È emersa nel panorama internazionale del cinema insieme alla “collega” Pipilotti Rist all’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Stiamo parlando di un’importante artista e fotografa contemporanea già premiata alla Biennale d’Arte Contemporanea: Shirin Neshat.
Il suo lungometraggio intitolato Women Without Men (Donne senza uomini) è alla base un progetto che ha avuto una gestazione molto lunga. L’artista iraniana ha tratto la sceneggiatura da un romanzo di Sharmush Parsipur. La preparazione del cast ha preso oltre un anno e mezzo, poiché non potendo lavorare con attori iraniani residenti in patria, Shirin Neshat ha dovuto cercare dei connazionali che parlassero una lingua farsi priva di accento straniero. Teheran, vista l’impossibilità di girare nella capitale persiana, è stata “ricostruita” in Marocco.
Women Without Men (Donne senza uomini) è un film che possiede una doppia anima: una formale, legata al concetto di messa in scena e di organizzazione dello spazio in funzione dello stile, un’altra più contenutistico/storicistica, connessa alla raffigurazione del Colpo di Stato orchestrato dalla CIA nel 1953 che portò al potere assoluto lo Scià e il ceto militare.
Proprio in questa doppia dimensione espressiva sono rintracciabili sia la forza che la debolezza del film. Mentre il racconto delle vicende delle quattro donne protagoniste è caratterizzato da un’atmosfera onirica, di gran lunga la migliore dell’opera, lo sfondo storico sembra privo di forza visuale.
Si avverte chiaramente la provenienza artistica di Shirin Neshat, la quale non risparmia allo spettatore inquadrature di rara perfezione anche sotto il profilo cromatico. Il colore è completamente privo di sostanza e tale elemento fornisce a ogni immagine un’impostazione vidionaria che costituisce l’aspetto profondamente coinvolgente del film. Shirin Neshat riesce con morbidi movimenti di macchina e un tono espressivo basato sull’estetica della percezione visiva a costruire un universo visuale in grado di fornire all’opera una carica emotiva controllata ma profonda.
Le storie dei personaggi principali sono tutte toccanti, forti, fortemente interiori. Sono quattro donne tutte, a loro modo, sofferenti e in difficoltà, in una società che da qualsiasi parte la si voglia prendere risulta di impronta maschilista.
Il problema di Women Without Men (Donne senza uomini)nasce proprio perché la cifra poetica delle vicende femminili è contestualizzata nel processo di cambiamento storico in modo tendenzialmente tradizionale, poco incisivo. Ciò provoca una sorta di frizione espressiva che finisce per determinare disequilibrio all’interno dell’architettura comunicativa dell’opera.
Ciò che ricorderemo di questo lungometraggio sono senza dubbio le inquadrature sottilmente visionarie concepite di Shirin Neshat e anche la raffigurazione della natura, in particolar modo dei giardini persiani, luogo simbolico che secondo quanto riportato nel press book del film “evoca i concetti di esilio, indipendenza e libertà”.
©CultFrame 09/2009 – 03/2010
TRAMA
Nel 1953 in Iran avviene un colpo di stato militare. In questo contesto, si sviluppano le vite di quattro donne molto diverse tra loro. Fakhri è la moglie di un militare che ormai rifiuta il ruolo di consorte sottomessa di un uomo dispotico, Munis è una giovane donna che rifiuta il ruolo del fratello, un ragazzo che cerca di imporre alla sorella un fidanzato non gradito, Faezeh è una ragazza indecisa tra la vita tradizionale e quella più moderna, Zarin è una prostituta che vive la sua drammatica esistenza con un’angoscia devastante.
CREDITI
Titolo: Women Without Men / Titolo originale: Regia: Shirin Neshat / Sceneggiatura: Shirin Neshat, Shoja Azari; dall’omonimo romanzo di Sharmush Parsipur / Fotografia: Martin Gschlacht / Montaggio: George Cragg, Julia Wildwald / Scenografia: Katharina Woppermann / Musica: Ryuichi Sakamoto, Abbas Bakhtiari / Intepreti: Pegah Ferydoni, Arita Shahrzad, Shabnam Tolouei, Orsi Toth / Produzione: Susanne Marian, Martin Gschlacht, Philippe Bober / Germania, 2009 / Durata: 99 minuti
LINK
CULTFRAME. Soliloquy. Turbulent. Mostra di Shirin Neshat