My Son, My Son, What Have Ye Done? ⋅ Un film di Werner Herzog ⋅ 66. Biennale Cinema di Venezia

SCRITTO DA
Maurizio G. De Bonis

Altra incursione in territorio americano di Werner Herzog dopo Il Cattivo Tenente. Stiamo parlando di My Son, My Son What Have Ye Done?. Questa volta il regista tedesco non si trova nel “territorio ostile” del genere poliziesco, ma nel suo mondo espressivo, nel “luogo” del suo cinema, nel nucleo della sua poetica. Produttore esecutivo di quest’ultima prova di Herzog è nientemeno che David Lynch. E in diversi punti del film emergono all’improvviso degli elementi tipicamente lynchiani, in particolar modo alcuni fattori visuali kitsch e determinate situazioni narrative decisamente paradossali.

Ma, come già affermato, la poetica di Herzog viene fuori con estrema chiarezza: il non senso delle azioni umane, la follia del mondo moderno, la decadenza della società occidentale, il mistero della natura e della vita animale. Il tutto è collocato all’interno di un’impostazione espressiva densa di straniamento che confina con l’incongruenza surreale.

Herzog utilizza diverse componenti creative per raccontarci una storia di follia contemporanea che affonda le sue radici nella tragedia greca, ma mentre nell’antichità tutto sembrava avere una sua ragione precisa nel racconto di Herzog la tragedia lascia spazio all’incomprensibile, al grottesco (seppur stilisticamente misurato), all’assurdo.

Il personaggio principale uccide la madre ma non interrompe con il suo gesto estremo la catena della maledizione, si libera semplicemente di un’ossessione e da i vincoli di una vita agiata e borghese, dunque profondamente angosciosa. Brad (questo il nome del personaggio principale) finisce per sovrapporre la parte che dovrebbe ricoprire nell’allestimento teatrale di una tragedia greca (appunto) alla sua vita (quella reale). Il suo Io si deforma, prende una strada senza ritorno ed è senza ritorno perché fare il percorso inverso (verso la guarigione) significherebbe ripiombare nel reale, quel reale da cui la sua follia lo sta facendo fuggire.

My Son, My Son, What Have Ye Done? è un film amaro e raggelante, drammatico e paradossale, una parabola cinematografica che inquieta proprio perché  chiunque di noi potrebbe identificarsi con il protagonista, non più in grado di gestire l’atroce banalità dell’esistenza.

© CultFrame 09/2009

TRAMA
Brad Macallan è un giovane attore teatrale che un giorno in preda a un raptus di follia uccide la madre con una spada.  La Polizia arriva sul luogo del delitto, ma l’uomo si barrica dentro casa dicendo di avere due ostaggi.  Per cercare di risolvere in maniera incruenta questa difficile situazione, arrivano la fidanzata e il regista del suo spettacolo, ma ciò servirà a poco.

CREDITI
Titolo: My Son, My Son, What Have Ye Done / Sceneggiatura: Herbert Golder, Werner Herzog / Fotografia: Peter Zeitlinger / Montaggio: Joe Bini, Omar Daher / Scenografia: Tyson Estes, Danny Caldwell / Musica: Ernst Reijseger / Interpreti: Michael Shannon, Willem Defoe, Cloe Sevigny, Udo Kier / Produzione: Eric Bassett (Industrial Entertainment), Ken Meyer (Defilm) / Distribuzione internazionale: ASURDA, a David Lynch company / USA, Germania, 2009 / Durata: 90 minuti

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Maurizio G. De Bonis

Maurizio G. De Bonis è critico cinematografico e delle arti visive, curatore, saggista e giornalista. È direttore responsabile di Cultframe – Arti Visive, è stato direttore di CineCriticaWeb e responsabile della comunicazione del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Insegna Cinema e immagine documentaria e Arti Visive Comparate presso la Scuola Biennale di Fotografia di Officine Fotografiche Roma. Ha pubblicato libri sulla fotografia contemporanea e sui rapporti tra cinema e fotografia (Postcart), sulla Shoah nelle arti visive (Onyx) e ha co-curato Cinema Israeliano Contemporaneo (Marsilio). Ha fondato il Gruppo di Ricerca Satantango per il quale ha curato il libro "Eufonie", omaggio al regista ungherese Bela Tarr. È Vice Presidente di Punto di Svista - Cultura visuale, progetti, ricerca.

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