Vampiri, al cinema, tra le pagine, sulle passerelle della moda: da protagonisti di cupi incubi notturni a testimonial dell’evoluzione dark, del glamour sadomaso, fino alla puerile e superficiale moda “emo” i cui vessilliferi canterini, Tokyo Hotel, paiono i nipoti stupidini dei Bauhaus. Cos’è successo al vampiro? Come si è passati dal mostro al fotomodello adolescente?
Nel Libro del Levitico, si trova la prima condanna: “Chiunque mangerà del sangue, sarà reciso dal suo popolo”. Il sangue è il simbolo della vita, dunque il vampiro compie sia un gesto sacrale, la propria preservazione, che un gesto sacrilego, l’altrui distruzione. Il vampiro originariamente funge da collegamento tra l’idea della morte e l’area del sacro, realizzando il freudiano “istinto di morte”. Storicamente alligna e si diffonde nei paesi dominati da lotte intestine tra diversi ceppi etnici di uguale religiosità e trova quindi il suo habitat d’elezione tra le valli ed i villaggi dei Carpazi.
Come è noto, la figura “storica” di Dracula viene fatta risalire a Vlad Tepes III di Valacchia (morto nel 1478) detto “l’impalatore” che ereditò dal padre, Vlad II, il soprannome dracul “il diavolo”. Il voivòda fu sanguinario e dispotico tiranno di Valacchia; Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, lo scatenò contro i turchi di Maometto II, schiacciandolo poi, a lavoro concluso, nei suoi celebri commentarii sotto una condanna di eccessiva crudeltà che non nasconde però l’iniziale ammirazione.
Vlad III, messo sul trono da Giovanni Corvino, re d’Ungheria, dovette continuamente difendersi da parenti, come il fratello Radu, e rivali, come Dan, che tenterà di detronizzarlo con l’aiuto dei Sassoni di Transilvania e che egli ucciderà. Mattia Corvino, figlio di Giovanni, finirà per tradirlo, tramutandosi da alleato in persecutore e rinchiudendolo nel castello di Visegràd, in fondo ad una prigione scavata sotto il Danubio (dal 1463 al 1476).
Come reazione, la demonizzazione del diverso divenne patrimonio integrante dell’Ortodossia orientale e le devianze vennero esorcizzate sotto il segno della perversione maligna, dando luce ai primi studi sulla figura del vampiro: padre Agostino Calmet, abate benedettino, è ricordato per il suo celebre testo vampirico le Dissertationes sur les apparitions des Esprits et sur les Vampires del 1749, che racchiudeva centinaia di casi vampirici, mentre l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria incaricò il proprio medico di corte, Gerard Van Swieten, di svolgere indagini in merito ai casi più discussi ed il risultato fu la Considerazione intorno alla pretesa Magia Postuma per asservire alla storia de’ Vampiri composta nel 1755.
Successivamente, con l’avvento della medicina moderna e delle discipline psichiatriche, il “vampirismo naturale” è stato ricondotto nell’ambito della psicopatia sessuale e vampiri vengono chiamati tutti i seguaci delle passioni comunemente etichettate come anormali e devianti, sadismo, feticismo: è nella seconda metà dell’ottocento che il vampiro assume quelle caratteristiche di sensualità che finiranno per stravolgerne l’immagine di “mostro”, soprattutto in ambito cinematografico.
Parallelamente alle tradizioni storico-popolari orientali, la letteratura vampirica cominciò il suo sviluppo autonomo come genere a sé stante alla fine del Settecento. Il romanzo gotico fiorito in Inghilterra con i vari Walter Scott, Anne Radcliffe, Horace Walpole, influì potentemente sulla genesi del genere, che subì anche gli influssi delle leggende popolari raccolte in saggi come quelli del Calmet. La produzione del Marchese De Sade, in bilico tra romanzo erotico e romanzo gotico, pose al centro dell’interesse narrativo la fruizione erotica del sangue: La Nouvelle Justine, 1797.
Nel 1819 comparve la novella The Vampire, con la firma di Byron, ma in realtà la novella fu scritta tre anni prima dal suo segretario, l’italiano John William Polidori. La sera del 15 giugno 1816 (data che segna la nascita del genere horror, vedi Gothic di Ken Russel), a villa Diodati a Ginevra si riunirono Shelley, sua moglie Mary, Byron, il suo segretario Polidori ed altri intellettuali dell’epoca. Su proposta di Byron, ognuno di loro avrebbe dovuto scrivere un racconto dell’orrore.
Mary Shelley scrisse Frankenstein, Shelley pare fosse troppo fatto per scrivere alcunché, mentre Byron produsse soltanto un frammento di novella vampirica. Polidori prese spunto da questo breve frammento per comporre The Vampire, che misteriosamente fu pubblicato tre anni dopo con la falsa attribuzione a Byron. Il tema del vampirismo ricorre in moltissime opere dell’epoca, dal Vij di Nikolaj Gogol, realistica e bellissima storia di vampiri, ai sonetti vampirici Le Vampire, La Fontaine de Sang, Les Metamorphoses du Vampire contenuti ne Les Fleurs du Mal di Baudelaire, fino a Les Chants de Maldoror di Lautréamont (ps. di Isidore Ducasse) ed al fondamentale racconto Carmilla pubblicato da Joseph Sheridan Le Fanu, nella raccolta In a Glass Darkly (1872) che, rivoluzionando le convenzionali storie vampiriche, introduce il tema del vampirismo lesbico, in seguito ampiamente sfruttato dalla cinematografia (Vampyr di Carl Theodor Dreyer) e dai teneri fumetti erotici degli anni ’70 (Sukia).
Nel 1897 Bram Stoker con Dracula stabilì le coordinate definitive del genere, avviando quel percorso che fece dell’originario mostro succhiasangue un eroe romantico e sensuale, caratteristiche poi riprese ed esaltate nello straordinario Bram Stoker’s Dracula di Francis. F. Coppola (1992), in cui l’adattamento dello sceneggiatore James Hart è fedelissimo al testo stokeriano ed il vampiro diviene eroe positivo e passionale.
Il conte transilvano è dunque l’ultimo degli eroi romantici: alle prese con l’irrazionale, il magico, il misterioso, in sospeso tra il Bene ed il Male, la Vita e la Morte, la Morte e l’Immortalità. Naturalmente è destinato alla sconfitta in una società votata alla Scienza, ma non prima di aver scosso alle fondamenta il sistema di valori su cui tale società è fondata.
La sua comparsa nella Londra vittoriana, convenzionale e repressiva, equivale all’apparizione di un rimosso che sfugge a qualsiasi costrizione: il vampiro è anarchico per natura: Dracula non si adegua alle regole del paese ospitante, ma si ostina a voler soddisfare le proprie esigenze primarie.
Dracula è l’incarnazione di un Satana privo di senso di colpa, del potere senza limiti, del sesso senza coscienza nè controllo: il vampiro è impulso sessuale incontrollato, il sesso è anarchia. Al contrario, Lucy e Mina, promesse spose, soccombono fatalmente al suo fascino e scoprono tanto il godimento erotico quanto la sofferenza della passione illecita.
La Hammer film, casa di produzione inglese attiva negli anni ’60–’70, a partire dal 1958 gira tre film con Christopher Lee nel ruolo di Dracula (Dracula il Vampiro, Dracula Principe delle Tenebre, Le Amanti di Dracula) introducendo alcune innovazioni fondamentali quali una decisa virata verso l’horror effettato, l’introduzione dei celebri canini affilati, divenuti un autentico marchio di fabbrica, e l’esplicitazione visiva delle evidenti implicazioni sessuali del romanzo di Stoker, facendo di Christopher Lee il primo vampiro ad esercitare un potente fascino sessuale sulle proprie vittime.
Nobili presupposti, quindi, storici, letterari e cinematografici: come siamo arrivati allora agli amorazzi da teen-ager degli orrendi libri prima, film poi, della saga Twilight? Quando il vampiro ha smesso di spaventare per trasformarsi in un bene di consumo per dodicenni in crisi ormonale, un amoroso al popcorn, buono e bello, romantico e gentile, soltanto un po’ più palliduccio di mille altri insipidi studentelli?
La svolta glamour del vampirismo si compie, ovviamente, negli anni ’80 con il patinatissimo Miriam si Sveglia a Mezzanotte (1982) del sottovalutato Tony Scott, interpretato da due icone di eleganza come Catherine Deneuve (pre-botox) e David Bowie, coppia di vampiri perversi e sensuali che si abbeverano soltanto da giovani e belli/e, esplicitando definitivamente la correlazione tra sangue e sesso. Ma, seppur esteticamente accattivanti ed eroticamente stimolanti, i mondanissimi vampiri di Scott conservano il loro carattere mostruoso e malvagio: mostri travisati da dandy decadenti.
Nel nuovo millennio, la trilogia di Underworld (Wiseman, 2003) avvicina l’horror all’action-movie, un ibrido tra fucili d’assalto high-tech e tradizione sovrannaturale in cui il vampiro diviene legione, gruppo etnico con proprie regole e divise: appare la vampira fetish Kate Beckinsale, fasciata in latex nero, bella e sexy in contrapposizione ai licantropi, brutti pelosi e volgari. Il vampiro diviene così testimonial di una mondanità tanto tenebrosa quanto superficiale, rinnegando la sua gloriosa storia di demone spaventoso in nome di un’estetica vacua e modaiola che lo tramuta nel damerino del nuovo millennio, pronto il party in un esclusivo club di SoHo. I proiettili di grosso calibro prendono il sopravvento sui semplici canini e, curiosamente, si sorvola sull’uccisione di esseri umani per concentrare l’attenzione sullo scontro tra creature sovrannaturali/digitali: la violenza diventa fumetto ed il videogame è dietro l’angolo.
Libri (Anne Rice, Stephenie Meyer), televisione (Buffy, True Blood) e cinema negli ultimi anni hanno contribuito all’evoluzione del vampiro, forzandone la natura verso una normalizzazione che finisce per inserirlo nella società, True Blood, addomesticandolo e, in ultima analisi, rendendolo inoffensivo. L’anarchia sessuale è ormai un pallido ricordo, la paura non abita più qui, il sangue scolora nelle nuances di una sfilata di moda. Anche questa è omologazione, in una società che pare sempre più culturalmente intollerante nei confronti del diverso. È il momento dei vampiri americani, cultura egemone, della rimozione storica per cui il vampiro dell’est europeo non è “commerciabile”: un rumeno non può certo aspirare al ruolo di icona della moda.
Ed arriviamo al successone Twilight, trilogia prevista e temuta. Tratti dai romanzi rosa della Meyer i film decretano la fine del mito, la scomparsa del sangue, della violenza, del terrore notturno: si tratta soltanto di una versione dark dei fremiti romantici di Dawson’s Creek, degli insipidi teen-agers di O.C.. I languidi vampiri innamorati camminano alla luce del sole, usano il gel e vestono alla moda, non mordono, ma pomiciano e sono tutti invariabilmente molto belli: il vecchio Vlad Tepes avrebbe volentieri ornato con le loro teste i bastioni del proprio castello in Valacchia. Ma attenzione, non è la riscoperta del lato romantico del vampiro che è sempre esistito e veniva esaltato dalla coesistenza con la natura ferina del mostro, ora il vampiro è soltanto melenso e banale, non a caso si accompagna ad un’umana per dimostrare il proprio conquistato status sociale, omologato nel vestire, nel pensare, nel mangiare: si è mai visto nulla di più deprimente di un vampiro che rifiuta il sangue umano?
Per chi volesse ancora sfuggire al mostro politicamente corretto, per chi desiderasse gettare uno sguardo su vampiri moderni, ma ancora spaventosi, consiglio un modesto trittico di pellicole diseguali, ma interessanti:
Il Buio si Avvicina (1987), opera d’esordio di Kathryn Bigelow (ai tempi moglie di James Cameron), è un classico esempio di trasposizione moderna del mito del vampiro, ormai totalmente avulso da tradizioni storico-letterarie. Scomparso il romantico e decadente conte dei Carpazi, il vampiro qui si trasforma nel crudele rappresentante di una razza semi-umana, rejetto dalla società, simbolo di una vita priva di regole e rimpianti.
30 Giorni di Buio (2007), di David Slade, non un capolavoro, ma è geniale l’idea di fondo di ambientare un feroce massacro vampirico nella notte eterna dell’artico. Superbo il look dei vampiri, i più ferini mai apparsi sullo schermo, mostri animaleschi luridi e spaventosi. Action-splatter crudele e violento, sebbene un po’ meccanico.
Lasciami Entrare (2008), di Tomas Alfredson tratto dal romanzo omonimo di John Ajvide Lindqvist. Struggente ed elegantissimo piccolo film svedese sulla solitudine del vampiro, sul dolore della vita eterna, “realistico” e disperato, abitato da vampiri bambini feroci e spaventati. Ambientato nella periferia degradata ed innevata di Stoccolma, diretto e fotografato in modo eccellente è un film inquietante e, a suo modo, commovente.
©CultFrame 02/2010
IMMAGINI
1 Frame dal film 30 Giorni di Buio di David Slade
2 Frame dal film Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola
3 Frame dal Miriam si sveglia a Mezzanotte di Tony Scott
4 Frame dal film Lasciami Entrare di Tomas Alfredson