Appartenente al circuito del Festival Internazionale della Fotografia di Roma, La gioia di vedere oltre il visibile è una mostra che fa molto riflettere su quale sia il vero statuto della Fotografia.
In questione viene posto, infatti, quello che comunemente si dà per scontato ne sia l’assunto di base, ovvero che la fotografia attenga al senso della vista, e che di essa trasponga le percezioni su di una superficie pressoché pedissequamente. Affermazioni, queste, che sembrerebbero lapalissiane.
Che dire, però, quando si apprende che Evgen Bavcar, autore delle magnifiche immagini esposte presso la B>Gallery, è cieco dall’età di dodici anni?
Sono, per lo più, scatti in bianco e nero stampati in un classico 24×30, che ormai appare, a confronto dei grandi formati attualmente in voga, molto contenuto. A partire da questa scelta cogliamo una richiesta di attenzione maggiore, data dalla necessità di avvicinarci per fruire di queste fotografie.
Sono immagini spesso buie (la luce arriva per sprazzi ad individuare persone, luoghi ed oggetti ), le quali stabiliscono inequivocabilmente l’appartenenza del fotografo ad un mondo di ombre; ma pure a quello della luce, cosa che lo rende “abile” alla fotografia.
Non vediamo con gli occhi, seppur c’illudiamo di farlo, dal momento che la nostra percezione viene elaborata dalla mente. E’ questo dunque l’organo che, in verità, istruisce il mezzo fotografico.
Bavcar continua a rammentarci, che oggetto della fotografia non è la banale visione esteriore, quanto piuttosto le visioni che sorgono dal di dentro: suo oggetto dovrebbe essere sempre il mondo di ciascun fotografo.
Nelle immagini ritroviamo, così, i suoi ricordi e le sue ossessioni: mani che toccano, voli di rondine, segni che rimandano alla musica, talora anche il colore rosso, che l’autore collega al suo congedo dalla dimensione dei vedenti. E troviamo scie luminose che introducono il movimento, tipico della scansione dello spazio che il fotografo sloveno è costretto ad attuare muovendosi per esplorare il mondo circostante.
Ogni cosa in esse è trasposta ed elaborata, spesso attraverso varie fasi di lavorazione, che includono collage e doppie esposizioni, sottolineandone l’origine visionaria di queste opere, ma anche accrescendo il divario esistente fra presunta realtà visiva e realtà fotografica.
Allo spettatore non rimane che constatare come non occorra vedere, quanto saper guardarsi dentro, per fare dell’ottima fotografia.
©CultFrame 06/2009
IMMAGINI
©Evgen Bavcar
INFORMAZIONI
Dal 29 maggio al 21 giugno 2009
b>gallery / Piazza Santa Cecilia 16, Roma / Telefono: 0658334365390658334365
Orario: lunedì – venerdì 11.00 – 14.00 e 16.00 – 21.00 / sabato 16.00 – 21.00
A cura di Cristina Ferraiuolo, Nini Romeo
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Sito di Fotografia – Festival Internazionale di Roma