Se il sogno più bello è quello che non abbiamo ancora fatto, per Andrei Filipov, invece, è quello che gli hanno spezzato, insieme alla sua bacchetta, una sera di trent’anni fa mentre eseguiva l’amato Ciajkowski, perché reo di non aver allontanato i suoi musicisti ebrei. Una vita passata ad inseguire una chimera, a dirigere un’orchestra dentro la sua testa, ad ascoltare ogni singolo suono degli strumenti… a trasformare, insomma, quel sogno in un’ossessione.
Radu Mihaileanu, già regista del notevole Train de vie, racconta con straordinaria sensibilità la parabola esistenziale di un uomo e, nel contempo, mette in luce la metamorfosi di un Paese, la Russia, che convive ora con macroscopiche contraddizioni, in una società divisa, sullo sfondo di un’iniqua distribuzione della ricchezza , tra la polvere ideologica e nostalgica del passato e l’opulenza malsana del presente.
Dalla galleria del Teatro Bolshoi, dove adesso Andrei ha accesso come addetto alle pulizie, egli ascolta l’orchestra di oggi e decide di riprendersi quello che è suo, con un colpo di mano folle e geniale. Mihaileanu ci trascina nel progetto assurdo e visionario del Maestro, attraverso le sue improbabili e ardite tappe, giocando sapientemente con i toni della commedia e del dramma. Mette insieme un gruppo di musicisti “scoppiati”, come loro stessi si definiscono, e li fa, letteralmente, esplodere all’interno del loro antico sogno facendo della musica la miccia ma, al tempo stesso, il fuoco, il lapillo, il furore…
Andrei insegue il momento perfetto, quello in cui la note si fondono con lo spirito, mentre il pubblico e i musicisti diventano, nello spazio di un concerto, una cosa sola, nel sublime musicale assoluto.
Le note di Ciajkowski rimbalzano in ogni inquadratura, si fanno tessuto narrativo sul quale Mihaileanu, con ampie pennellate emotive, realizza un film davvero intenso grazie anche all’intepretazione di un cast in stato di grazia. Dai protagonisti ai comprimari, il regista dedica ad ogni espressione uno spazio peculiare e di tutti, proprio come in un’orchestra, ne sottolinea l’unicità. Musica, politica, sentimenti e dolori si fondono nel sogno ciajkowskiano di Andrei fino ad un finale, grandioso e liberatorio, dove la verità finalmente si svela con un montaggio parallelo che riunisce i punti del passato fino a comporre un quadro che è già futuro.
Mihaileanu sa colpire al cuore con una regia che sembra mantenere il ritmo cardiaco del protagonista, del quale segue le implosioni, le accelerazioni e le pause in battere e in levare per fare di un concerto, “il” concerto. Accomodatevi e non perdetene una nota.
© CultFrame 10/2009 – 02/2010
Film presentato alla 4ª edizione del Festival del Cinema di Roma
TRAMA
Durante la dittatura comunista, Andrei Filipov, celebre direttore d’orchestra del Bolshoi di Mosca viene allontanato a causa del suo rifiuto di estromettere dal gruppo i musicisti ebrei. Dopo 30 anni, Andrei lavora ancora nel celebre teatro ma come addetto alle pulizie. Casualmente, nell’ufficio del Direttore, legge un fax inviato dal teatro Chatelet di Parigi che invita l’Orchestra del Bolshoi per un concerto in Francia. Decide così di sostituire quella ufficiale e di ricomporre la sua vecchia compagine di musicisti che, oggi, fanno i mestieri più disparati. Un progetto che lo porterà a fare i conti con la sua ossessione artistica e con il suo passato.
CREDITI
Titolo: Il concerto / Titolo originale: Le concert / Regia: Radu Mihaileanu / Sceneggiatura: Radu Mihaileanu, Matthew Robbins / Monstaggio: Ludovic Troch / Musica: Armand Amar / Interpreti: Aleksei Guskov, Mélanie Laurent, Dmitri Nazarov, Valeri Barinov, François Berléand, Miou-Miou, Lionel Abelanski / Fotografia: Laurent Dailland / Produzione: Alain Attal / Distribuzione: Bim / Francia, Romania, Belgio, Italia, 2009/ Durata: 119 minuti
SUL WEB
Filmografia di Radu Mihaileanu
Festival Internazionale del Film di Roma