La Tate Modern dedica un’esauriente retrospettiva ad uno dei maggiori esponenti dell’arte concettuale, John Baldessari, e lo fa secondo un interessante percorso espositivo, che, pur seguendo un filo cronologico, porta il visitatore a chiudere un cerchio ideale e a far parte di esso.
Inizia la mostra con i primi anni Sessanta; nella West Coast californiana, John Baldessari si era creato un certo seguito con la sua pittura, soprattutto per l’originale accostamento di testo e immagini. In seguito, sul finire di quella decade, aveva scioccato il panorama artistico dando alle fiamme gran parte delle sue opere, realizzate tra il 1953 e il 1966, e includendo l’operazione nel Cremation Project (1970), comprensivo di disposizione delle ceneri in un’urna a forma di libro e della cottura delle stesse in biscotti da offrire agli amici.
A partire dal 1966, Baldessari aveva fatto uso delle parole invece della pittura, applicando una selezione di testi, desunti da manuali artistici, alla tela, e mettendo in discussione le regole che sottengono al concetto stesso di opera d’arte. L’artista non solo rimuoveva se stesso dal ruolo di pittore, ma rivendicava anche per le parole un’eguaglianza d’intenti al pari delle immagini. Successivamente, affidando le sue tele a pittori dilettanti e reclutando un professionista per firmarle (Commissioned Painting series), aveva investigato e messo in discussione il concetto di paternità dell’opera d’arte. Ma è dagli anni Settanta, in seguito alla cremazione dei suoi dipinti, che Baldessari rivolge la sua attenzione alla fotografia, incorporando nei suoi lavori materiali di scarto o fermi immagine di pellicole cinematografiche.
Accostando tra loro immagini mondane o prive di significato apparente, l’artista riesce a costruire una narrativa particolare, e a suggerire diversi modi di guardare la realtà. Di sicuro la vicinanza a Hollywood serve da stimolo alla fascinazione nei confronti del film e dell’industria televisiva. Sta di fatto che Baldessari procede da un approccio fotografico di tipo performativo, atto a documentare tanto procedure bizzarre quanto giochi dalle regole singolari, alla realizzazione di filmati sperimentali, in cui suggerire narrative diverse, sempre orchestrate sul filo dell’ironia e dell’assurdo.
Si interessa anche al linguaggio subliminale proposto dalla pubblicità, realizzando sequenze fotografiche in cui includere lettere o immagini, tra cui la nota serie di cubetti di ghiaccio contenenti il messaggio “U-BUY BAL DES SARI”. Ma è anche attratto dal concetto di dissimulazione, per cui realizza autoritratti con il volto celato da cappelli diversi o le fattezze modificate dal fotoritocco, in modo tale da disorientare lo spettatore e mettere così in dubbio la reale identità dell’artista.
Via via che l’archivio di immagini desunte dall’industria cinematografica si accresce, Baldessari nota una particolare ricorrenza di immagini violente, in particolare la frequente apparizione di armi da fuoco.
E’ così che nel 1976 decide di realizzare le Violent Space Series, in cui l’atto violento è oscurato, mentre si mantengono in vista gli elementi che lo circondano. In questo modo, le reazioni ad esso collegate vengono enfatizzate e ciò che si nasconde è altrettanto importante di quel che viene rivelato.
Baldessari si serve di elementi inusuali o di accostamenti incongrui per creare uno stato di tensione. Che sia un bacio in una selva di pistole, un rivolo di sangue sul volto di un’attrice affiancata da uno stormo di pellicani, dialoghi impossibili tra una coppia o uomini vivi e morti impilati uno sull’altro in una statica sequenza, ciò che viene domandato allo spettatore è di ridefinire le relazioni e le reazioni ad un mondo bidimensionale di immagini stravaganti e al contempo suggestive.
Dagli anni Ottanta in poi, l’artista ha continuato a fare uso di fotografie in bianco e nero, questa volta obliterandone i volti mediante dischi colorati, e ha cominciato a creare lavori multipli, in cui, diversi elementi del tutto incongruenti tra loro, trovano un equilibrio e una connessione mediante zone di colore o particolari analoghi, ad esempio la corda dell’alpinista che va a tramutarsi nel tubo di un sub.
I lavori divengono con il tempo sempre più elaborati e complicati, esigendo anche molto più spazio. Baldessari crea narrative che puntano il dito sul consumismo e l’indebolimento della coscienza sociale, per cui i corpi accatastati delle vittime dei campi di concentramento e i beni di consumo disposti in file regolari negli scaffali del supermercato vanno a fare parte dello stesso concetto di inventario.
Dagli anni Novanta in poi, c’è un ritorno all’associazione di testi e immagini. L’artista accomuna parole desunte dai titoli del pittore spagnolo Francisco Goya a fotografie che ritraggono oggetti banali oppure parole e sinonimi sono accostati all’espressione facciale e all’emozione che tentano di definire.
I volti vanno man mano scomparendo, sfigurati da macchie di colore, dove campeggiano solo nasi, orecchie, rimanenze surreali.
Il lavoro più recente di Baldessari, Brain/Cloud (Two Views): with Palm Tree and Seascapes (2009), occupa l’ultima sala della mostra. Si ripete qui un tema caro all’artista, quello della nuvola, elemento che compare fin dagli inizi e ritorna in forme diverse lungo tutta la sua carriera. Nell’istallazione, la nuvola è anche riflesso del cervello, là dove nascono le idée, i concetti, il linguaggio. O forse il contrario. I visitatori, ignari, inforcano la porta d’uscita spesso senza realizzare che qualcosa di loro verrà inevitabilmente a contaminare questo gioco di specchi. L’ultima esuberante stravaganza, per una mostra che provoca lo spettatore attraverso un linguaggio visivo ironico e irriverente.
©CultFrame 11/2009
IMMAGINI
1 John Baldessari. Two Figures (red) and Two Figures (green) in Different Environments (Food) 1990. Courtesy of Baldessari Studio ©The Artist. Vinyl Paint, Acrylic, Colour Photographs
2 John Baldessari. Bloody Sundae 1987. Private collection ©The artist. Black and white photographs, vinyl paint
3 John Baldessari. God nose 1965. Private collection ©the artist. Oil on canvas
INFORMAZIONI
Dal 13 ottobre 2009 al 10 gennaio 2010
Tate Modern / Bankside, Londra / Telefono: +44.(20)7887888
Orario: domenica – giovedì 10.00 – 18.00 / venerdì e sabato 10.00 – 22.00
Biglietto: £10
Cura: Jessica Morgan, Leslie Jones, Kerryn Greenberg
LINK
The Intersection Series 2002. Mostra di John Baldessari
John Baldessari. Mostra a Trento
Il sito di John Baldessari
Tate Modern