Mike Leigh. 20 febbraio 1943 (Salford, Inghilterra)
Il principale rammarico per un ammiratore del cinema di Mike Leigh è quello di non potere facilmente conoscere il suo teatro. Leigh ha infatti una formazione primariamente, e orgogliosamente, teatrale. A partire da The Box Play, messa in scena Birmingham nel 1965, ha scritto e diretto decine di commedie, elaborando un metodo di costruzione del testo con gli attori che ha poi trasferito direttamente nel suo lavoro di regista, televisivo e cinematografico.
In sintesi, a partire da un’ispirazione di base che di solito viene all’autore dall’osservazione della vita quotidiana inglese, Leigh mette insieme un gruppo di attori che già conosce o che sceglie dopo lunghe audizioni in cui, si racconta, si impegna a osservarli per ore al fine di coglierne tutte le potenzialità espressive. Quindi, inizia la prima fase della lavorazione, che dura diversi mesi, e che consiste in un lavoro di gruppo con gli attori che all’inizio non conoscono nulla della storia che il regista ha in mente, né delle parti che potrebbero interpretare.
Alla fine di questo processo le riprese possono cominciare sulla base di una sceneggiatura perfettamente articolata, la cui peculiarità è sempre l’approfondimento psicologico dei personaggi e del contesto sociale in cui questi si muovono. Come ha più volte ribadito lo stesso Leigh: “io so quello che mangiano a colazione e lo sanno anche i miei attori. Poi magari nel film non si vede, ma è importante saperlo”. È evidente come questo approccio alla costruzione di un film sia eminentemente teatrale. E c’è una palese continuità, sia di metodo sia di temi, tra il teatro e il cinema di Leigh. I suoi primi film, soprattutto quelli realizzati per la BBC, rappresentano la migliore testimonianza di questa ‘dislocazione’ compiuta con grande naturalezza.
L’esordio di Leigh al cinema risale infatti al 1971 con Bleak Moments, già messo in scena a teatro l’anno precedente e poi filmato con poche variazioni grazie alla co-produzione del conterraneo Albert Finney. Nel film ci sono già tutti gli stilemi che caratterizzeranno le opere successive dell’autore: lunghi piani sequenza alternati a flash frammentari di vita quotidiana; vacue e ripetitive discussioni domestiche in cui la tensione può crescere come il gioco di primi piani in campo e controcampo; il difficile ma vivificante incontro tra persone di diversa estrazione sociale; la descrizione minuta di un ambiente familiare e di un tentato corteggiamento, minato in partenza dalle convenzioni sociali e dall’incapacità di comunicare col prossimo.
Il film viene presentato con successo in alcuni festival tra cui Locarno, dove si merita il Pardo d’oro, ma non ottiene alcun riscontro commerciale. Tra questo e il secondo film per il cinema di Leigh, High Hopes (1988), passano ben diciassette anni: in mezzo molti lavori per la BBC, Meantime (1984), un vero e arrabbiato lungometraggio girato per Channel 4 in assenza di altri produttori, ispirato a Leigh dalla notizia che alcune coppie di giovani si erano suicidate perché non riuscivano a trovare lavoro, e un esaurimento nervoso da cui il regista si cura realizzando The Short & Curlies (1987), cortometraggio con cui torna a girare in 35mm.
È solo alla fine degli anni ’80 che Leigh riesce a dedicarsi nuovamente al cinema, e fonda con il suo ex aiuto-regista Simon Channing Williams la “Thin Man Films” che produrrà tutti le sue opere successive. Questa scelta si deve sia alla sua personale maturazione sia anche ai successi internazionali di alcuni colleghi della così detta “British Renaissance” che in quegli anni risollevano le sorti del cinema britannico. Molti di loro, come Leigh, venivano da un decennio di apprendistato televisivo di alto livello. Negli anni ’70 mentre Peter Greenaway trovava il suo primo produttore ideale nel British Film Institute e Neil Jordan muoveva i primi passi in Irlanda, la BBC teneva a battesimo un’intera generazione di registi grazie ai programmi “Play for Today” e “Playhouse”: oltre a Leigh hanno infatti firmato in quest’ambito i loro primi lavori autori come Ken Loach, Stephen Frears, Richard Eyre, Roland Joffé, John Amiel, Mike Newell, Michael Apted, Alan Clarke e molti altri.
Queste serie televisive furono anche la prima occasione d’impiego per moltissimi attori, esordienti o teatrali, poi passati al cinema. Limitandoci a coloro che hanno lavorato con Leigh, dobbiamo ricordare Philip Davis (da Who’s Who), Ben Kingsley (Hard Labour), Phil Daniels, Tim Roth e Gary Oldman (il memorabile terzetto di Meantime) sino a Stephen Rea (Four Days in July) e i futuri complici cinematografici David Thewlis (The Short & Curlies), Timothy Spall (da Home Sweet Home), Brenda Blethyn (rivelatasi al pubblico inglese grazie a Grown-Ups) e Jim Broadbent, conosciuti da Leigh già nella sua attività teatrale. Con loro c’era poi quasi sempre Alison Steadman, moglie di Leigh e sua attrice prediletta dal 1973 al 2001.
Di lavoro in lavoro televisivo, forte del suo collaudato metodo teatrale, Leigh matura uno stile preciso e riconoscibile agli spettatori inglesi, che rimane sostanzialmente quello descritto a proposito di Bleak Moments con alcune significative ricorrenze: la regia minimale ma sempre pronta a intensificarsi dietro alla crisi di un personaggio, l’attenzione alle figure femminili in difficoltà nell’esprimere i propri reali sentimenti se non contrastando l’aggressività maschile con pari veemenza, il problema delle gravidanze indesiderate (tema al centro di quel Vera Drake con cui Leigh vincerà il Leone d’oro a Venezia nel 2004), le convenzioni, dure a morire, della piccola borghesia inglese che sopravvive solo grazie a un chiacchiericcio standardizzato ma dalla sconfinata crudeltà e a fiumi di tè, alcool e sigarette. Tra le altre, la tessera più brillante di questo feroce mosaico è probabilmente quella di Abigail’s Party (1977), commedia più volte rimessa in scena dal regista.
Una nota particolare di merito va all’attenzione per i particolari che caratterizza tutti i suoi film, come per l’arredamento dei salotti e delle case proletarie e borghesi che vi compaiono, degno della finezza degli studi culturali di un Richard Hoggart. In tale lavoro, Leigh è stato senz’altro aiutato anche da alcuni collaboratori tecnici, in molti casi trasferitisi col regista dalla televisione al cinema, come le scenografe Diana Chamley ed Alison Chitty, il compositore Andrew Dickson, i direttori della fotografia Remi Adefarasin (che lavorò con Leigh alla BBC e poi ha illuminato tutti i set inglesi di Woody Allen) e Dick Pope, inseparabile da Life Is Sweet (1991) ad oggi.
Nonostante le evidenti analogie e gli espliciti rimandi che contraddistinguono tutti i film dell’autore, la forza del cinema maturo di Leigh sta anche nella sua capacità di affrontare sempre nuove sfide. Dopo High Hopes (1988) e Life is sweet (1991), in cui predominano le continuità coi precedenti lavori per il piccolo schermo, sul registro della malinconia e della farsa, una prima rottura è evidente sin dal terribile incipit del suo film successivo, Naked (1993): un uomo violenta una donna contro al muro di un vicolo, poi fugge rubando un auto mentre la macchina da presa lo segue in una serie di movimentati piani sequenza spezzati. Tali novità registiche sono del tutto corrispondenti al carattere ribelle del protagonista interpretato da David Thewlis, un personaggio che estremizza e deflagra nello spazio di una Londra desolante tutte le idiosincrasie e le insofferenze dei precedenti alter ego dell’autore. E a Cannes Leigh viene premiato proprio per la miglior regia, Thewlis per la miglior interpretazione maschile.
Con il suo lungometraggio successivo Secrets & Lies (1996), Leigh ha ancora più successo, aggiudicandosi la Palma d’oro e il premio per la migliore attrice a Brenda Blethyn. Questo film è il risultato più compiuto di un’orchestrazione cinematografica di ampio respiro che trova ancora una volta la sua forza nei personaggi, e nel lavoro degli interpreti il suo specifico più interessante. Da allora ad oggi il regista è stato in grado di alternare con regolarità produzioni ambiziose in cui sperimentarsi in maniera nuova, e film più intimi nei quali la sua vena cechoviana è inimitabile: fanno parte del primo genere due film in costume tra loro molto diversi come Topsy Turvy (1999), grandiosa rievocazione della vita e delle operette musicali di Gilbert & Sullivan, e Vera Drake (2004), ritratto indimenticabile di una donna che negli anni ’50 aiutava ad abortire le sue concittadine, Leone d’oro a Venezia e Coppa Volpi per la protagonista; del secondo Career Girls (1997), All or Nothing (2001) e Happy-Go-Lucky (2008), contraltare farsesco del più crudo Naked.
Mike Leigh è attualmente in sala di montaggio per il suo nuovo misterioso film, dove ritrova i sodali Jim Broadbent, Imelda Staunton, Philip Davis e Lesley Manville.
BIOGRAFIA
Nato il 20 febbraio 1943 nei pressi di Salford, nel Lancaster (provincia limitrofa a quella di Manchester), Mike Leigh è nipote, per linea paterna, di un esule russo di religione ebraica il cui vero cognome era Liebermann. Diventato Leigh durante la seconda guerra mondiale, il nonno era fotografo e decoratore di ritratti, e influenzò moltissimo l’infanzia del giovane nipote, fatalmente attratto dal suo laboratorio. Le cronache tramandano anche la figura di uno Zio, Izzy, che indusse in Mike la prima fascinazione per idee quali il comunismo e l’anarchia.
Ma come per Anton Reiter e Wilhelm Meister la passione che nei primi anni ’60 spinge Mike a lasciare casa è quella per il teatro. Grazie a una borsa di studio della Royal Accademy of Drammatic Arts si trasferisce a Londra e all’interno della scuola mette in scena la sua prima regia, The caretaker di Harold Pinter. Non sembrandogli sufficiente questa esperienza, Mike segue contemporaneamente scenografia e pittura alla Central School of Art & Design e recitazione alla London Film School: nel giro di pochi anni riuscirà così a mettere a fuoco la propria vocazione di direttore di attori sul palcoscenico e davanti alla macchina da presa. Sino a diventare uno dei più premiati registi britannici, nonché membro dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico (OBE).
©CultFrame 12/2009
FILMOGRAFIA
1971 Bleak Moments
1973 Hard Labour (BBC Play for Today)
1975 The Five Minute Films (BBC2, 5 ep.)
1975 The Permissive Society (BBC Second City Firsts)
1976 Knock for Knock (BBC Second City Firsts)
1976 Nuts in May (BBC Play for Today)
1977 The Kiss of Death (BBC Play for Today)
1977 Abigail’s Party (BBC Play for Today)
1976 Who’s Who (BBC Play for Today)
1980 Grown-Ups (BBC2 Playhouse)
1982 Home Sweet Home (BBC Play for Today)
1984 Meantime (Channel 4)
1985 Four Days in July (BBC)
1987 The Short & Curlies (Channel 4)
1988 High Hopes (Belle speranze)
1990 Life is Sweet (Dolce è la vita)
1992 A Sense of History (cortometraggio)
1993 Naked (Naked – Nudo)
1996 Secrets & Lies (Segreti e bugie)
1997 Career Girls (Ragazze)
1999 Topsy Turvy (Topsy Turvy – Sotto sopra)
2001 All or Nothing (Tutto o niente)
2004 Vera Drake (Il segreto di Vera Drake)
2008 Happy-Go-Lucky (La felicità porta fortuna – Happy-Go-Lucky)
2010 Another Year
2014 Turner
PRINCIPALI COMMEDIE TEATRALI
1965 The Box Play
1966 My Parents Have Gone to Carlisle
1966 The Last Crusade of Five Little Nuns
1968 Individual Fruit Pies
1969 Glum Victoria and the Lad with Specs
1970 Bleak Moments
1971 A Rancid Pong
1973 Wholesome Glory
1973 The Jaws of Death
1973 Dick Whittington and His Cat
1974 Babies Grow Old
1974 The Silent Majority
1977 Abigail’s Party
1979 Too Much of a Good Thing; (BBC radio)
1979 Ecstasy
1981 Goose-Pimples
1988 Smelling a Rat
1989 Greek Tragedy
1993 It’s a Great Big Shame!
2005 Two Thousand Years
IMMAGINI
1 Frame dal film Segreti e Bugie
2 Frame dal film Vera Drake
3 Frame dal film Naked
4 Il regista Mike Leigh