James Cameron oggi incarna quello che era una volta il regista hollywoodiano per eccellenza. Il regista canadese, ormai naturalizzato americano, fuoriuscito dalla factory di Roger Corman, è diventato con film come Titanic e, adesso, Avatar uno straordinario money maker del cinema statunitense. Ma dove sta il (suo) cinema? Gli intenti di Cameron sono già contenuti nella sua primissima pellicola. Prodotta tra l’altro nel nostro paese da Ovidio G. Assonitis, Piraña paura (1981) è già un lungometraggio che racchiude tutte le caratteristiche del futuro cinema di questo regista: tecnologia e trucchi in prima linea, storie che riciclano quelle dei generi del cinema americano classico, dal melodramma all’horror, fino alla fantascienza e al catastrofico. Storie aggiornate si, ma comunque sempre a un livello più basso rispetto a quelle universali degli originali. Insomma, in altre parole, nel cinema di Cameron non è importante quello che si racconta ma il come lo si racconta senza però le impennate autoriali di uno Spielberg. In fondo che cos’e’ Terminator (1984), il suo secondo (e migliore) film se non una summa di temi mitologici filtrati attraverso l’ottica dei b-movies ma girato con molti più soldi? Un miracolo di strategia promozionale, possiamo dire.
E con Avatar, il suo ultimo film questa strategia continua alla grande, al di là delle qualità intrinseche della pellicola. E poi Aliens (1986), un film di guerra scattante ed energico come quelli di Sam Fuller, Abyss (1989), opera para-fantasy e melodramma subacqueo di grande fascino visivo, Terminator 2 (1991), una specie di Alice attraverso lo specchio del film che ha dato origine alla saga.
I fan del cinema di questo regista molto preparato tecnicamente ma senza, secondo noi, un vero e proprio stile, lo amano soprattutto per il grande senso dello spettacolo, per la verità un po’ elefantiaco, e il suo eccesso nell’uso degli effetti speciali mescolati con un’ironia piuttosto greve. Ne fa fede un lavoro come True Lies (1994) che mescola avventure mozzafiato alla James Bond con la screwball comedy degli anni ’30.
Infine, nel 1997 arriva Titanic. Film catastrofico che ricicla la formula di pellicole come Inferno di cristallo (John Guillermin, 1974) o Terremoto (Mark Robson, 1977), che a loro volta si ispiravano strutturalmente ad un’opera come Grand Hotel (Edmund Goulding, 1932)
Con i suoi mille personaggi e le loro storie personali, Titanic, il film di maggiore incasso della storia del cinema, è anche e soprattutto un fiammeggiante melodramma un po’ alla Via col vento. Titanic è una pellicola talmente magniloquente che permette, se possiamo dire così, a ogni convenzione del cinema di essere presente. Il tutto in una maniera talmente accorta, per non dire calcolata, che ne è scaturito un successo.
A più di 10 anni di distanza, Avatar, questo giocatolo costoso, sorta di western ambientato nello spazio, gli va dietro. La ricerca tecnologica di Big Jim (così chiama Cameron il suo staff) continuerà per molti anni e sarà sicuramente piena di successi e sorprese. Speriamo che il regista riesca a trovare attraverso queste sorprese la sua via personale nell’ambito dell’espressione cinematografica.
©CultFrame 01/2010