Padiglione Canada

Il sito di Mark Lewis

Il sito dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia

 

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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