Il miracolo è un atto straordinario che prospetta la possibilità di un ritorno: alla salute, alla felicità, alla vita… In una parola alla “salvezza”, non necessariamente intesa nell’accezione cattolica ma, molto più semplicemente, alla pienezza della normalità.
Jessica Hauser, al suo terzo lungometraggio dopo una corposa esperienza nel corto, punta il suo obiettivo sul mistero miracoloso ma, al tempo stesso, ne dilata la visione andando oltre la mitologia di Lourdes e focalizzando l’attenzione sull’aspettativa, intima e dolorosa, legata a quel luogo sacro.
Christine è una ragazza costretta dalla malattia ad una vita inerte, priva di qualsiasi movimento che la costringe a dipendere costantemente dagli altri. Con la sua sedia a rotelle attraversa, ancora una volta, la strada di un pellegrinaggio, in quello che intuiamo sia l’ennesimo tentativo di non far spegnere la speranza, quella della guarigione che, di fronte all’impotenza della medicina, si aggrappa all’insondabile.
Come lei, altri confidano nel miracolo, nella folgorazione che li liberi dalla sofferenza, nell’incanto che faccia sparire ogni mutilazione e trasformi la speranza in una reale possibilità. Lourdes diventa così la mèta di un pellegrinaggio di anime e di corpi che, tuttavia, necessita di una sua ritualità, di una liturgia di gesti che si fanno, qui, vera e propria rappresentazione. La Hauser, infatti, racchiude i suoi personaggi in un susseguirsi di tableaux vivants sullo sfondo di quel luogo sacro che diventa sempre più microcosmo astratto dove l’impossibile ha la sua legittima cittadinanza.
Lourdes non è un film sulla fede ma, semmai, su ciò che da essa può scaturire. La mercificazione del sacro, per esempio, ma non solo. Il dolore, infatti, rivela qui anche il suo lato più atroce, quello della meschinità e dell’egoismo che, a volte, si convertono in una sorta di straziante “gara” per vincere il premio del miracolo, quello che la Hauser spoglia di ogni significato religioso, facendogli indossare una veste molto più interessante, quella dell’anomalia. L’irrompere del miracoloso funge, infatti, da corto circuito, mette in discussione un sistema, costringe ad una spiegazione che non troverà mai (né dall’uomo di chiesa, né dall’uomo di scienza) le parole giuste.
Pur non brillando per originalità, Lourdes è un film che non lascia indifferenti ma, a suo modo, ci costringe a pensare anche soltanto per capire se ci ha turbati o disturbati. In Christine la regista racchiude il dolore e il desiderio e ne fa una miracolata scevra da ogni ammiccamento religioso o, ancor peggio, ricattatorio. E’ semplicemente un essere umano di fronte ad una possibilità che, per quanto effimera, trasforma il suo “qui e ora” nella realtà tanto agognata e che sia un evento straordinario o un ordinario e transitorio miglioramento clinico poco importa… Il senso non sta in quel che si è sperato ma in ciò che si è avverato ed è solo la rarità di tale evento che ci porta a chiamarlo miracolo. Anche oltre la fede.
©CultFrame 09/2009 – 02/2010
TRAMA
Christine è una ragazza costretta su una sedia a rotelle. Decide così di recarsi a Lourdes, leggendario luogo di guarigione. Una mattina, la ragazza, scopre di riuscire finalmente a muoversi ma non è così facile definire questa sua nuova condizione un vero e proprio miracolo. Potrebbe trattarsi di questo o solo di un significativo quanto effimero miglioramento, tuttavia Christine decide di cogliere in pieno la possibilità che la vita le ha offerto.
CREDITI
Titolo: Lourdes / Regia: Jessica Hausner / Sceneggiatura: Jessica Hausner / Interpreti: Sylvie Testud, Lea Seydoux, Bruno Todeschini, Elina Lowensohn / Fotografia: Martin Gschlacht / Montaggio: Katharina Woppermann / Produzione: Coop99, Essential, Parisienne de Production Thermidor / Distribuzione : Cinecittà Luce / Francia 2009 / Durata: 99 minuti