Il tempo, per George Falconer, non è che “un freddo promemoria”, un elenco di giorni che si sommano a comporre un futuro di fronte al quale si resta sgomenti e impreparati dopo una morte che ci ha privati dell’amore e del senso stesso del vivere. Nei gesti quotidiani del “dopo” tutto appare privo di significato se non la decisione di seguire, in quell’altrove, chi ci ha lasciati.
Per il suo esordio alla regia Tom Ford sceglie un dramma e, come se mettesse in scena una lussuosa sfilata, lascia che i suoi protagonisti facciano la passerella davanti alla macchina da presa che indugia sulle linee perfette degli interni, l’eleganza degli abiti, i lineamenti delicati dei volti. Ma questo non è cinema, è solo un lungo, raffinatissimo spot che ha la pretesa di raccontare un dolore, sfiorando appena argomenti degni di ben altra attenzione: la morte, l’emarginazione, la solitudine, la paura… Uno spettacolo estetizzante e privo di qualsiasi profondità emotiva che si riduce ad un vuoto esercizio di buon gusto.
Che Ford ne abbia non c’è dubbio come ha dimostrato nel campo, quello della moda, in cui è stato un genio ma ciò non basta per cimentarsi in un alto ambito dell’arte in cui il glamour e la scenografia non sono sufficienti per rendere un’opera degna di chiamarsi “film”. Il regista ama, evidentemente, Wong Kar-Wai e Almodovar, si lascia sedurre dalla facile tentazione di fotografare le star evocando i simulacri della Bardot, di James Dean e, citando, anche solo attraverso un manifesto, capolavori immortali come Psycho.
L’America degli anni Sessanta di Ford, non è tanto quella in cui il perbenismo non lasciava spazio alla libera espressione della diversità, né quella in cui, sotto il bel tappeto della quiete borghese, si nascondeva la polvere delle paure politiche e sociali quanto piuttosto quella di uno stile, meramente estetico, che, negli ultimi anni, è diventato “di tendenza”. La Moore e Firth potrebbero uscire dallo schermo e andare, ora, ad una festa. Sarebbero bellissimi, elegantissimi, modaioli a dimostrazione che l’epoca, in A Single Man, si riduce ad uno stuzzicante pretesto per far sfoggio di stile. Tutto il resto non è che, elegante quanto inutile, vacuità.
© CultFrame 09/2009 – 01/2010
Film presentato al 66. Biennale Cinema di Venezia
TRAMA
Los Angeles. 1962. George Falconer è un professore universitario che cerca di trovare un nuovo senso alla sua vita dopo la morte del compagno, Jim. In una giornata, in cui sembra aver preso una decisione estrema, l’uomo si confronta con la sua amica Charley e con un giovane studente del suo corso che, come lui, condivide l’ansia di un futuro incerto.
CREDITI
Titolo: A Single Man / Regia: Tom Ford / Sceneggiatura: Tom Ford dal romanzo omonimo di Christopher Isherwood/ Interpreti: Colin Firth, Julianne Moore, Matthew Goode, Nicholas Hoult/ Montaggio: Joan Sobel/ Musica: Abel Korzeniowski/Produzione: Tom Ford, Chris Weitz, Andrew Miano, Robert Salerno/ Usa, 2009/ Durata: 99 minuti